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SCIENZA

Bolidi dallo spazio

Quando il meteorite colpì l'Arizona

Una simulazione in laboratorio ha riprodotto i primissimi istanti dell'impatto che provocò il Cratere Barringer, in Arizona, 50mila anni fa

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Il cratere Barringer in Arizona (USA)
di Stefano Lamorgese
Che cosa accade quando un meteorite colpisce la Terra? 
Molto, è logico, dipende dalle dimensioni dell'aerolite, che si fionda giù per l'aria come un bolide, dritto a incocciare la superficie, perdendo materia e brandelli lungo il suo fiammeggiante percorso atmosferico.

Gli scienziati, si sa, amano (e debbono) basarsi sui dati di fatto. Quindi, per provare a rispondere a quella domanda, devono indagare i luoghi d'impatto. Uno tra questi è celebre: si tratta del cratere Barringer, in Arizona (Usa), generato da un aerolito precipitato dal buio siderale sul nostro inerme pianetino circa cinquantamila anni fa.

È partendo da lì che un team di scienziati dell'Università di Stanford ha ricreato - in laboratorio - le condizioni dell'impatto tremendo, riproducendo, con l'aiuto di un simulatore, i primissimi attimi dell'evento.

Si tratta di un arco temporale davvero brevissimo: qualche miliardesimo di secondo (l'ordine è intermedio tra attosecondi e nanosecondi), che vide il suolo colpito dal meteorite (nonché la superficie del bolide) raggiungere temperature di migliaia e migliaia di gradi centigradi a una pressione di centinaia di migliaia di atmosfere.

Cronaca di un istante
Si è così potuto capire che gli atomi della roccia sottostante il punto d'impatto formarono quasi istantaneamente una struttura estremamente densa, in virtù dell'onda d'urto la cui velocità è stimata intorno ai 7km/s.

In dieci attosecondi (miliardesimi di miliardesimo di secondo) il silicio che componeva la roccia raggiunse la temperatura di circa 3000°C a mezzo milione di atmosfere.

Poi, dopo un altro solenne battito di ciglia dell'Universo (appena un nanosecondo), ecco che il densissimo silicio cristallizzò dando vita a un minerale raro: la stishovite.

Crateri di tutti i mondi, uniti!
Il risultato della simulazione coincide con quanto effettivamente ritrovato nell'area del cratere Barringer, cosparsa di frammenti di stishovite, così come - è stato riscontrato - è capitato in altri luoghi del nostro pianeta, colpiti da simili, folgoranti eventi.

Come si legge nella ricerca che documenta le fasi dell'esperimento, dalla dimensione dei cristalli formatisi sarà forse possibile risalire alle dimensioni delle forze coinvolte nell'impatto, creando così un'ipotetica scala di misurazione degli eventi più catastrofici toccati in sorte al nostro pianeta nel corso della sua lunga esistenza nello spazio.