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TECH

Intervista al presidente di ILS

Sabato 24 al via il Linux Day 2015. Un giorno per spiegare il perché del software libero

Sabato 24 ottobre in Italia si svolge il Linux Day 2015. Un giorno dedicato alla promozione del sistema operativo open source realizzato 24 anni or sono da Linus Torvalds. Cos'è il Linux Day e cosa prevede? Intervista al presidente della Italian Linux Society, Roberto Guido

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Linux Day inziative in diverse città (Foto di I.L.S.)
Il Linux Day nel mondo: cos'è, come viene coordinato a livello internazionale, da quanto tempo esiste?
In verità il Linux Day è una "anomalia" squisitamente italiana, proprio perché "anomala" è la community nostrana di promozione al software libero rispetto al resto del mondo: mentre in altri Paesi ci sono tipicamente una o due associazioni nazionali che raccolgono gli interessati all'argomento, da noi l'intero territorio è costellata di associazioni, gruppi informali, associazioni studentesche, hacklabs, ciascuno dei quali svolge autonomamente le proprie attività divulgative nelle rispettive città. L'elenco completo di tali soggetti è pubblicato su quella che chiamiamo "LUGMap", dove l'acronimo LUG sta per "Linux Users Group". Il Linux Day è quel giorno dell'anno in cui tante di queste realtà si coordinano in un evento decentralizzato, senza una sede ma con tante sedi, per raggiungere il pubblico direttamente vicino a casa e spiegare il perché del software libero.

Quante persone aderiscono al Linux Day in Italia ? Sono in aumento rispetto agli anni precedenti? Quali sono le regioni più attive?
La partecipazione al Linux Day è stimata intorno alle 13000 presenze all'anno. Ed il trend è inversamente proporzionale al numero di utenti Linux, ovvero: è attualmente in calo. Il meccanismo sembra paradossale, ma è molto semplice: installare ed utilizzare Linux diventa sempre più facile, sempre meno persone sono spinte verso i gruppi di mutua assistenza, le associazioni che aggregano gli appassionati locali si spopolano (per via della mancanza di ricambio generazionale, e della concorrenza delle community online che più facilmente coinvolgono i giovani), ci sono sempre meno risorse umane per allestire un evento in ogni singola città, ci sono sempre meno Linux Day, e dunque matematicamente meno persone vi partecipano.
L'adozione di Linux ha saturato la sottile fascia di popolazione che più facilmente si appassiona al tema ed è disposta ad investire tempo ed energie per organizzare iniziative locali, estendendosi presso il pubblico più comune. E man mano vengono a mancare quelle condizioni, di cui parlavo prima, di frammentazione e iperlocalità che hanno rappresentato la stessa ragion d'essere dell'anomalia italiana del Linux Day. È un male, perché c'è meno partecipazione sul territorio? O è un bene, perché ciò dimostra che oramai Linux non è più una sporadica eccezione riservata agli "smanettoni"?

Android: la sua diffusione aiuta anche lo sviluppo e la conoscenza di Linux ?
Forse ne aumenta la conoscenza, perché in virtù della sua popolarità è diventato anche più popolare, di riflesso, il nome "Linux" e la relativa curiosità nei suoi confronti, ma Android è pur sempre una variante ristretta (e restrittiva) di Linux epurata da quelli che sono i suoi maggiori benefici. Ovvero: la libertà, di esplorare e di modificare.
Mi permetto una considerazione funambolica: dal punto di vista della divulgazione, ancor più che da Android Linux è stato agevolato dalla diffusione di Mac. Nel momento in cui Apple, con la sua abilissima strategia di marketing - talmente abile da riuscire a convincere qualcuno ad acquistare un laptop al doppio del suo reale valore - ha infranto l'assioma "computer = Windows", ha aperto uno spiraglio nella percezione comune della tecnologia di consumo; nell'immaginario collettivo si è creato lo spazio per una alternativa, ed immediatamente dopo si è creato lo spazio per più alternative. Se prima introdurre il tema a qualcuno di non esperto era alquanto difficile - perché non a tutti è chiara la nozione di "sistema operativo" - adesso basta alludere alle differenze tra Windows e Mac per far comprendere di cosa si stia parlando, quantomeno a livello superficiale.

