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ECONOMIA

Bankitalia: lo spread riduce la crescita

Def, Istat: per imprese tasse -2,2%, aumento Iva deprimerebbe consumi. Allarme sul debito

Audizione davanti alle commissioni Bilancio di Camera e Senato. L'Ufficio parlamentare di bilancio: manovra 2020 parte da 25 miliardi senza flat tax, debito in crescita 

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La revisione della mini-Ires, il ripristino del super ammortamento e l'aumento della deducibilità Imu contenuti nel decreto crescita comportano un calo delle tasse per le imprese che si attesta sul 2,2%. Così l'Istat, che nel corso dell'audizione sul Def in commissione al Senato, valuta un aumento del Pil del 0,2% nel 2019 "'verosimile", ma mette in guardia sull'aumento dell'Iva: con l'introduzione delle clausole di salvaguardia a partire da gennaio 2020  "l'incremento dei prezzi porterebbe a un effetto depressivo sui consumi che, nel quadro delineato, potrebbe essere nell'ordine di 0,2 punti percentuali".

Bankitalia: spread limita la crescita. Nel 2020 senza Iva disavanzo al 3,4% del Pil
Per Bankitalia, secondo cui servono "coperture notevoli" per centrare il target del Def, l'elevato livello dello spread inciderà negativamente, e in misura crescente, sulla crescita negli anni successivi al 2019. In particolare, un aumento permanente dello spread pari a 100 punti base, come quello attuale, riduce la crescita del 0,1% dopo un anno e dello 0,7% dopo tre. Escludendo l'attivazione delle clausole di salvaguardia sull'Iva, "il disavanzo si collocherebbe meccanicamente al 3,4 per cento del prodotto nel 2020, al 3,3 nel 2021 e al 3,0 nel 2022; l'avanzo primario sarebbe pari in media a circa mezzo punto percentuale del Pil". 

Upb: manovra 2020 parte da 25 miliardi senza flat tax. Debito in crescita  
Nel 2020 serviranno coperture "per 25 miliardi" senza contare le "ulteriori misure compensative" per la flat tax. Lo spiega l'Upb nell'audizione sul Def. Come si evince dalla tabella allegata al documento consegnato alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, serviranno circa 2 miliardi (1,8) per gli investimenti e circa 23 miliardi se non si vogliono fare scattare gli aumenti Iva. Quanto agli ulteriori 2 miliardi necessari per portare il deficit al 2,1% programmatico si ricorda che è già prevista una ulteriore spending review per 2 miliardi. "Nel caso estremo in cui l'indebitamento netto tendenziale accresciuto degli effetti delle politiche invariate non sia finanziato attraverso l'attivazione delle clausole e la manovra prevista dal Def e il debito non si riduca per effetto degli introiti da privatizzazioni, si avrebbe un aumento del debito che si attesterebbe al 134,7 per cento nel 2021 e al 135,4 per cento nel 2022".