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ITALIA

Non si può accettare che la corruzione sia un fatto normale

Mafia Capitale, Pignatone: "Non mi sento sconfitto, resto convinto che a Roma la mafia esista"

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Da un lato c'è una parte della politica che esulta perchè Mafia Capitale non è mafia, ed espunge dal discorso le condanne pesantissime che sono arrivate con la sentenza di primo grado. L'ex colonnello di Alleanza Nazionale Gasparri parla di Procura "sfiduciata dalla sentenza" sostiene addirittura l'ipotesi di una class action che "imponga un risarcimento salatissimo". Dall'altro lato c'è lui, il procuratore Giuseppe Pignatone che fa sapere di non sentirsi sconfitto, di "non aver cambiato idea in una notta". A Roma la mafia, resta convinto, esiste. Così come la cancrena della corruzione e non si può accettare che sia "un fatto normale o addirittura necessario". Si è preso 24 ore per riflettere sulla sentenza, poi ha parlato.

Qui lo speciale di Rainews con la timeline, i luoghi e i protagonisti di Mafia Capitale

Mafia Capitale: esclusa l'associazione mafiosa (per i 19 imputati cui era contestata)
Pignatone insiste su quale fosse il cuore dell'indagine: il lavoro di questo ufficio - ha detto - "ha svelato un sistema criminale capace di infiltrare il tessuto amministrativo e politico della città fino al punto di avere a libro paga amministratori della cosa pubblica". Il fatto che i giudici abbiano tolto l'associazione mafiosa non cancella il senso della stagione giudiziaria, vuole precisare Pignatone che attende le motivazioni della sentenza per capire la logica del Tribunale. Poi l'ufficio deciderà se ricorrere in appello. 

La replica a chi lo accusa di aver sovrapposto Roma e la mafia
Ci tiene a ricordarlo, è scritto negli atti ufficiali: Pignatone non ha mai detto che Roma era dominata dalla mafia, nell'inchiesta Mondo di Mezzo - come la avevano battezzata - parlava di "piccola mafia". Il resto è stato un uso politico dei fatti che l'inchiesta ha fatto emergere. E di cui non deve rispondere. 

Il caso Odevaine: ha collaborato e ricevuto una pena più alta di quella richiesta
Anche qui, attende di leggere le motivazioni. Procura e tribunale hanno lavorato con metodo opposto: la Procura voleva premiare il contributo offerto da Luca Odevaine all'indagine, il tribunale lo ha condannato a 6 anni e mezzo quando erano stati chiesti 30 mesi. L'unica certezza, ribadisce Pignatone, è che la lotta alla corruzione non si ferma qui.