ITALIA
Volevano avere il controllo totale
Operazione Scarface: a Latina blitz contro la famiglia Di Silvio
Le indagini traggono spunto da alcune spedizioni punitive organizzate nel centro storico di Latina e da richieste estorsive rivolte ad esercenti commerciali della cosiddetta "movida"

Operazione Scarface. È questo il nome dell'inchiesta che ha portato questa mattina all'arresto di 33 persone, tutte accusate di associazione a delinquere di stampo mafioso e ritenuti parte del clan Di Silvio, l'organizzazione radicata nel territorio di Latina e provincia divenuta sempre più potente in questi anni.
Classiche le immagini delle ville dei Di Silvio tra statue e stucchi d'oro, i leoni ai cancelli d'ingresso come classica "agiografia" dei clan che si rispettino e classici i reati a vario titolo contestati sono: traffico di sostanze stupefacenti, estorsione, sequestro di persona, spaccio di droga, furto, detenzione e porto abusivo di armi da fuoco. L'inchiesta è stata portata avanti dalla Direzione Distrettuale Antimafia e da coordinata dal procuratore aggiunto Ilaria Calò. Le indagini si sono concentrate sul ramo del clan al cui vertice ci sarebbe Giuseppe Di Silvio conosciuto come ‘Romolo', già condannato a 25 anni di reclusione per l'omicidio di Fabio Buonamano, avvenuto nel 2010.
Nel 2016 con l‘operazione "Alba Pontina" si era disvelato il potere dei Di Silvio sul territorio di Latina, fatto di coercizione e intimidazioni e di rapporti con la politica locale. Le testimonianze dei pentiti hanno parlato di voti ad esponenti di Fratelli d'Italia, ma anche alla Lega. Nonostante gli arresti e le condanne la capacità del clan di Silvio esercitare il potere sul territorio sembra tutt'altro che ridimensionata.
Nell’ambito dell’inchiesta odierna, è stato possibile ipotizzare l’esistenza di un gruppo organizzato e finalizzato all’estorsione ed al traffico illecito di stupefacenti che si è nel tempo sempre più radicato sul territorio di Latina.Le indagini si sono sviluppate attraverso un'attività di intercettazioni telefoniche, ambientali e riprese video e sono state implementate dal contributo delle dichiarazioni di collaboratori di giustizia oltre che da quelle rese dalle vittime delle numerose estorsioni, alcune delle quali già oggetto di contestazione con l’operazione "MOVIDA", conclusa nel mese di Dicembre 2020, allorquando venivano tratti in arresto altri esponenti di spicco del clan Di Silvio.
Le indagini traggono spunto da alcune spedizioni punitive organizzate nel centro storico di Latina e da richieste estorsive rivolte ad esercenti commerciali della cosiddetta movida, che evidenziavano il tentativo da parte della famiglia Di Silvio di assumere il controllo del territorio in questa parte della città. Da ciò nascono le attività di intercettazione telefonica ed ambientale sul conto di Giuseppe Di Silvio detto “ Romolo”, il quale impartiva le direttive dal carcere romano di “ Rebibbia N.C.” attraverso i suoi fidati familiari.
Nel passaggio di un’intercettazione di Giuseppe con il genero si ascolta la frase “che deve tenere tutta la città in mano”, rimarcando quindi il fatto che l’obiettivo dell’associazione è conquistare sempre maggiore potere, non solo nel campo dello spaccio degli stupefacenti ma anche nel controllo del territorio, inducendo gli altri componenti della famiglia a fare riferimento a lui anche con riguardo alla distribuzione dei profitti.
Secondo quanto emerge dalle indagini Giuseppe Di Silvio (Romolo) assume il ruolo di capo dopo l'omicidio del fratello Ferdinando, detto il Bello.
Le indagini hanno inoltre permesso di ipotizzare come i Di Silvio abbiano occupato anche una fetta delle piazze di spaccio nei comuni vicini a Latina, come Priverno, Sezze e Pontinia grazie alle attività ivi svolte dai loro pusher, i quali avrebbero coadiuvato i capi e gli organizzatori nell’attività di spaccio, in particolare provvedendo alla distribuzione al minuto dello stupefacente.
Ma sono state riscontate anche una serie di attività estorsive messe in atto nei confronti di gestori di ristoranti o commercianti (per esempio la consumazione di pasti gratuitamente o l'acquisto di merce varia a somme irrisorie).