Qual è la percentuale attuale di utilizzatori linux desktop rispetto ad altri OS?  Quali le distribuzioni più diffuse? Avete dati sull'aumento dell'utilizzo (personale o azienale) di Linux negli anni?
In Italia, Linux sul desktop ha una quota del 3% circa. Tanto quanto Windows Vista, per intenderci. Molto bassa in valori assoluti, indubbiamente, ma non così male considerando che, in virtù della pressoché totale assenza sul mercato di computer con Linux pre-installato, quel 3% è interamente costituito da persone che lo hanno volontariamente e deliberatamente installato sul proprio dispositivo, non gli è piovuto dal cielo ma sono state fortemente motivate nella loro scelta consapevole.
In merito alle aziende, cito un piccolo sondaggio condotto da Italian Linux Society in occasione del Linux Day 2013: il 100% delle startup contattate usava, a vario titolo, software libero ed opensource per le sue attività. La maggior parte sui server, molti sui desktop. Le imprese già consolidate occasionalmente migrano a Linux ed al software libero, benché esistano oggettive difficoltà tecniche dallo svincolarsi dal regime di lock-in in cui sono strette; viceversa, all'interno delle nuove imprese, tantopiù in campo ICT, Linux è la norma.

Vede future opportunità di lavoro ancora poco diffuse? Per esempio nei campi della domotica o delle apps?
Diciamolo: Linux e l'opensource dominano a mani basse pressoché ogni settore produttivo in campo ICT. Sistemi server, sistemi embedded, sistemi mobile, infrastrutture, reti di dati e reti di oggetti. E, naturalmente, il web. Con il progressivo svuotamento del desktop - ovvero, l'unico frangente in cui il software libero è meno presente - di funzioni e applicazioni, spostate via via su Internet o su altro genere di dispositivi più o meno dedicati, conoscere Linux non è una opportunità: è un bisogno vitale.
Semmai, la vera opportunità sta nel comprendere ed adottare licenze libere e modelli di sviluppo opensource per le proprie soluzioni, per non solo sfruttare il patrimonio comune esistente ma far sì che il proprio stesso prodotto diventi patrimonio comune. Da perfezionare e far perfezionare, da estendere e far estendere, da migliorare e far migliorare. E su cui vendere, con profitto, servizi ed assistenza.
Da 20 anni sosteniamo che esistono altri approcci di business che non la mera vendita di licenze software; oggi persino Microsoft regala l'upgrade a Windows 10. Ad ora, chi campa di licenze sono coloro che già hanno acquisito una posizione di monopolio in passato; chi vuole emergere deve necessariamente adottare strategie radicali e, come dicono gli americani, "disruptive".

Linus Torvalds: c’è in Italia un genio contemporaneo che gli somiglia ?
Forse paragonabile a Torvalds no, ma italiani sono tantissimi degli sviluppatori delle applicazioni libere che ogni utente Linux (e non solo Linux) adopera tutti i giorni sul proprio computer. Mi è impossibile non citare ad esempio Stefano Zacchiroli, Alessandro Rubini, Emmanuele Bassi, Andrea Veri e Fabio Erculiani.
Da notare che, tristemente, buona parte di queste persone hanno lasciato l'Italia per andare a lavorare all'estero, spesso proprio su piattaforme e soluzioni libere ed opensource: il nostro Paese continua quasi ostinatamente a sfornare grandi menti ma è incapace di sostenerle e fornire loro un ambiente consono dove esprimersi al meglio.

Perché preferire Linux a Mac, Windows ? Chi lo usa ?
A questa domanda solitamente si risponde con alcuni aspetti pragmatici piuttosto noti: ampia gamma di applicazioni facilmente e gratuitamente installabili, ridotto rischio di virus informatici e malware, migliori performances soprattutto sui computer più datati, una ampia community di supporto. E, contrariamente a quanto solitamente detto, grande facilità d'uso: non conto più le persone anziane, che non hanno mai avuto a che fare con il PC e su cui dunque non gravava alcuna abitudine pregressa ed alcun preconcetto, che nel giro di una settimana e da autodidatti hanno iniziato a padroneggiare il loro sistema Linux.
Poi ci sono le motivazioni meno tecniche. Che sono quelle che caratterizzano, per davvero, il software libero: la libertà di usare, analizzare, modificare e ridistribuire le applicazioni, di esplorare, migliorare, ed anche la libertà di rompere ed aggiustare.
Io ho avuto il mio primo computer in età quasi matura, a 17 anni, e sono inciampato molto presto in Linux. Il quale mi ha permesso di vivere una seconda fanciullezza: da bambino rompevo i giocattoli per vedere come erano fatti dentro, da ragazzino ho iniziato a "rompere" il codice sorgente per capire cosa faceva. Almeno il codice riuscivo a rimetterlo poi a posto. Oggi di mestiere faccio il programmatore e mi piace un sacco.
Questo è il motivo percui la community di promozione al software libero così spesso insiste sull'adozione nelle scuole: dobbiamo dare ai nostri figli dei giocattoli che possano rompere. Molto attiva su questo specifico fronte è la community online WiiLD.

