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ITALIA

Carceri e pandemia

Musumeci: "No al rientro di boss mafiosi in Sicilia"

"La Sicilia non può assolutamente correre il rischio che il ritorno a casa di alcuni boss, sia pure con tutte le restrizioni e i controlli del caso, riaccenda chissà quali dinamiche di potere all'interno delle organizzazioni" criminali" dice il Presidente della Regione Sicilia. Uspp: "Scarcerazioni boss choc a credibilità Stato". Antigone: "Polverone strumentale"

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Il presidente della regione Siciliana, Nello Musumeci, sin oppone al rientro in Sicilia dei boss mafiosi. "Esistono ragioni di sicurezza, di ordine pubblico e di buon senso per dire no al rientro di alcuni detenuti pericolosi nei luoghi dove vivevano e dove hanno commesso gravi reati. Ecco perché certe decisioni lasciano sbigottiti. E l'incredulità che provano alcuni magistrati, da sempre in prima linea, è la stessa che sta provando la gente comune". "Se proprio si rende necessario assegnare agli arresti domiciliari personaggi mafiosi di spessore, allo scopo di decongestionare le carceri in questo periodo di epidemia, si prendano assolutamente in considerazione soluzioni diverse", afferma Musumeci, riferendosi alle scarcerazioni di Bonura, Iannazzo, Sansone e, per ultimo, Zagaria.

Il presidente della Regione si è rivolto al Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte e ai ministri dell'Interno, Luciana Lamorgese, e della Giustizia, Alfonso Bonafede, "affinché si valutino misure alternative alla scarcerazione". Per Musumeci "la Sicilia è una terra che oltre ad avere pagato un altissimo tributo al potere mafioso, in termini di vite spezzate e di sviluppo negato, non può assolutamente correre il rischio che il ritorno a casa di alcuni boss, sia pure con tutte le restrizioni e i controlli del caso, riaccenda chissà quali dinamiche di potere all'interno delle organizzazioni
criminali".

Uspp: "Scarcerazioni boss choc a credibilità Stato"
"Lo schiaffo alle vittime dei reati è pari allo sgomento di chi ha indagato, arrestato, processato e, non ultimo tenuto in custodia come fatto dai valorosi uomini del Gom della Polizia penitenziaria, chi rappresenta un pericolo sociale: è interpretando il loro sgomento che riteniamo questa e le altre scarcerazioni, avvenute con la 'scusa' del rischio contagio, uno choc alla credibilità dello Stato perché è assurdo che strutture pubbliche come i penitenziari non possano avere ambienti e sanitari all'altezza di preservare la salute in special modo nel caso di detenuti più pericolosi e comunque anche del personale che vi opera". A sottolinearlo è l'Unione sindacati di Polizia penitenziaria (Uspp) dopo la concessione della detenzione domiciliare a Pasquale Zagaria, fratello del boss del clan dei Casalesi Michele Zagaria. "Se c'è un luogo detentivo e una modalità custodiale che minimizza il rischio contagio - aggiunge il sindacato in una nota - queste sono le sezioni e il regime 41 bis dove i soggetti ristretti sono in isolamento quasi totale e in celle singole, e, in casi come Sassari, neanche contigue tra loro e totalmente separate da altri padiglioni".

Antigone: "Su caso Zagaria polverone inaccettabile"
"Anche nel caso relativo alla concessione della detenzione domiciliare per motivi di salute a Pasquale Zagaria si sta creando un polverone strumentale e inaccettabile. La magistratura di sorveglianza deve poter svolgere il proprio lavoro in modo indipendente applicando la legge". Lo dichiara Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, ricordando che "la legge, a partire dalla nostra Costituzione, prevede che il diritto alla salute sia garantito ad ogni individuo (articolo 32) e che la pena non possa consistere in trattamenti contrari al senso di umanità (articolo 27). Disposizioni che valgono per tutti, senza eccezioni di sorta". 

Il presidente di Antigone, inoltre, torna a sottolineare che che "non c'e' alcun rischio di scarcerazione di massa di boss mafiosi, tanto che sempre ieri è stata negata la concessione di un provvedimento di detenzione domiciliare (che resta comunque una pena e non è un ritorno in libertà) a Nitto Santapaola: quello che fanno i magistrati è di valutare, caso per caso, e dietro il parere di medici, la compatibilità tra lo stato di salute di un detenuto e le possibilità che le patologie vengano curate al meglio all'interno degli istituti. E, solo laddove ciò non fosse possibile, vengono disposte misure alternative".