Nel 2019 il rapimento di P.E. spacciatore della famiglia Di Silvio, poi divenuto collaboratore di giustizia, ha fatto luce sulle dinamiche criminali della famiglia. Si è anche documentato un episodio di particolare rilevanza che ha visto affrontarsi le famiglia Ciarelli e Di Silvio che ha portato quasi ad uno scontro armato tra i due gruppi familiari.
Classiche le immagini delle ville dei Di Silvio tra statue e stucchi d'oro, i leoni ai cancelli d'ingresso come classica "agiografia" dei clan che si rispettino e classici i reati a vario titolo contestati sono: traffico di sostanze stupefacenti, estorsione, sequestro di persona, spaccio di droga, furto, detenzione e porto abusivo di armi da fuoco. L'inchiesta è stata portata avanti dalla Direzione Distrettuale Antimafia e da coordinata dal procuratore aggiunto Ilaria Calò. Le indagini si sono concentrate sul ramo del clan al cui vertice ci sarebbe Giuseppe Di Silvio conosciuto come ‘Romolo', già condannato a 25 anni di reclusione per l'omicidio di Fabio Buonamano, avvenuto nel 2010.
Nel 2016 con l‘operazione "Alba Pontina" si era disvelato il potere dei Di Silvio sul territorio di Latina, fatto di coercizione e intimidazioni e di rapporti con la politica locale. Le testimonianze dei pentiti hanno parlato di voti ad esponenti di Fratelli d'Italia, ma anche alla Lega. Nonostante gli arresti e le condanne la capacità del clan di Silvio esercitare il potere sul territorio sembra tutt'altro che ridimensionata.
Nell’ambito dell’inchiesta odierna, è stato possibile ipotizzare l’esistenza di un gruppo organizzato e finalizzato all’estorsione ed al traffico illecito di stupefacenti che si è nel tempo sempre più radicato sul territorio di Latina.Le indagini si sono sviluppate attraverso un'attività di intercettazioni telefoniche, ambientali e riprese video e sono state implementate dal contributo delle dichiarazioni di collaboratori di giustizia oltre che da quelle rese dalle vittime delle numerose estorsioni, alcune delle quali già oggetto di contestazione con l’operazione "MOVIDA", conclusa nel mese di Dicembre 2020, allorquando venivano tratti in arresto altri esponenti di spicco del clan Di Silvio.
Le indagini traggono spunto da alcune spedizioni punitive organizzate nel centro storico di Latina e da richieste estorsive rivolte ad esercenti commerciali della cosiddetta movida, che evidenziavano il tentativo da parte della famiglia Di Silvio di assumere il controllo del territorio in questa parte della città. Da ciò nascono le attività di intercettazione telefonica ed ambientale sul conto di Giuseppe Di Silvio detto “ Romolo”, il quale impartiva le direttive dal carcere romano di “ Rebibbia N.C.” attraverso i suoi fidati familiari.
Nel passaggio di un’intercettazione di Giuseppe con il genero si ascolta la frase “che deve tenere tutta la città in mano”, rimarcando quindi il fatto che l’obiettivo dell’associazione è conquistare sempre maggiore potere, non solo nel campo dello spaccio degli stupefacenti ma anche nel controllo del territorio, inducendo gli altri componenti della famiglia a fare riferimento a lui anche con riguardo alla distribuzione dei profitti.
Secondo quanto emerge dalle indagini Giuseppe Di Silvio (Romolo) assume il ruolo di capo dopo l'omicidio del fratello Ferdinando, detto il Bello.
Le indagini hanno inoltre permesso di ipotizzare come i Di Silvio abbiano occupato anche una fetta delle piazze di spaccio nei comuni vicini a Latina, come Priverno, Sezze e Pontinia grazie alle attività ivi svolte dai loro pusher, i quali avrebbero coadiuvato i capi e gli organizzatori nell’attività di spaccio, in particolare provvedendo alla distribuzione al minuto dello stupefacente.
Ma sono state riscontate anche una serie di attività estorsive messe in atto nei confronti di gestori di ristoranti o commercianti (per esempio la consumazione di pasti gratuitamente o l'acquisto di merce varia a somme irrisorie).
Nel 2019 il rapimento di P.E. spacciatore della famiglia Di Silvio, poi divenuto collaboratore di giustizia, ha fatto luce sulle dinamiche criminali della famiglia. Si è anche documentato un episodio di particolare rilevanza che ha visto affrontarsi le famiglia Ciarelli e Di Silvio che ha portato quasi ad uno scontro armato tra i due gruppi familiari.