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MONDO

Parigi, Maison de la Chemie

Libia, a Parigi la Conferenza internazionale con Draghi, Merkel e Macron

"Il Piano d'Azione elaborato dalla Commissione militare congiunta è un importante passo avanti. Il ritiro di alcuni mercenari stranieri prima delle elezioni aiuterebbe a rafforzare la fiducia fra le parti"

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Alla Maison de la Chemie di Parigi, la Conferenza internazionale sulla Libia punta tutto sulla necessità di arrivare a elezioni entro il 24 dicembre e di garantire al territorio il completo sgombero di tutti i mercenari presenti. Dopo la tradizionale "foto di famiglia" sono iniziati i lavori, co-presieduti da Francia, Italia, Germania, Onu e Libia. 

Draghi: "Il popolo si esprima con elezioni libere e credibili"
Il presidente del Consiglio Mario Draghi, secondo quanto si apprende, intervenendo alla conferenza sulla Libia in corso a Parigi, ha richiamato l’impegno della comunità internazionale e di tutti gli attori libici per il successo della transizione istituzionale attraverso lo svolgimento delle elezioni presidenziali e parlamentari dal 24 dicembre 2021. "È questa la volontà chiara del popolo libico – ha affermato Draghi - come dimostra la registrazione di circa 3 milioni di elettori. Dopo anni di conflitto, il popolo libico deve potersi esprimere in elezioni libere, trasparenti e credibili", ribadendo la necessità di una cornice giuridica ed elettorale condivisa alla quale devono lavorare insieme le autorità libiche competenti nei prossimi giorni e settimane.

Draghi ha ricordato come l'Italia abbia ''sempre sostenuto con forza la necessità di un ruolo importante dell'Ue'' nell'area, e ha richiamato l'impegno della comunità internazionale e di tutti gli attori libici per il successo della transizione istituzionale attraverso lo svolgimento delle elezioni presidenziali e parlamentari dal 24 dicembre. 

Draghi nel suo intervento alla conferenza di Parigi, ha confermato l'impegno della comunità internazionale per la pace e la stabilità di una Libia ''pienamente sovrana, unita e democratica''. Questa è considerata la condizione essenziale per la stabilità della regione mediterranea, dell'Europa e dei Paesi del Maghreb e Sahel.

"Il Piano d'Azione elaborato dalla Commissione militare congiunta è un importante passo avanti. Il ritiro di alcuni mercenari stranieri prima delle elezioni aiuterebbe a rafforzare la fiducia fra le parti". 

Sul fronte economico, "la normalizzazione della Libia passa anche per un sistema economico in grado di rispondere ai bisogni della popolazione e favorire gli investimenti esteri. Va garantita, anche attraverso un bilancio condiviso, un’equa distribuzione delle risorse in ogni parte del Paese e rafforzato il percorso di riunificazione delle istituzioni economiche e finanziarie, a partire dalla Banca Centrale".

"La piena attuazione dell'accordo sul cessate il fuoco del 23 ottobre 2020 resta un obiettivo cardine. La sostanziale assenza di conflittualità dell'ultimo anno e la riapertura della strada costiera sono traguardi importanti che non vanno vanificati". 

I bilaterali
Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, questa mattina è stato all'Eliseo per l'incontro con il presidente francese Emmanuel Macron per gli ultimi scambi prima dell'avvio della conferenza per la stabilizzazione politica della Libia alla quale partecipano oltre trenta fra capi di Stato e di governo. 

Poi, il presidente del Consiglio Mario Draghi ha incontrato il presidente del Consiglio dei ministri del governo di unità nazionale, Abdel Hamid Dbeibah, presso l'ambasciata d'Italia a Parigi. Il bilaterale si è tenuto alla presenza dei ministri degli Esteri di entrambi i Paesi, Luigi Di Maio e Najla Mangoush.

Il presidente francese, Emmanuel Macron, prima dell'inizio della conferenza di Parigi sulla Libia, ha incontrato insieme il presidente del consiglio presidenziale libico Mohammed al Menfi ed il premier del governo di unità nazionale Abdel Hamid Dbeibah.

Macron e il suo omologo egiziano, Abdel Fattah al-Sisi, si sono incontrati all'Eliseo prima dell'inizio della conferenza. E proprio la situazione nel Paese nordafricano è stato uno dei temi centrali del colloquio che si è svolto all'Eliseo. I due leader, riportano i media arabi, hanno sottolineato la necessità di tenere le elezioni libiche a dicembre, come previsto, e concordato sull'importanza di "coordinare gli sforzi congiunti per risolvere la crisi libica". Macron e al-Sisi, riferisce il sito di Al Ahram, hanno parlato anche di questioni bilaterali, lotta al terrorismo e all'immigrazione irregolare.


I contenuti della Conferenza di Parigi
La sfida della conferenza internazionale co-presieduta da Francia, Germania, Italia e Libia (sotto egida Onu) è assicurare che la Libia imbocchi un sicuro percorso di stabilizzazione politica che preveda il primo turno delle elezioni presidenziali il 24 dicembre seguito da un secondo turno e da un voto per eleggere i membri del parlamento. È un passaggio obbligato per avviare una nuova fase nel Paese dopo il governo di unità nazionale frutto della mediazione Onu attualmente in carica.

