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ITALIA

Rifiuti

L'inchiesta che ha portato all'arresto di Cerroni

Quattro i filoni che hanno portato all'operazione di questa mattina: la gestione dell'impianto di Albano Laziale; il termovalorizzatore creato nella stessa località; la discarica di Monti dell'Ortaccio e le tariffe per lo smaltimento dei rifiuti

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La discarica di Malagrotta
Roma
I provvedimenti eseguiti oggi dai militari sono frutto dell’ordinanza emessa dal gip Massimo Battistini nell'ambito di un procedimento in cui convergono diversi filoni di indagine sviluppati dai militari dei N.O.E. e dalla Sezione Operativa Centrale dal 2008 sino ad oggi, ed a cui ha collaborato anche la Procura della Repubblica di Velletri.

Le sei ordinanze di custodia cautelare sono state emesse per i reati di associazione per delinquere (416 c.p.), traffico di rifiuti (260 D. lgs. 152/2006), frode in pubbliche forniture (356 c.p.), truffa in danno di enti pubblici (640 c.p.), falsità ideologica commessa da pubblici ufficiali in atti pubblici (479 c.p.) nei confronti di Manlio Cerroni, noto imprenditore del settore dei rifiuti, Francesco Rando, ingegnere, amministratore unico di molte imprese riconducibili a Cerroni e storico collaboratore dello stesso, Piero Giovi, socio di molte imprese riconducibili a Cerroni e storico collaboratore dello stesso, Bruno Landi, organizzatore dell'associazione e stretto collaboratore dell'imprenditore nonché 'cerniera' fra il gruppo Cerroni e le strutture politico-amministrative della Regione Lazio, Giuseppe Sicignano preposto all'impianto TMB e supervisore delle attività operative condotte del Gruppo Cerroni ad Albano Laziale presso la Pontina Ambiente, e Luca Fegatelli, già Capo Dipartimento della Regione Lazio.

Nella stessa operazione di Polizia sono state eseguite 22 perquisizioni locali presso i domicili e gli uffici dei soggetti indagati nonché presso le sedi delle diverse imprese del gruppo Cerroni, nonché numerose perquisizioni personali e locali a carico di altri indagati.

Gli uomini del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Roma stanno procedendo al sequestro, per equivalente, della somma complessiva di euro 18.890.923,33 alle società E.GIOVI srl (gestore della discarica di Malagrotta) e Pontina Ambiente srl (gestore della discarica di Albano Laziale), provento dei reati di traffico di rifiuti.

Accanto alla presenza di un nocciolo duro costituito dalla stesse persone vi è la presenza di altri soggetti che si associano con riferimento a vicende specifiche. Subito sotto il Cerroni, nella piramide organizzativa, si trovava Landi quale organizzatore, secondo gli inquirenti in grado di condizionare l'attività dei vari enti pubblici coinvolti nella gestione del ciclo dei rifiuti nel Lazio (a partire dalla Regione sino all'Arpa) al fine di consentire al gruppo imprenditoriale riconducibile a Cerroni di realizzare e mantenere un sostanziale monopolio nella gestione dei rifiuti solidi urbani prodotti dai comuni delle varie aree territoriali ottimali.

L'esistenza e il funzionamento di tale sodalizio criminale costituito da soggetti privati (Cerroni, Landi, Rando, Giovi, Sicignano), pubblici funzionari (il deceduto Arcangelo Spagnoli, Luca Fegatelli) e politici (tra cui il deceduto Mario Di Carlo, Giovanni Hermanin de Reichfield e Giovannetti Romano, quest'ultimo segretario particolare dell'ex assessore Pietro di Paolantonio) è stata nel tempo monitorata dagli inbvestigatori e ricostruita grazie all'utilizzo massiccio di intercettazioni telefoniche, all'assunzione di sommarie informazioni testimoniali, a corpose acquisizioni documentali, ad accurate consulenze tecniche.

