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MONDO

Dalla fiera dell'edilizia a Tripoli

Gli imprenditori italiani in Libia: "Sentiamo gli spari, lavoriamo ma abbiamo la scorta armata"

Da stamattina 80 imprenditori italiani sono a Tripoli per partecipare alla fiera dell'edilizia. Non li hanno fermati gli scontri violentissimi e l'assalto al Parlamento. "Il settore dell'edilizia - spiega il direttore dell'ICE Marco Pintus - è così in crisi che il mercato libico attrae per l'enorme potenziale della ricostruzione"

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di Veronica Fernandes
Scorta armata, shuttle blindato, sparatorie che tolgono il sonno. Nessuno svago: solo fiera e albergo. In Libia, a Tripoli, ci sono 80 imprenditori italiani che - nonostante il Paese stia riscoprendo la guerra civile - hanno deciso di partire comunque per tentare di stringere rapporti di affari nel settore dell'edilizia, il più forte tra le partnership tra i due Paesi. "In Italia - ha spiegato a Rainews Marco Pintus, direttore dell'Istituto del Commercio Estero di Tripoli - il settore è talmente in crisi che la Libia è un mercato che attrae moltissimo". Per questo, da stamattina, gli imprenditori sono al lavoro a Lybia Build, la fiera annuale dell'edilizia. Tra loro c'è Vanessa Ficarelli, della Camera di Commercio di Ancona, a capo della delegazione Marche.

"In fiera si lavora, di notte sentiamo gli spari"
E' lei a raccontare che "dentro la fiera la situazione è tranquilla, stiamo tutti bene" ma che qualche momento di paura c'è stato: "Al nostro arrivo abbiamo trovato lo shuttle con la scorta armata che avevamo prenotato dall'Italia e siamo andati subito in albergo, alcuni colleghi hanno trovato le strade bloccate dai carri armati, di notte dall'albergo sentivamo gli spari".

Le procedure di sicurezza
Si riesce a lavorare, spiega, la fiera è attiva, gli imprenditori italiani stanno prendendo contatti con potenziali partner locali. "A chi vuole uscire dal palazzo espositivo però chiediamo di lasciare il nome e il luogo esatto verso cui si dirigono e soprattutto facciamo in modo che non vadano nelle zone off limits, come la Cirenaica". Per chi inizia a lavorare, le misure di sicurezza da mettere in atto sono naturalmente più elevate, spiega Vanessa Ficarelli, si va dalla ricerca di un autista fidato al presidio dei cantieri. Precisa Pintus: il padiglione italiano del 2014 conta il 30% di espositori in meno a causa della situazione politica.

Il business della ricostruzione
La Libia post Gheddafi è un Paese a pezzi. Il vero business per gli imprendori stranieri sarà quello della ricostruzione, dalle infrastruttre agli edifici pubblici. "Adesso però - spiega Marco Pintus - è praticamente fermo perchè manca la stabilità politica e quindi non si possono mettere in piedi grossi appalti". E poi, di nuovo a causa di un sistema politico fragilissimo e sempre sul punto di esplodere, le esportazioni di petrolio sono crollate, riducendo quindi il capitale disponibile. In attesa di un quadro politico stabile su cosa puntano gli imprenditori? Edilizia privata, piccoli progetti residenziali, esportazione di materiale edile. 

La paura dei rapimenti: gli ultimi casi
Opportunità di investimento ma anche tante difficoltà, ricorda Pintus, per chi lavora in Libia, soprattutto nell'edilizia, spiega Pintus: "E' difficile trovare tecnici specializzati disposti a trasferirsi per lavorare lì, soprattutto dopo i rapimenti di personale italiano". Tutti casi che riguardano il settore delle costruzioni. A gennaio, a Derna, erano stati sequestrati Francesco Scalise e Luciano Gallo, poi liberati. E a marzo, sempre in Cirenaica, era stato rapito a Tobruk Gianluca Salviato: lavorava anche lui nell'edilizia, per una società friulana. 

L'anno scorso record di export Italia-Libia
Nonostante le difficoltà, la Libia è un Paese vantaggioso per l'Italia, sia per le oltre 100 imprese italiane sul posto sia per l'export: nel 2013 le esportazioni italiane hanno avuto un record, quasi 3 miliardi di euro, il dato migliore in assoluto, anche rispetto all'era Gheddafi. Il perchè lo spiega Pintus: "Oggi la Libia è un Paese dove l'industria manifatturiera è scomparsa, le necessità sono in tutti i settori, basti pensare che c'è stato un boom dell'esportazione dei prodotti alimentari".