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MONDO

il braccio di ferro delle superpotenze

Dal Kosovo alla Crimea, analogie e differenze di due secessioni

Sono passati 6 anni dalla dichiarazione di indipendenza di Pristina dalla Serbia. Allora la comunità internazionale riconobbe la sovranità del piccolo Paese. Ma non ci fu un terzo Stato come la Russia che aspettava l'annessione

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Kosovo, Independence Day
di Giancarlo Usai
Fra Pristina a Sinferopoli ci sono 1.684 chilometri. E dall’indipendenza del Kosovo a quella della Crimea sei anni. Ma la Storia, che non si ripete mai uguale, rivela più differenze che analogie nel pecorso di secessione delle due piccole Regioni.

Pristina indipendente, il riconoscimento della comunità internazionale
Nel 2008, Pristina dichiarò unilateralmente la sua secessione dalla Serbia con una risoluzione votata dal suo parlamento provvisorio: come oggi la Crimea si sente russa, allora il Kosovo - prevalentemente albanese -voleva separarsi dalla serbia. Non ci fu consultazione popolare, il voto dei deputati fu già risolutivo. Il Kosovo arrivava da un decennio di conflitto etnico e da un governo provvisorio supervisionato dall’Onu che aveva agevolato il processo di separazione da Belgrado. Per Belgrado fu un trauma: con il Kosovo se ne andava un pezzo importante del territorio nazionale, ma soprattutto uno dei simboli della storia e della cultura del paese balcanico: la Piana dei Corvi, dove l'esercito cristiano e quello turco si scontrarono nel 1389. Ci furono perplessità e resistenze, ma alla fine Europa e Stati Uniti riconobbero immediatamente l’autonomia di Pristina. Al contrario, Russia e Cina si opposero fermamente alla secessione e appoggiarono i tentativi serbi di non concedere alcuna sovranità al Kosovo.

Dopo anni di tensioni, intesa fra Kosovo e Serbia
Dopo diversi anni, soltanto nel 2013, i due governi hanno raggiunto un accordo: Belgrado ha legittimato l'autonomia di Pristina, pur continuando a non riconoscere la sua indipendenza: in cambio il Kosovo ha concesso un peso specifico straordinario nelle istituzioni politiche alla piccola, ma importante enclave serba nel nord del Kosovo. Paradossalmente, proprio quest'isola nell'isola, contesa tra le le due capitali, ha avuto un ruolo determinante nel riaprire il dialogo. Una strada che sembra lontana o impossibile per la Crimea di oggi, dove il desiderio di indipendenza dei russi segna un divario incolmabile con Kiev. 
L’altra sostanziale differenza tra le due crisi, è nell’esito di quella secessione: mentre la Crimea ambisce a un ingresso nella “grande madre russa”, il Kosovo si sganciò dalla Serbia per acquisire uno status di Paese sovrano, tuttora riconosciuto dalle Nazioni unite.

La popolazione filorussa: "Torniamo a casa"
Oggi La crisi dei balcani viene citata per sottolineare l'ipocrisia della comunità internazionale: allora favorevole all'indipendenza, oggi contraria.  E chi critica la chiusura di Ue e Usa di fronte al referendum secessionista in Crimea sottolinea una analogia: anche la regione del Mar Nero, come il Kosovo, ha una maggioranza etnica distante, per provenienza, storia e cultura, dal resto dell’Ucraina. Come in Kosovo, anche in Crimea la grande politica fa leva sui sentimenti popolari: la Crimea prevalentemente filorussa ha fatto trionfare il “sì” alla separazione. Lasciare Kiev per abbracciare Mosca non è altro che un “ritorno a casa”.