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ITALIA

Roma

Mondo di mezzo, giudici: "Nessuna mafia autonoma-derivata"

Depositate oggi le 3.000 pagine di motivazioni della sentenza

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"Va detto che il tribunale non ha individuato, per i due gruppi criminali (quello costituito presso il distributore di Corso Francia e quello riguardante gli appalti pubblici ndr), alcuna mafiosità 'derivata' da altre, precedenti o concomitanti formazioni criminose". È quanto scrivono i giudici della X sezione penale nelle circa 3.000 pagine delle motivazioni della sentenza al processo al "Mondo di mezzo", depositate oggi. Per i giudici "le due associazioni" criminali "non sono caratterizzate neppure da mafiosità 'autonoma'". 

"Fatti accertati di estrema gravità"
"Non vi è dubbio che i fatti accertati siano di estrema gravità, intanto per il loro stesso numero, poi per essere stati i reati-fine realizzati in forma associata, con la costituzione delle due associazioni delle quali si è detto, ed infine per la durata stessa della condotta antigiuridica, che è proseguita nel tempo e che, con l'affinamento dei metodi di azione, ha creato le premesse per una permanente operatività, interrotta soltanto dalle indagini prima e dal processo poi". È quanto sottolineano nelle 3200 pagine di motivazioni della sentenza i giudici della decima sezione penale riguardo al processo cosiddetto 'Mafia Capitale'.

"Conclusioni obbligate"
Perché ci sia il metodo mafioso "devono sussistere tre requisiti, specifici, tutti e tre necessari ed essenziali": la forza d'intimidazione, l'assoggettamento e l'omertà. E l'articolo 416 bis del codice penale, così come concepito dal legislatore, richiede "l'attualità e la concreta operatività del metodo mafioso". Ebbene, la mafiosità cui più volte hanno fatto riferimento i pm della Procura di Roma nel processo al 'Mondo di Mezzo', "non è quella recepita dal legislatore nell'attuale formulazione della fattispecie di cui all'articolo 416 bis cp per la quale non è sufficiente il ricorso sistematico alla corruzione ed è invece necessaria l'adozione del metodo mafioso, inteso come esercizio della forza della intimidazione".

Lo scrivono i giudici della decima sezione penale del tribunale di Roma nelle motivazioni della sentenza con cui hanno fatto cadere il reato di associazione di stampo mafioso, infliggendo condanne per per singoli episodi di corruzione. "Conclusioni obbligate - si legge ancora -, quelle del tribunale (si tratta, peraltro, dello stesso collegio giudicante che nel 2015 riconobbe la mafiosità del clan Fasciani di Ostia), sia per la attuale formulazione dell'art. 416 bis cp, sia per l'impossibilità di interpretazioni talmente estensive di tale norma da trasformarsi - con violazione del principio di legalità - in vere e proprie innovazioni legislative, che rimangono riservate al legislatore".