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ITALIA

"Non ho parole, non me l'aspettavo"

Migranti: processo 'Xenia', ex sindaco di Riace Mimmo Lucano condannato a 13 anni e 2 mesi

Dovrà anche restituire 500 mila euro riguardo i finanziamenti ricevuti dall'Ue e dal Governo. L'arresto il 2 settembre 2016 nell'ambito dell'inchiesta su presunte irregolarità nella gestione del sistema d'accoglienza. Il procuratore di Locri: non sono soddisfatto di condanna così dura. Difensori: "Impugneremo la sentenza"

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Tredici anni e 2 mesi di reclusione. E' la pesante condanna inflitta dal Tribunale di Locri all'ex sindaco di Riace (Reggio Calabria) Domenico Lucano, al termine del processo "Xenia". Lucano dovrà anche restituire 500 mila euro riguardo i finanziamenti ricevuti dall'Unione europea e dal Governo. 

L'ex sindaco di Riace, noto per le politiche di accoglienza dei migranti che lo avevano reso famoso in tutto il mondo, era stato arrestato il 2 settembre 2016 nell'ambito di un'inchiesta della Guardia di Finanza in merito a presunte irregolarità nella gestione del sistema d'accoglienza dei migranti. Il Pm aveva chiesto 7 anni e 11 mesi di carcere. I reati contestati dalla Procura di Locri erano di associazione  per delinquere, abuso d'ufficio, truffa, concussione, peculato, turbativa d'asta, falsità ideologica e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.

Nel chiedere la condanna, il pubblico ministero di Locri nel corso della sua requisitoria aveva affermato che "a Riace comandava Lucano. Era lui il dominus assoluto, la vera finalità dei progetti di accoglienza a Riace era creare determinati sistemi clientelari. Lucano ha fatto tutto questo per un tornaconto politico-elettorale e lo si evince da diverse intercettazioni. Contava voti e persone. E chi non garantiva sostegno veniva allontanato".

Lucano era stato sottoposto ai domiciliari il 2 ottobre 2018 (e non il 2 settembre 2016) dai finanzieri del gruppo di Locri che avevano eseguito un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP del Tribunale della città calabrese con cui si disponeva anche il divieto di dimora per la sua compagna, Tesfahun Lemlem. Le indagini, coordinate e dirette dalla Procura della Repubblica di Locri, erano state avviate in merito alla gestione dei finanziamenti erogati dal ministero dell'Interno e dalla Prefettura di Reggio Calabria al Comune di Riace, per l'accoglienza dei rifugiati e dei richiedenti asilo politico.

Già dall'ottobre del 2017 Lucano era iscritto nel registro degli indagati.Nel corso dell'inchiesta, secondo gli inquirenti, erano emerse irregolarità che il primo cittadino avrebbe commesso nell'organizzare "matrimoni di convenienza" tra cittadini del posto e donne straniere, al fine di favorire illecitamente la permanenza di queste ultime nel territorio italiano. Lucano e la sua compagna avrebbero architettato degli espedienti volti ad aggirare la disciplina prevista dalle norme nazionali per ottenere l'ingresso in Italia. Dalle intercettazioni dei finanzieri, sarebbe emerso, in particolare, il ruolo di Lucano nell'organizzazione del matrimonio di una cittadina straniera cui era già stato negato per tre volte il permesso di soggiorno. 

La Guardia di Finanza avrebbe poi raccolto elementi circa l'affidamento diretto, definito "fraudolento", del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti senza le procedure di gara previste dal codice dei contratti pubblici. Due le cooperative sociali, la "Ecoriace" e L'Aquilone", che secondo l'accusa, il sindaco avrebbe favorito. Le due coop non avrebbero avuto i requisiti di legge richiesti per l'ottenimento del servizio pubblico, in quanto non iscritte nell'apposito albo regionale previsto dalla normativa di settore. Al riguardo, viene contestato a Lucano di aver prima tentato inutilmente di far ottenere l'iscrizione alle cooperative, poi avrebbe istituito un albo comunale delle cooperative sociali cui poter affidare direttamente lo svolgimento di servizi pubblici.

Per quanto riguarda la gestione dei flussi di denaro pubblico destinati alla gestione dell'accoglienza dei migranti, il Gip, pur rilevando una "tutt'altro che trasparente gestione, da parte del Comune di Riace e dei vari enti attuatori", delle risorse erogate per l'esecuzione dei progetti Sprar e Cas, e parlando di "estrema superficialità", e "diffuso malcostume", aveva negato la contestazione di reati specifici. Con il pronunciamento del Riesame, a Lucano erano stati revocati i domiciliari, ma era stato disposto il divieto di dimora a Riace. In conseguenza dell'arresto era stata disposta la sospensione dalla carica decisa dalla prefettura di Reggio Calabria. 

La reazione di Lucano: "Non so se per i delitti di mafia ci sono questo tipo di sentenze"
"Non ho parole, non me l'aspettavo. Ho speso la mia vita per rincorrere ideali contro le mafie. Ho fatto il sindaco, mi sono schierato dalla parte degli ultimi, dei rifugiati che sono arrivati. Mi sono immaginato di contribuire al riscatto della mia terra, contro le immagini negative. E' stata un'esperienza indimenticabile, fantastica. Però oggi devo prendere atto che è finito tutto. E' stata una cosa pesantissima, non so se per i delitti di mafia ci sono questo tipo di sentenze. Ora posso anche morire, non c'è pace nè giustizia". Così Domenico Lucano ha commentato la condanna che ha poi ringraziato i suoi avvocati e quanti gli sono stati vicini. 

Legali Lucano: "Impugneremo la sentenza"
"Non commentiamo la sentenza. L'unica cosa che posso dire é che la impugneremo". Lo ha detto l'avvocato Andrea Daqua, uno dei legali di Mimmo in merito alla sentenza con cui il Tribunale di Locri ha condannato l'ex sindaco.

Procuratore Locri: non sono soddisfatto di condanna così dura
"Non è che io sia soddisfatto di tutti questi anni che il tribunale ha comminato. Noi ci eravamo tenuti sui minimi di legge possibili, il tribunale gli ha dato ben di più", così al Giornale radio Rai il procuratore di Locri, Luigi d'Alessio, commenta la condanna all'ex sindaco, ben superiore alla richiesta della Procura. "Le sentenze non si commentano, bisogna leggere le motivazioni, ma evidentemente la nostra ricostruzione non era così folle", spiega d'Alessio e aggiunge: "Umanamente mi dispiace per Lucano, ma è stato riconosciuto l'impianto accusatorio". Su chi in passato ha criticato l'indagine dice: "Le sentenze e le imputazioni non si fanno con il consenso pubblico che si ha, c'è stata molta superficialità in queste valutazioni che mi sono portato sulle spalle".