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ITALIA

Ritrovata nelle perquisizioni dopo l'arresto

La lettera che inguaia l'ex ministro Scajola. Dda: indagati hanno interferito su funzioni sovrane

Venti righe in francese che gli inquirenti attribuiscono all'ex presidente libanese Gemayel, il terminale della rete tessuta per favorire la latitanza dell'armatore reggino. Proprio Matacena parla dal suo rifugio a Dubai: "Scappando dall'Italia ho perso tutto, campo facendo il maitre"

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Claudio Scajola e Amin Gemayel
La "prova decisiva" che dimostrerebbe il coinvolgimento di Claudio Scajola nell'affaire Matacena sarebbe costituita da venti righe in francese scritte al computer che gli investigatori attribuiscono all'ex presidente libanese Amin Gemayel.

Nella missiva - ritrovata durante le perquisizioni nell'abitazione dell'ex ministro alla Sviluppo Economico e di cui i quotidiani pubblicano uno stralcio  - si legge: "La persona potrà beneficiare in maniera riservata della stessa posizione di cui attualmente gode a Dubai. Avrà un documento di identità. Della questione si occuperà un mio incaricato e troveremo un modo per far uscire la persona dagli Emirati Arabi e farlo arrivare in Libano". La persona cui si fa riferimento è l'ex parlamentare e armatore reggino Amedeo Matacena, condannato in via definitiva a cinque anni per concorso esterno in associazione mafiosa.

La lettera si conclude con "amichevolmente Claudio" e una sigla, apparentemente illeggibile, riconducibile per gli uomini della Dia proprio a Gemayel. Sarebbe quest'ultimo infatti il terminale della rete tessuta per favorire la latitanza di Matacena. Intanto venerdì, Scajola, ha preferito avvalersi della facoltà di non rispondere durante l'interrogatorio di garanzia nel carcere di Regina Coeli.

Dda: gli indagati hanno interferito su funzioni sovrane
Scajola, gli arrestati e Vincenzo Speziali, quali componenti di "un'associazione per
delinquere segreta collegata alla 'ndrangheta", hanno posto in essere o comunque agevolato "condotte dirette ad interferire su funzioni sovrane quali la potestà di concedere l'estradizione", da Stati esteri. Lo scrivono i pm della Dda di Reggio Calabria.

Scorta usata per gli spostamenti della Rizzo
Secondo i Pubblici ministeri, Scajola avrebbe favorito la latitanza di Matacena per "tutelare gli interessi di natura economica- mprenditoriale in comune e portare a buon fine le operazioni in corso". A tal fine l'ex ministro avrebbe persino messo a disposizione la propria scorta, anche per garantire spostamenti più agevoli alla moglie dell'armatore reggino Chiara Rizzo. Scajola arriva a chiedere alla scorta di "recarsi in territorio estero senza gli attrezzi". 

Matacena da Dubai: "Vivo lavorando, altro che latitanza dorata" 
"Scappando dall'Italia ho perso tutto" racconta Matacena raggiunto al telefono dal quotidiano "la Repubblica". L'imprenditore, che si trova tuttora a Dubai, smentisce l'ipotesi di uno spostamento verso Beirut: "Sarebbe stata una follia. Io mi trovo in un Paese in cui non esiste l'estradizione, perché avrei dovuto andare in Libano dove invece esistono accordi bilaterali con l'Italia?". In realtà, dalle indagini, emerge che a inizio 2014 a causa di una sentenza Matacena potesse rischiare l'espulsione dal Paese.

"La necessità del Matacena – si legge nell'ordinanza del Tribunale di Reggio Calabria di trasferirsi dal territorio degli Emirati Arabi era generata dal timore che il 20 febbraio 2014 fosse emessa la sentenza del procedimento pendente a Dubai, cui sarebbe potuta conseguire l’espulsione da quel paese, con il rischio di essere tratto in arresto e trasferito in Italia per scontare la pena".