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ITALIA

Milano

Lega, giudice: Bossi diceva di essere contro il malcostume ma poi prendeva soldi pubblici

Motivi condanna: 'Mentre il movimento raccolse voti contro i partiti'

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Umberto Bossi è stato "consapevole concorrente, se non addirittura istigatore, delle condotte di appropriazione del denaro" della Lega, ma proveniente "dalle casse dello Stato", "per coprire spese di esclusivo interesse personale" suo e della sua "famiglia". Condotte portate avanti "nell'ambito di un movimento" cresciuto "raccogliendo consensi" come opposizione "al malcostume dei partiti tradizionali".

Lo scrive il Tribunale di Milano nelle motivazioni della condanna a 2 anni e 3 mesi per l'ex leader del Carroccio.

Lo scorso 10 luglio, il giudice dell'ottava sezione penale Maria Luisa Balzarotti ha condannato il Senatur, ma anche il figlio Renzo Bossi a un anno e mezzo (l'altro figlio Riccardo era già stato condannato in abbreviato), tutti accusati di aver usato fondi del partito a fini personali, assieme all'ex tesoriere della Lega Francesco Belsito, a cui sono stati inflitti 2 anni e 6 mesi.

Nelle motivazioni, da poco depositate, della sentenza sul cosiddetto caso 'The Family' (dal nome della cartelletta trovata nella disponibilità di Belsito) il giudice spiega che "non si può ignorare il disvalore delle condotte" contestate ai tre imputati "poste in essere con riferimento alle elargizioni provenienti dalle casse dello Stato", tanto che il fondatore della Lega è stato anche già condannato a 2 anni e 2 mesi a Genova, sempre assieme all'ex tesoriere (4 anni e dieci mesi), nel processo 'parallelo' sulla presunta maxi truffa al Parlamento sui rimborsi elettorali.

Il giudice, inoltre, evidenzia il "disvalore" delle condotte perché portate avanti "nell'ambito di un movimento nato, ormai decenni orsono, e successivamente cresciuto raccogliendo consensi da chi vedeva in esso un soggetto politico in forte opposizione al malcostume dei partiti tradizionali".

Stando alle indagini dell'allora procuratore aggiunto Alfredo Robledo e dei pm Paolo Filippini e Roberto Pellicano, tra il 2009 e il 2011, Belsito si sarebbe appropriato di circa 2,4 milioni di euro e l'ex leader del Carroccio avrebbe speso con i fondi del partito oltre 208mila euro. Mentre a Renzo Bossi erano stati addebitati più di 145mila euro, tra cui migliaia di euro in multe, 48mila euro per comprare un'auto e 77mila euro per l'ormai famosa "laurea albanese".

Il giudice parla di "completezza e coerenza" delle prove raccolte di fronte alle quali "ben poca strada riesce a fare la tesi difensiva" di "un Umberto Bossi dedito in maniera esclusiva e totalizzante alle questioni politiche e, per converso, per nulla interessato alle vicende economiche della Lega". In ballo c'era, infatti, la "erogazione di fondi nell'interesse dei più stretti congiunti" del Senatur, "erogazione autorizzata dal segretario federale e risalente alla gestione del precedente tesoriere" Maurizio Balocchi. Ciò di cui "Umberto Bossi non si rendeva conto, secondo i discorsi tra Belsito, Dagrada e Cantamessa (ex segretarie del leader, ndr) era solamente l'ammontare di tali spese".