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POLITICA

Maroni: prudenza prima di dire 'ne rimando 100mila a casa'

Migranti. Minniti: Salvini promette rimpatri? Finirà come nel 2001 con una sanatoria

"Nessuna espulsione è possibile senza una rete di rapporti internazionali. Affinché ci sia un Paese che espelle, ci deve essere un Paese che riaccoglie. Questa rete di rapporti non esiste", spiega l'ex ministro dell'Interno

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Le parole del neo ministro dell'Interno, Matteo Salvini sui migranti, stanno creando numerose polemiche. I rimpatri "furono un punto dirimente della campagna elettorale del centrodestra nel 2001. Finì con la più grande sanatoria della storia: circa 600mila clandestini divennero regolari - attacca l'ex ministro dell'Interno, Marco Minniti Più o meno lo stesso numero delle persone che ora si vorrebbero espellere". 

Minniti non dice che finirà necessariamente nello stesso modo, ma "nessuna espulsione è possibile senza una rete di rapporti internazionali. Affinché ci sia un Paese che espelle, ci deve essere un Paese che riaccoglie. Questa rete di rapporti non esiste".

Martina: Salvini spieghi come affronterà regole di Dublino
"Il ministro Salvini più che fare ancora propaganda spieghi come a Bruxelles intende muoversi anche a proposito della riforma del regolamento di Dublino". Così il segretario reggente del Partito  Democratico, Maurizio Martina. "Difenderà la ricollocazione obbligatoria dei richiedenti anche di fronte al governo ungherese di Orban oppure no? Vediamo se vengono prima gli interessi del nostro paese o quelli del populismo di governo che nulla vorrebbe cambiare", aggiunge Martina. 

Maroni: prudenza prima di dire 'ne rimando 100mila a casa'
"L'immigrazione è un tema complicato. Rimandare a casa i migranti non è così semplice. Devono essere rimandati nei Paesi di origine, non di provenienza. Con la Tunisia è facile, non con la Libia. Consiglierei prudenza, prima di dire 'ne rimandiamo a casa 100mila'". Roberto Maroni sa di cosa sta parlando e in un'intervista a Repubblica l'ex ministro dell'Interno invia una serie di consigli al suo successore, e compagno di partito, Matteo Salvini.

Chi siede al Viminale, osserva tra l'altro, "non deve fare grandi annunci e fare troppo il politico", motivo per cui, spiega, al neo ministro "ho posto il problema dell'opportunità di fare il ministro e, insieme, il segretario federale della Lega", visto che stare alla guida dell'Interno "vuol dire stare in ufficio dalle 9 del mattino alle 21 di sera". E soprattutto visto che "quel rango richiede una riservatezza che altri ruoli non richiedono", poichè il ministro dell'Interno "è  il responsabile unico della sicurezza nazionale, non può mettersi a fare proclami tutti i giorni, cosa che invece fara' Di Maio".

Meglio sarebbe stato tornare a votare, visto che "Di Maio ha già fatto pesare che ci sono dieci ministri loro e solo sei della Lega". "Temo - ragiona Maroni - che questo governo sia complicato da gestire e, soprattutto, che prevalgano temi cari ai 5 Stelle e non alla Lega. Non faccio il tifo perchè fallisca - chiarisce - e non partecipo alle chiamate alle armi, voglio che Salvini vinca la scommessa ma ho delle riserve. Il reddito di cittadinanza rende più poveri e nega la dignità alle persone".