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POLITICA

La direzione nazionale al Nazareno

Il Senato dei sindaci. Ecco la ricetta di Renzi

Un organo più snello composto da 150 senatori, non eletti dai cittadini, di cui 108 sindaci di comuni capoluogo, 21 presidenti di Regione e 21 esponenti della società civile. La discussione sulla riforma della Costituzione dal 15 febbraio in Parlamento in parallelo con la legge elettorale

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Un Senato dei sindaci, con la presenza di presidenti di Regione ed esponenti della società civile. Senza stipendio, senza potere di sfiduciare il governo e con una produzione normativa ridotta "al minimo". Matteo Renzi, nel suo intervento alla direzione nazionale del Partito Democratico, delinea il suo progetto di riforma del Senato e apre la discussione sulle modifiche alla Costituzione che dal 15 febbraio procederanno in Parlamento in parallelo con la legge elettorale. Una "grande opportunità", concorda Enrico Letta, se si terranno "i tempi giusti" e cioè si andrà "di corsa"

Dunque, come da intesa con il Cavaliere e con Alfano, Renzi conferma che, acquisito il via libera in prima lettura alla legge elettorale, al Senato partirà l'esame della riforma del bicameralismo e alla Camera verrà incardinato il ddl per la modifica del titolo V della Costituzione. "Una poderosa iniziativa costituzionale", sottolinea il segretario del Pd. E il premier concorda: il Pd deve andare alle europee l'Italicum "approvato e un primo passaggio delle riforme". 

Un senato più snello: 150 componenti, senza stipendio
L'ossatura istituzionale immaginata dal segretario del partito democratico punta a ridurre i costi. Dei 930 parlamentari attuali ne rimarrebbero solo 630, vale a dire i deputati con il Senato trasformato in una camera delle autonomie. 

In tutto 150 senatori, non eletti dai cittadini, di cui 108 sindaci di comuni capoluogo, 21 presidenti di Regione e 21 esponenti della società civile. Questi ultimi "saranno scelti temporaneamente dal presidente della Repubblica per un mandato". Il Senato "non vota il bilancio, non dà la fiducia, ma concorre all’elezione del presidente della Repubblica e contribuisce all’elezione dei rappresentanti degli organi europei". 

Titolo V: ridurre gli stipendi dei consiglieri regionali
Quanto alla riforma del titolo V che regola le competenze tra Stato ed enti locali ("Un errore grande della sinistra", ammette Letta), Renzi si rifà alla bozza dei saggi consultati dal governo e chiede di abolire la legislazione concorrente, oltre ad affidare allo Stato alcuni temi come l'energia e il turismo. Il segretario propone di affiancare a questa riforma anche il tema, sia pur "demagogico", dello "status dei consiglieri regionali". Per ridare credibilità alle Regioni, propone, non potranno avere stipendi più alti di quelli dei sindaci.
 
Le altre riforme: province e città metropolitane
Le Province sono un altro capitolo delle riforme da fare. "Sul superamento delle Province - ha sottolineato il segretario del Pd - non c’è l’accordo di tutti. Noi vogliamo che il 25 maggio non si voti per le Province, è possibile se il Ddl Del Rio avrà in queste ore la svolta al Senato. Questo consentirà di avere delle Province di secondo livello con i Sindaci protagonisti".

Sul fronte delle Città Metropolitane, Renzi ha spiegato che della riforma "se ne parla da trent’anni, da venti sono state istituite" ma "sono una barzelletta, sono rimaste un oggetto misterioso", visto che non c’è stato alcun passaggio di poteri costituzionali/istituzionali.