L'indagine si è di fatto dipanata lungo quattro direttrici principali:
1) Gestione dell'impianto di raccolta e trattamento rifiuti di Albano Laziale
La tariffa che viene corrisposta al gestore di un impianto di trattamento meccanico biologico dei rifiuti è composta di varie parti, una delle quali è costituita dal costo di termovalorizzazione del CDR, rifiuto speciale derivante dal trattamento della c.d. 'frazione secca' dei rifiuti. Per quanto concerne l'impianto gestito in Albano Laziale dalla Pontina Ambiente, società riconducibile al Cerroni, la ricostruzione operata dagli invesstigatori circa la gestione del CDR negli anni oggetto di indagine, ha permesso di accertare che le percentuali di CDR effettivamente avviato a valorizzazione non si avvicinavano agli standard prestazionali di progetto (43%), alle soglie indicate nel piano regionale di gestione dei rifiuti (35%), alla soglia di produttività del 29% sopra indicata o alla soglia minima del 25% indicata nel decreto commissariale n. 15/2005 come 'tasso di recupero minimo'.

Ed infatti, la percentuale di C.D.R. effettivamente avviata al recupero energetico (presso l'impianto di termovalorizzazione di Colleferro), si attestava attorno al 15%, mentre la restante parte veniva avviata in discarica come scarto di lavorazione. Tale parte, tuttavia, era pagata al gestore come se fosse stata avviata a termovalorizzazione, così realizzandosi un ingiusto profitto per l'impresa, profitto derivante dalla differenza tra l'importo tariffario percepito (per il trattamento dei rifiuti) e quanto effettivamente speso, e stimato in circa 11 milioni di euro dal 2006 al 2012.

In tal modo, inoltre, si provocava anche il prematuro superamento delle volumetrie disponibili in discarica. Anche la struttura amministrativa Regionale (sotto la regia del Fegatelli), che ometteva di procedere alla revisione della tariffa 'a consuntivo' in base alle quantità effettivamente avviate alla termovalorizzazione, si rendeva partecipe di tale meccanismo.

2) Termovalorizzatore di Albano Laziale
Il Commissario Straordinario per l'emergenza Rifiuti della Regione Lazio, e in seguito la stessa Regione attraverso il suo Presidente, mettevano il Consorzio Co.E.Ma. (unione tra Pontina Ambiente, dunque riconducibile a Cerroni, ed Ecomed, composta da Ama e Acea) nelle condizioni di costruire un impianto di termovalorizzazione su un terreno della Pontina Ambiente, adiacente alla discarica e all'impianto di trattamento meccanico biologico dei rifiuti, nonché di usufruire, nell'ambito della gestione di tale impianto, dei contributi pubblici denominati 'CIP 6' (contributi erogati ad aziende produttrici di energia da fonti energetiche rinnovabili o assimilate).

In questa vicenda, che secondo l'ordinanza deve ritenersi emblematica, più di ogni altra, di come la pubblica funzione possa essere sviata per favorire interessi diversi da quelli pubblici, infedeli funzionari pubblici (con sistematica violazione di disposizioni di legge indicate nelle singole ipotesi e dei doveri d'ufficio) e soggetti politici di livello regionale hanno contribuito fattivamente alla realizzazione di un percorso finalizzato ad agevolare gli interessi di alcuni soggetti imprenditoriali ben definiti e, in particolare, di Manlio Cerroni.

La finalità perseguita dal Cerroni era quella di creare una contiguità spaziale con il TMB della Pontina Ambiente, di ridurre così le spese di gestione stante la vicinanza delle strutture (con l'ulteriore effetto di poter mantenere una tariffa di accesso all'impianto di TMB contenuta rispetto a eventuali concorrenti) e, soprattutto, di realizzare l'opera attraverso incentivi pubblici ovvero con i contributi CIP6.

Già la 'localizzazione' dell'impianto avveniva in presenza di fattori escludenti e con palesi falsi documentali: ed infatti nell'area era già operante un impianto di termovalorizzazione (a Colleferro), non appartenente a CERRONI, tanto che il Piano Gestione Rifiuti regionale del 2002 prevedeva per tale tipo di impianto la collocazione in una diversa area geografica (ovvero nell'area Fiumicino-Ciampino e non nell'area dei Colli Albani). Inoltre, il progetto aveva incontrato un ostacolo insuperabile nella valutazione di impatto ambientale negativa espressa dalla competente direzione regionale, decisione che sarà ribaltata a seguito di un lungo iter amministrativo frutto di un concerto criminoso (che l'ordinanza definisce costituisce una 'colossale montatura') tra i proponenti (Cerroni e Presutti, che addirittura in alcuni casi dettavano i contenuti degli emanandi atti pubblici, in un caso addirittura protocollato ancor prima di essere redatto nella sua forma definitiva), lo Spagnoli Arcangelo, già responsabile unico del procedimento in seno al commissario delegato, il Fegatelli, Giovanna Bargagna (dirigente regionale), Mario di Carlo, Giovanni Hermanin de Reichfield, e financo l'allora presidente della Regione, Marrazzo, che firmava un'ordinanza commissariale addirittura dopo la decadenza dell'ufficio emergenziale. Il funzionario che aveva firmato il provvedimento contrario agli interessi del Cerroni veniva quindi destinato ad altro ufficio.

