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ITALIA

Depositate le motivazioni della sentenza

Inchiesta "Why Not", De Magistris "sapeva di violare la legge"

In 97 pagine di provvedimento il tribunale di Roma scrive le motivazioni della condanna di Luigi De Magistris, quando a Catanzaro era il pm dell'inchiesta 'Why not', e del consulente tecnico Gioacchino Genchi ad un anno e tre mesi di reclusione per abuso d'ufficio sull'acquisizione di utenze telefoniche di alcuni parlamentari

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Luigi De Magistris
Volevano conoscere il traffico telefonico dei parlamentari, tramite l'acquisizione dei tabulati: "un'attività illecita perché dolosamente inosservante della legge Boato", che impone l'obbligo di chiedere l'autorizzazione alla Camera di appartenenza. Ecco perché Luigi de Magistris, quando a Catanzaro era il pm dell'inchiesta 'Why not', e il suo consulente tecnico Gioacchino Genchi sono stati condannati a un anno e tre mesi di reclusione per abuso d'ufficio.

A due settimane dalla sentenza, i giudici della seconda sezione penale del tribunale di Roma spiegano, in 97 pagine di provvedimento, le ragioni della colpevolezza dell'ex magistrato, poi sospeso da sindaco di Napoli per l'applicazione della legge Severino all'indomani della sentenza, e dell'esperto informatico. 

La condanna era stata emessa il 24 settembre scorso e faceva riferimento all'epoca il cui il sindaco di Napoli era pubblico ministero a Catanzaro e titolare dell'inchiesta denominata "Why not". I tabulati dei parlamentari, secondo l'accusa acquisiti irregolarmente, erano quelli di Romano Prodi, Francesco Rutelli, Domenico Minniti, Antonio Gentile, Giancarlo Pittelli e Clemente Mastella.  

"L'obiettivo degli imputati non era quello investigativo consistente nell'espletamento delle indagini di polizia giudiziaria ma - disattendendo le norme che delle indagini disciplinano lo svolgimento e garantiscono la successiva utilizzabilità a fini processuali - era precipuamente quello di conoscere il traffico telefonico dei parlamentari tramite l'acquisizione dei tabulati: attività illecita perché dolosamente inosservante della legge Boato".

Le motivazioni della decisione che ha portato alla sospensione del primo cittadino partenopeo, sono state depositate in cancelleria e messe a disposizione delle parti. Rispetto all'accusa di abuso d'ufficio a parere del tribunale "risulta invero provato che gli imputati perseguirono come obiettivo primario quello d'accedere ai dati di traffico dei parlamentari coinvolti nell'indagine, noncuranti di divieti e guarentigie costituzionali: che li acquisirono in violazione delle norme di legge e nella consapevolezza di non potersene avvalere a fini processuali".