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ECONOMIA

Sopravvivenza a rischio per un terzo delle imprese

Istat: nel 2020 fatturato industria a picco dell'11,1%

Il settore più colpito è stato l'abbigliamento che ha registrato un crollo dei ricavi di circa il 25%. La filiera dei servizi ha, invece, subito una riduzione netta del fatturato (meno 42%). La crisi ha danneggiato prevalentemente le imprese di piccole dimensioni, costrette ad affrontare con pochi mezzi il crollo della liquidità e della domanda interna

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L'export italiano ha subito una caduta doppia rispetto al 2009 ma è tornato a registrare numeri pre-crisi in tempi relativamente brevi. Tra il 2018 e il 2020, infatti, l'Italia ha avuto una migliore tenuta rispetto a Francia e Germania. Per quanto riguarda il sistema produttivo interno, invece, le filiere maggiormente colpite dalla crisi sono state il manifatturiero e il settore dei servizi". Così Gian Paolo Oneto, direttore centrale per gli Studi e la Valorizzazione Tematica nell'area delle Statische Economiche dell'Istat, alla presentazione del rapporto.

"Si tratta- afferma il presidente dell'Istat, Gian Carlo Blangiardo- di un lavoro di ricerca che, nella sua nona edizione, ha l'intento di analizzare statisticamente la tenuta del settore produttivo italiano, colpito dalle conseguenze economiche prodotte dalla pandemia. La crisi ha danneggiato prevalentemente le imprese di piccole dimensioni, costrette ad affrontare con pochi mezzi il crollo della liquidità e della domanda interna.  La pandemia, inoltre, ha accentuato il divario tra le diverse aree geografiche del Paese. Abruzzo, Basilicata, Campania, Sardegna e Umbria sono state le regioni che, stando al rapporto, hanno patito piu' delle altre la crisi pandemica in termini di tenuta produttiva", ha concluso.

"Il settore manifatturiero - si legge nel rapporto dell'Istat - ha subito nel 2020 una flessione del fatturato corrispondente all'11%. Il settore più colpito è stato l'abbigliamento che ha registrato nel 2020 un crollo dei ricavi di circa il 25%. La filiera dei servizi ha, invece, subito una riduzione netta del fatturato (meno 42%), il dato più negativo segnalatosi dal 2001". Questi i dati impietosi che emergono dal lavoro di ricerca che si sofferma anche sulla tenuta delle singole attività produttive: "Le agenzie di viaggio hanno subito un calo del 76% del fatturato, il trasporto aereo ha segnalato un meno 60%. Il 45% delle piccole imprese si considera a rischio sia in termini strutturali che operativi. Soltanto l'11% delle aziende di ridotte dimensioni si reputa solido. Il 50% delle imprese del comparto dei servizi si ritiene a rischio fallimento".

Un capitolo ad hoc è dedicato alla crisi del settore turistico. "Il turismo- prosegue il rapporto Istat- ha avuto il 74% di presenze in meno nel 2020 e una riduzione del 59% degli arrivi totali nelle regioni italiane. Le agenzie di viaggio hanno azzerato i loro ricavi (meno 88%). Il 27% degli intervistati ha deciso di ridimensionare la propria attività, il 21% di diversificare la produzione, mentre il 18% ha intenzione di riorganizzare la propria impresa".

Sopravvivenza a rischio per un terzo imprese, meno di un quinto è pessimista
"Le recenti indagini sugli effetti dell'emergenza sanitaria mostrano che a novembre 2020 quasi un terzo delle imprese considerava a rischio la propria sopravvivenza, oltre il 60% prevedeva ricavi in diminuzione e solo una su cinque riteneva di non avere subito conseguenze o di aver tratto beneficio dalla crisi". Lo segnala l'Istat nel Rapporto sulla Competitività 2021, osservando come "nonostante uno scenario in miglioramento, le prospettive di ripresa per il 2021 sono giudicate limitate". Infatti, si riporta nel documento, " meno di una impresa su cinque prevede una normale prosecuzione dell'attività nella prima metà dell'anno. La crisi ha colpito soprattutto le imprese di piccola e piccolissima dimensione (risulta a rischio oltre un terzo di quelle con 3-9 addetti) e si è manifestata prevalentemente attraverso un crollo della domanda interna e della liquidità".

