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MONDO

A pochi giorni dalla visita di Netanyahu a Washington

Israele-Stati Uniti, è gelo: i due Stati mai così lontani

Il premier israeliano critica Washington perché ha partecipato a Ginevra ai negoziati sul nucleare iraniano. E l'amministrazione Obama replica: "La visita di Netanyahu negli Stati Uniti rischia di essere distruttiva" per i rapporti tra i due Paesi

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Netanyahu e Obama
di Emma Farnè
A meno di un mese dalle elezioni in Israele, il premier Benjamin Netanyahu sta perdendo un importante alleato a livello internazionale: gli Stati Uniti. Oggetto della lite, il nucleare in Iran: la comunità internazionale prosegue con i negoziati di Ginevra, nel formato 5+1 (Usa, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania). A Netanyahu la cosa non piace, anzi: accusa l'occidente di "aver ceduto sull'impegno di impedire che l'Iran ottenga armi nucleari". Sullo sfondo di questa crisi, lo scandalo Spycables: la rivelazione di documenti segreti dell'intelligence mondiale, da cui trapela che anche che il Mossad, i servizi segreti israeliani, hanno confermato come l'Iran, già nel 2012 non stesse svolgendo attività per la produzione di armi

Il gelo Stati Uniti-Israele
A gennaio di quest'anno il presidente della Camera dei Rappresentanti negli Stati Uniti John Boehner ha invitato Netanyahu a parlare al Congresso, senza che Obama ne sapesse nulla. "Uno strappo al protocollo", ha detto il portavoce di Obama. L'intervento sarebbe stato sul nucleare in Iran, data prevista: 11 febbraio. Solo che poi il discorso è stato spostato a marzo, a pochi giorni dalle elezioni in Israele. Il motivo è ignoto. Ma Obama ha comunque deciso che non vedrà il premier israeliano durante la sua visita a Washington: a marzo, Netanyahu, non è più solo il premier ma uno dei candidati alle elezioni. Né lo vedrà il vice di Obama, Joe Biden, che sarà all'estero, né John Kerry, segretario di Stato.  Il discorso al Congresso è rimasto comunque in programma. E alla Casa Bianca non va giù: per Susan Rice, braccio destro di Obama e consigliere per la sicurezza nazionale, quella di Netanyahu è una "mossa infelice" e anche "distruttiva per il tessuto delle relazioni" tra Usa e Israele. Secondo la Casa Bianca, il discorso di Netanyahu sarebbe un'"ingerenza nella politica estera statunitense". Tanto più che i negoziati sul nucleare stanno andando avanti e proprio pochi giorni fa Kerry ha incontrato Zarif, suo omologo in Iran. Ecco le dichiarazioni di Rice:



La linea Netanyahu
Il premier israeliano prosegue comunque sulla sua linea. A una conferenza del suo partito, il Likud, giustifica le sue mosse: "Hanno accettato il fatto che l'Iran svilupperà gradualmente nei prossimi anni le capacità per produrre materiale fissile per molte bombe nucleari. Forse loro possono vivere con questo, io non posso". Certo, Netanyahu rimarca: "Rispetto la Casa Bianca". Ma "su una materia così decisiva, che può determinare o meno la nostra sopravvivenza, devo fare di tutto per prevenire un così grande pericolo per Israele". E per sottolineare il concetto, il premier israeliano ha pubblicato un video su youtube con cui ricorda lo strappo tra Ben Gurion e gli Stati Uniti nel 1948, l'anno in cui l'allora segretario di Stato americano si oppose alla fondazione del moderno Stato d'Israele. "Se Ben Gurion non fosse rimasto fermo nella sua posizione, Israele non esisterebbe", si vede nel video: 



La replica degli Stati Uniti
Intanto, all'indomani delle critiche di Susan Rice sulla "mossa infelice" di Netanyahu, il segretario di Stato John Kerry si è esposto sulla questione. E ha detto: Il premier israeliano "può avere una posizione non corretta" nell'opporsi ad un eventuale accordo sul nucleare dell'Iran. Sul discorso al Congresso non si è però pronunciato. Rimane però un sospetto: che alla Casa Bianca non sia gradita la riconferma di Netanyahu al governo israeliano? E una domanda: perché lo scandalo spycables avviene solo ora, a meno di tre settimane dal voto? Aron Miller, analista politico di lungo corso e storico collaboratore della Casa Bianca, parla di "orchestrazione" su come è stata gestita la visita di Netanyahu. L'ultima puntata "di una tempesta perfetta", dice Miller, "che scoppia in una relazione (tra due politici) al capolinea. Uno scontro di personalità, di politiche, di vedute sul mondo".