3) Discarica Monti dell'Ortaccio
Il gruppo Cerroni realizzava, in località Monti dell'Ortaccio, l'invaso di una futura discarica (circa 3 milioni di metri cubi), ponendo così in essere una incisiva trasformazione urbanistica, smaltendo poi le rocce e terre da scavo (da qualificarsi come rifiuti) all'interno della discarica di Malagrotta, simulando l'esistenza di titoli autorizzativi di fatto inesistenti. Questa operazione ha generato un profitto per le casse della E. Giovi (impresa riconducibile al gruppo Cerroni) stimato in non meno di 8 milioni di euro. Inoltre, gli scavi venivano condotti al punto di abbassare la quota di fondo di scavo della cava Monti del Lumacaro (area adiacente a Monti dell'Ortaccio, parimenti oggetto di richiesta di autorizzazione per la discarica) al di sotto dei limiti consentiti, determinando così la illecita deviazione della falda acquifera sotterranea, appartenente al demanio idrico, e la creazione di un laghetto artificiale.

Addirittura, nella richiesta di autorizzazione per la realizzazione della discarica, il CO.LA.RI. (consorzio laziale rifiuti, riconducibile al Cerroni), il proponente operava una alterazione delle fotografie allegate alla richiesta, cancellando l'esistenza del laghetto al fine di non far risaltare il danno idrogeologico cagionato.

4) Le tariffe per lo smaltimento dei rifiuti ed alle ordinanze regionali sullo smaltimento dei rifiuti nei Comuni di Anzio e Nettuno
Stando alle indagini Cerroni ed il suo storico collaboratore Landi, con la complicità di funzionari della Pubblica Amministrazione, ponevano in essere una serie di condotte illecite volte ad impedire alla società Rida Ambiente S.R.L., concorrente di Cerroni, di entrare sul mercato. In particolare, l'Amministrazione ometteva per lungo tempo di determinare la tariffa definitiva in ingresso dei rifiuti per l'impianto di Rida Ambiente, cosa che impediva alla predetta di contrattare con le amministrazioni pubbliche locali l'eventuale accettazione di R.S.U. nei suoi impianti. In tal modo, veniva intenzionalmente procurato alle società Pontina ambiente e Ecoambiente un ingiusto profitto patrimoniale consistente nella possibilità di gestire senza concorrenti i rifiuti provenienti dai comuni della zona.

Oltre a ciò, la Pubblica Amministrazione rallentava di proposito l'iter di attribuzione della tariffa definitiva della RIDA, nonché l'approvazione di varianti sostanziali in grado di aumentare notevolmente la quantità di rifiuti trattati, procedendo nel contempo ad autorizzare, in violazione alla normativa nazionale e comunitaria, lo smaltimento del c.d. 'tal quale' in discarica, al fine di consentire la prosecuzione del conferimento dei rifiuti  solidi urbani dell'area pontina a società del gruppo CERRONI (nell'area pontina infatti una delle due discariche esistenti, la Ecoambiente, non è in possesso di impianto di trattamento dei rifiuti). La strategia criminale era portata avanti, sotto la regia occulta del Landi e del Cerroni, con l'ausilio del Giovannetti. Ed è soprattutto in tale vicenda che l'ordinanza ricostruisce il ruolo egemone di Luca Fegatelli all'interno della Regione Lazio e l'esistenza di un consolidato sistema favorevole alle imprese del Cerroni, al punto da determinare l'allontanamento del funzionario che aveva 'osato' determinare la tariffa in favore della RIDA Ambiente, così minando il monopolio del Cerroni (Landi parla, preoccupato, di un 'rigagnolo che rischia di diventare un torrente').