Insolvenza imprese aumenta rischio shock per banche
L'insolvenza di molte imprese, che costituisce il principale rischio nei mesi a venire per il sistema produttivo italiano, "aumenta l'esposizione del sistema bancario a possibili trasmissioni dello shock dal segmento non finanziario, implicando possibili tensioni sia sui bilanci delle banche, sia sui rapporti banca-impresa" sottolinea ancora l'istat nel suo rapporto.

La crisi pandemica ha inciso anche sulle strategie di finanziamento delle imprese che, per fronteggiare la crisi di liquidità, hanno utilizzato un insieme ampio di strumenti nell'ambito dei quali il credito bancario ha rivestito un ruolo centrale. In generale, sulla base delle indicazioni fornite dalle imprese per il 2021, le modifiche ai canali di finanziamento indotte dalla pandemia "appaiono transitorie e legate per lo più alle conseguenze economiche dell'emergenza sanitaria".

Sistema produttivo ad alto rischio per 5 regioni del sud
La crisi sanitaria ha allargato il divario Nord-Sud. Sono cinque le regioni del Mezzogiorno con un sistema produttivo ad alto rischio di tenuta: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania e Sardegna. La crisi legata alla pandemia ha prodotto divisioni sul territorio italiano, "anche a causa della applicazione delle misure di contenimento della pandemia su base regionale; la vulnerabilità del tessuto produttivo locale dipende sia dal grado di diffusione, al suo interno, dei settori maggiormente colpiti dalla crisi, sia da quanto esso è specializzato in tali attività".

Un indicatore del grado di "rischio combinato" (in termini di imprese e addetti) dei territori permette di evidenziare come la crisi tenda ad accentuare il divario tra le aree geografiche italiane: delle sei regioni il cui tessuto produttivo risulta ad alto rischio combinato, cinque appartengono al Mezzogiorno, (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania e Sardegna) e una al Centro Italia (Umbria). Le sei regioni classificabili a rischio basso si trovano invece tutte nell'Italia settentrionale (Piemonte, Liguria, Lombardia, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Provincia autonoma di Trento).

In un anno persi un milione di posti di lavoro
Disoccupazione che va stabilizzandosi dopo la spallata ricevuta dagli effetti Covid sul lavoro che in un anno hanno causato la perdita di circa un milione di posti. La fotografia Istat è in chiaroscuro, anche se le prospettive, anche in vista di un possibile stop ai licenziamenti, restano assai incerte.

A febbraio, osserva l'Istat, si arresta sostanzialmente il calo degli occupati in Italia, che rimangono pressochè stabili rispetto a gennaio, mentre scendono lievemente i disoccupati e gli inattivi. I dati Istat evidenziano una disoccupazione al 10,2% a febbraio (-0,1 punti rispetto al mese precedente). In deciso calo quella giovanile al 31,6% (-1,2 punti). L'occupazione è stabile poi sia tra le donne sia tra gli uomini, cresce tra i dipendenti permanenti e gli under 35, mentre scende tra i dipendenti a termine, gli autonomi e chi ha almeno 35 anni. Stabile anche il tasso di occupazione, pari al 56,5%.

Inoltre a febbraio il calo del numero di persone in cerca di lavoro (-0,3% rispetto a gennaio, pari a -9mila unità) riguarda gli uomini e gli under 50, tra le donne e le persone con 50 anni o più si osserva un leggero aumento. Il tasso di disoccupazione scende al 10,2% (-0,1 punti) e tra i giovani al 31,6% (-1,2 punti). Diminuisce lievemente anche il numero di inattivi (-0,1% rispetto a gennaio, pari a -10mila unità) per effetto, da un lato, della diminuzione tra le donne e chi ha almeno 25 anni e dall'altro della crescita tra gli uomini e i 15-24enni. Il tasso di inattività è stabile al 37,0%.

I dati Istat di febbraio vedono quindi interrompersi il trend negativo che, tra settembre 2020 e gennaio 2021, ha portato alla perdita di oltre di 410 mila occupati e dopo due mesi di forte aumento, cala leggermente il numero di disoccupati. Ma in un anno tra febbraio 2020 e febbraio 2021 la diminuzione degli occupati è stata pari a 945 mila unità e ha riguardato uomini, donne, lavoratori dipendenti, autonomi e tutte le classi d'età. "Parallelamente - commenta l'Istat - sono cresciuti i disoccupati  (+21 mila) e, soprattutto, gli inattivi, di oltre 700mila unità. Rispetto a febbraio 2020, il tasso di occupazione è più basso di 2,2 punti percentuali e quello di disoccupazione è più alto di 0,5".