Original qstring:  | /dl/archivio-rainews/articoli/libia-armi-esercito-usa-ue-gb-al-thani-26a98802-9f30-4b1c-8c11-8f1bcf024221.html | rainews/live/ | true
MONDO

Sotto embargo dal 2011 per le armi

Libia, il premier al Thani attacca: Usa, Ue e Gb non vogliono armare l'esercito

Ieri la decisione del Parlamento - non riconosciuto dalla comunità internazionale - di disertare la nuova sessione di colloqui prevista per domani in Marocco con la mediazione Onu. Oggi il premier al Thani attacca: a noi nessuna fornitura, le milizie le ricevono dall'estero.

Condividi
Un giorno dopo che il Parlamento, non riconosciuto dalla comunità internazionale, ha rifiutato di sedere al tavolo Onu organizzato in Marocco, il governo libico, riconosciuto a livello internazionale, critica l'Occidente: "Stati Uniti, Gran Bretagna e Unione Europea - ha detto il premier Abdullah al Thani - hanno deciso di non voler armare l'esercito libico nonostante siano a conoscenza di come arrivino le armi alle milizie armate presenti nel Paese".

Al Thani: noi sotto embargo, milizie armate dall'estero
Da quando è iniziata la rivolta che nel 2011 ha portato all'uccisione di Muhammar Gheddafi, la Libia è sotto embargo per volontà dell'Onu per quanto riguarda le armi. Per questo il premier libico ha spiegato che la stategia messa in campo da Usa, Ue e Regno Unito mette in posizione di chiarissima inferiorità le truppe regolari, sopratutto perché gruppi combattenti come 'Alba della Libia' ricevono armi dall'estero. E l'Occidente, che lo sa - continua al Thani - agisce con idee "contrarie all'interesse del popolo libico". 

Il no al tavolo Onu
La decisione è stata comunicata dal Parlamento di Tripoli: il governo di questa componente non parteciperà al tavolo Onu organizzato per domani in Marocco con la mediazione dell'inviato Bernardino Leon. Ad annunciarlo è stato Salah al Makhzoum, capo della squadra negoziale del congresso, insediato nella capitale ma non riconosciuto dalla comunità internazionale. La nuova sessione di colloqui che aveva come obiettivo quello di porre fine alla crisi politica è quindi rimandata sine die.