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MONDO

Sullo sfondo le tensioni settarie di un Iraq mai pacificato.

L'Isis controlla Ramadi ma nel 2007 la città è stata simbolo della riscossa sunnita contro al qaida

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di Luca Gaballo
Stroll not patrol. Marzo 2007, il generale Petraeus, trasforma un giro di pattuglia in una passeggiata di piacere. Petraeus, da poco al comando della forze militari in Iraq,  esce da solo e a piedi da una colonna blindata che sfilava per le vie di Ramadi ed entra in un caffè, si fa servire un cartoccio di dolci al miele e trascorre qualche minuto chiacchierando con il gestore, il tutto nel cuore di un quartiere dove, fino a poche settimane prima, esplodevano le autobombe e fischiavano i proiettili dei cecchini leali ad al qaida. Nel giro di un anno i soldati a stelle e strisce sono pronti a consegnare ai leader tribali il governo della città, snodo fondamentale sull’autostrada per la Giordania e la Siria, in posizione strategica sul fiume Eufrate, capitale della più grande e, fino a  poco prima, più turbolenta provincia dell’Iraq: Anbar.



E’ da Anbar che prende le mosse la “primavera” irachena, è qui che il comando a stelle e strisce riesce a conquistare alla causa della stabilizzazione del paese anche le tribù sunnite  fino a quel momento solidamente schierate a favore degli insorti.  Il comando americano, così come Petraeus aveva già fatto quando era capo della piazza di Mosul, decide di stipendiare regolarmente le milizie sunnite, allora forti in città di 80mila uomini, di favorire azioni congiunte tra marines e miliziani, di avviare progetti di ricostruzione, di invitare gli ufficiali americani a intrattenere rapporti conviviali con i rappresentanti delle comunità, cementati, raccontano le cronache, bevendo centinaia di ettolitri di the. Nel 2010 gli americani consegnano la sicurezza dell’intera provincia di Anbar alle comunità locali.

Le immagini che arrivano in questi giorni non potrebbero essere più lontane da quel clima.
Le forze dello stato islamico l’ISIS, per conquistare Ramadi hanno impiegato una forza di appena tre o quattrocento uomini, ben armati, motivati ed addestrati, costringendo ad una fuga precipitosa dalla città, un migliaio di soldati ed ufficiali male equipaggiati e le loro famiglie. Dalle autorità cittadine solo l’appello inviato a Baghdad a soccorrere Ramadi con l’unica forza militare che abbia ancora una consistenza: i volontari sciiti delle brigate del popolo, assai poco ben visti, ovviamente, da una comunità locale quasi interamente sunnita.

Il giornale britannico Guardian riporta i racconti di diversi leader militari fuggiti da Ramadi, “Siamo stanchi, vogliamo la pace, vogliamo vivere, il governo è pieno di ladri ed ignoranti” dice un ufficiale la cui famiglia ha opposto resistenza all’avanzata dell’ISIS. "Se le milizie sciite verranno in nostro aiuto non ci opporremo," dice un altro, "ma, certo, non sentiamo alcuna affinità con loro, sono reparti costituiti su base settaria e alla fine non ci tratteranno certo con rispetto".

Intanto, nei palazzi della capitale, proseguono le trattative tra i capi delle milizie sciite e le forze americane, si prepara un’offensiva guidata dalle brigate del popolo e appoggiata dall’aria dagli Stati Uniti, che pure sono perfettamente consapevoli di quanto sia inopportuno scatenare milizie sciite in una zona sunnita come quella di Anbar, ma una risposta militare veloce è inevitabile per spezzare le linee di rifornimento per le forze dell’ISIS che combattono in Siria, anche attorno a Palmira.  

Quale sarà il prezzo da pagare in termini di consenso per una scelta che riporta i miliziani sciiti tra le popolazioni sunnite , tra cui sono ancora relativamente pochi i sostegni all’Isis? Il rebus è difficile da sciogliere, l’inviato del sole 24 ore Alberto Negri scrive che le contraddizioni di questi giorni sono il frutto malato della scelta di sciogliere l’esercito iracheno per epurarlo dagli ufficiali appartenenti al partito Baath. Una impostazione sempre coerentemente mantenuta da un governo che ha sistematicamente privilegiato milizie reclutate su base settaria, e che ha di fatto impedito la rinascita di un esercito nazionale forte ed autorevole.

Secondo il Washington post un piano per armare nuovamente le tribù sunnite in funzione anti isis non è mai veramente decollato proprio a causa di quel che i leader tribali denunciano come "persistente discriminazione" da parte del governo di Baghdad. Molti leader tribali se non hanno ancora appoggiato direttamente l’Isis restano tuttavia a guardare.

Oggi gli 80mila miliziani che combatterono per Petraeus a Ramadi che fine hanno fatto? Perché poche centinaia di uomini dell’Isis sono in grado i prendere il controllo di una piazza tanto importante? Sempre dal Guardian la voce di un ufficiale sunnita di Ramadi che confessa, se gli stati uniti ci aiutassero come fecero allora tutto potrebbe cambiare…