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MONDO

I qaedisti avanzano in Siria

Iraq, l'Isis uccide almeno 85 persone nella provincia di Anbar

Continua intanto il braccio di ferro per la conquista di Kobani, città siriana a maggioranza curda assediata dallo Stato islamico. Secondo una Ong, pesanti perdite per gli uomini dell'Isis: sarebbero morti cento militanti

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Soldati iracheni nell'Anbar (EPA/Alaa al-Shemaree)
Continua il massacro ad opera dei militanti dello Stato Islamico in Iraq. Ottantacinque membri della tribù sunnita Albunimr sono stati massacrati nella provincia di Anbar, nella zona occidentale del Paese. Lo ha riferito l'emittente al-Arabiya, citando fonti della sicurezza locale, secondo le quali almeno 35 cadaveri sono stati ritrovati in una fossa comune. Nei giorni scorsi erano stati scoperti oltre 200 cadaveri di appartenenti della stessa tribù, avversa all'Isis, nella provincia desertica che collega l'Iraq alla Siria. Il Califfato intende punire gli Albunimr per non aver appoggiato l'avanzata dei jihadisti verso Baghdad.

E sulla loro pagina Facebook, gli attivisti dell'Osservatorio siriano per i diritti umani, hanno riferito che cento militanti adell'Isis e a altri movimenti jihadisti provenienti da Aleppo e al-Raqqa sono morti nei combattimenti degli ultimi tre giorni a Kobane, la città siriana a maggioranza curda assediata dai miliziani da oltre un mese. 


Continua il braccio di ferro per Kobani
E proprio in segno di solidarietà con la città di Kobani assediata, decine di migliaia di curdi stanno manifestando in diversi luoghi della Turchia. A Diyarbakir, cuore della regione curda nel sudest del Paese, i manifestanti hanno marciato pacificamente, cantando: "Lunga vita alla lotta per Kobani". Nei villaggi lungo il confine, alcuni curdi, tra cui anche rifugiati da Kobani, hanno marciato guardando la citta di origine. Una dimostrante, Fatima Muslim, spiega: "Sono venuta per mostrare sostegno al mio popolo e per il sangue del nostro popolo". La 55enne ha quindi aggiunto: "Abbiamo perso tutto. Hanno fatto saltare in aria le nostre case. E ora viviamo in un campo profughi".