Il Comune di Torino avvia la migrazione a Linux. È un caso importante di impiego di ‘sistemi aperti’ nella Pubblica amministrazione
L'annuncio della migrazione a Linux del Comune di Torino, giunto oramai 14 mesi fa, ha colto tutti - me compreso, che a Torino ci vivo da 10 anni - del tutto di sorpresa. Tant'è che, a fronte del fatto che dopo tale verdetto i segnali operativi da parte del Comune sono stati alquanto deboli per non dire nulli, molti hanno iniziato a pensare che si trattasse di una bufala. Eppure ho avuto la fortuna di parlarne recentemente con persone ai vertici dell'amministrazione locale, strettamente vicine alla questione, le quali hanno confermato che, nonostante qualche intoppo burocratico, l'operazione sta procedendo e si trova anzi in uno stato assai più avanzato di quanto pure io potessi immaginare.
Aspettando i tempi debiti per la sua implementazione, quella di Torino promette di essere una esperienza-modello per l'Italia e per l'Europa, paragonabile solo a quella di Monaco di Baviera. La prova provata che la migrazione non solo è possibile, ma che se è possibile a così alti livelli di complessità ed impatto (ricordiamo che 8000 sono i dipendenti coinvolti) lo è davvero per tutti.
Ma, ahimé, non è tutto rosa e fiori. In termini di leggi e normative, l'Italia è la nazione più favorevole del mondo al software libero nella pubblica amministrazione. C'è però un problema di fondo: il software libero per le pubbliche amministrazioni, semplicemente, non esiste.
Certo esistono Linux, LibreOffice, Thunderbird e tutti gli altri programmi che quotidianamente usiamo anche a casa, ma non c'è uno stack software che implementi l'anagrafe, la gestione tributi, il catasto e tutti gli altri servizi tipici all'interno di un qualsiasi comune, grande o piccolo che sia.
Questo perché, a fronte delle suddette leggi e normative, non c'è mai stata una azione concreta a diretto vantaggio dei sistemi aperti: le valutazioni comparative previste dal Codice di Amministrazione Digitale non sono mai state davvero fatte da nessuno, le direttive sul riuso software sono fallaci, e, per pigrizia o scarsa motivazione, si finisce sempre col cedere al lock-in imposto dalle soluzioni proprietarie esistenti.
Basterebbe davvero poco, una frazione del costo attualmente sostenuto da tutte le amministrazioni per il rinnovo di licenze che non danno nessun valore aggiunto, per implementare una volta per tutte un pacchetto software libero, aperto, trasparente, riutilizzabile da tutti i comuni e nativamente interoperabile.

Ci sono casi di una rappresentanza politica nel mondo e in Italia del movimento che sostiene Linux (Es. Piraten Partei in Germania) ?
Quello del software libero, nella sua complessità, è un tema trasversale che trova riscontro presso chiunque ne capisca le implicazioni; negli anni ho avuto modo di confrontarmi con simpatizzanti di qualsiasi colore e sfumatura.
Molto spesso quello che manca non è la volontà politica di adottare il software libero, quanto il coraggio di andare a sovvertire sistemi consolidati ed usuali anche quando essi sono palesemente inefficienti sotto tutti i punti di vista e contrari ad ogni logica strategia.
Questo mi permetto di chiedere alle nostre istituzioni: il coraggio di cambiare e di assumersi qualche responsabilità.
Nell'attesa, noi continuamo non solo nella nostra attività divulgativa ma anche nel sostegno economico al software libero: in mancanza di ponderati e oculati piani su larga scala, tra le altre cose conduciamo periodicamente raccolte fondi per finanziare progetti che possano poi essere, gratuitamente e liberamente, usati dalle scuole.