La conferenza è il momento culminante del complesso processo politico che si è aperto dopo il cessate il fuoco di un anno fa concordato dall'Esercito nazionale libico del generale Khalifa Haftar (est libico) e il governo di Fayez al Serraj (Tripoli). Allora veniva indicato che militari e mercenari non libici avrebbero dovuto lasciare il Paese entro 90 giorni, ma solo alla vigilia della conferenza c'è stato un primo segnale: su richiesta della Francia, l'Esercito nazionale libico ha deciso di far partire 300 combattenti stranieri e mercenari.

Si tratta di un punto decisivo: la Russia ha sostenuto Haftar, con i mercenari del Gruppo Wagner; la Turchia ha sostenuto il governo di Al Serraj fornendo armi, blindati e droni. L'Onu ha stimato che negli ultimi anni in Libia ci sono stati almeno ventimila combattenti stranieri e mercenari tra cui russi, siriani, sudanesi e del Ciad. L'attesa è che nella dichiarazione finale della conferenza si affermi che le persone o le entità in Libia o fuori dalla Libia che agiranno per ostacolare la transizione politica e il processo elettorale potrebbe essere oggetto di sanzioni internazionali. Nella bozza di conclusioni della conferenza, viene ribadita l'importanza della riunificazione della Banca centrale libica e della National Oil Corporation.

L'obiettivo di Francia, Germania e Italia oltreché della Libia (la cui partecipazione in quanto co-presidente inizialmente non era stata prevista) è rendere il processo elettorale 'indiscutibile e irreversibile', termini che costituiscono la chiave di volta per consolidare 'sul terreno', indica un diplomatico europeo, la possibilità di avviare una nuova fase politica in Libia.

Non si tratta di un dato acquisito. La situazione politica del Paese è fragilissima e il governo di unità nazionale diretto da Abdel Hamid Dbeibah è alla prova più importante: primo turno per le presidenziali il 24 dicembre, secondo turno il 14 febbraio in contemporanea con il voto per le legislative.

Questa dovrebbe essere alla fine la 'doppietta' elettorale, tuttavia qualche incertezza c'è ancora: mentre il fronte di Haftar punta le carte sulle presidenziali, il fronte di Tripoli si privilegia l'appuntamento parlamentare. Diversi osservatori sottolineano come la fragilità del processo in corso sia dimostrata sulla mancanza di certezze sull'assetto e sull'equilibrio dei poteri in futuro.

Tra le parole chiave che scorrono nei colloqui e vengono scritte nero su bianco per la decisione finale in relazione alle elezioni ci sono i termini 'libere' e 'inclusive', gli stessi che comparivano nelle risoluzioni Onu, nella 'roadmap di Tunisi' e nelle conclusioni della conferenza di Berlino dello scorso giugno. Un riferimento che implica l'impegno 'inequivocabile', indicano fonti europee, di tutti gli attori libici. Implica, in sostanza, che dovrebbe escludere personalità che comportano divisione.

La 'roadmap' dell'Onu prevede che i responsabili istituzionali non possano candidarsi. Il contrasto fra Tripoli e Cirenaica resta sempre di scena. Dbeibah accarezzerebbe l'idea di candidarsi alle presidenziali ed è una scelta già contestata: nessuno dei contendenti ha la sua popolarità misurata nei sondaggi. Di qui i rischi che quanto si definirà a Parigi rientri nel pericoloso gorgo dei contrasti irrisolvibili tra fazioni che si detestano e tra vari centri di potere e che il governo libico in carica non è riuscito a superare.

Il numero uno dell'Alto Consiglio di Stato ha invitato a boicottare le elezioni per impedire che si candidi Haftar. Ammesso che si vada ai voti, resterebbe nebuloso il tema dei combattenti e dei mercenari stranieri che chiama in causa direttamente Russia e Turchia. Il presidente del Consiglio presidenziale della Libia Mohamed al-Menfi ritiene che non si può votare se le forze militari stranieri non lasciano la Libia.

Come ha notato Federica Saini Fasanotti dell'Ispi e della Brooking Institution 'rimangono sul campo, esattamente come prima e incuranti di qualunque richiesta da parte della missione in Libia dell'Onu e degli stessi libici Turchia, Russia, Egitto ed Emirati Arabi Uniti, oltre a mercenari provenienti dalle aeree subsahariane del Sudan e del Ciad. La loro presenza non fa che incrementare le frizioni fra i due schieramenti locali'. 

Erdogan non partecipa ai lavori
Al Summit partecipano a livello capi di Stato/governo di Egitto, Ciad, Niger, Tunisia, Cipro, Grecia, Malta, Paesi Bassi, Repubblica del Congo, Repubblica Democratica del Congo, Spagna, Regno Unito. Per gli Usa partecipa la vice-presidente Kamala Harris, mentre Russia, Cina, Giordania, Svizzera, Algeria e Marocco prendono parte all'evento a livello di Ministri degli Esteri. Presenti, inoltre, il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, e l'Arvp Josep Borrell, il segretario generale della Lega degli Stati Arabi e quello del G5 Sahel, il presidente della Commissione dell'Unione Africana, e, per le Nazione Unite, la Usg Rosemary Di Carlo e l'inviato speciale Jan KubiÜ.

Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, invece non ha partecipato alla Conferenza di Parigi sulla Libia perché il capo di Stato francese, Emmanuel Macron, non ha accolto la sua richiesta di non estendere l'invito alla Grecia.  A rappresentare la Turchia al tavolo c'è il vice ministro degli Esteri, Sedat Onal.