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MONDO

Ha 78 anni, era tornato in Australia nel 2017 per difendersi

Australia, pedofilia: il cardinale George Pell potrà ricorrere contro la condanna

Resta in carcere l'ex prefetto della Segreteria vaticana per l'Economia, anche se la Corte suprema australiana ammette l'appello del prelato, condannato a 6 anni per abusi su due tredicenni

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La Corte suprema australiana ha accolto il ricorso del cardinale George Pell, ex ministro delle Finanze del Vaticano, in carcere in Australia con l'accusa di avere molestato due coristi di 13 anni a Melbourne tra il 1996 e il 1997. "Tutti gli australiani hanno il diritto di fare ricorso alla Corte suprema. Il cardinale George Pell ha esercitato questo diritto e la Corte ha sentenziato che la condanna debba essere da lei considerata", ha osservato in una dichiarazione monsignor Marc Coleridge, presidente dei vescovi australiani.

"Sono innocente"
Pell si è sempre dichiarato innocente. Non è ancora stata decisa la data per l'udienza in appello. "Ciò prolungherà quello che è stato un processo lungo e difficile", ha osservato Coleridge in una dichiarazione riportata da Vatican News nella quale auspica che il caso venga riesaminato "nel tempo più breve possibile e che la sentenza della Corte suprema porti chiarezza e una soluzione per tutti".

Santa Sede prende atto della decisione
"La Santa Sede, nel confermare la propria fiducia nella giustizia australiana, prende atto della decisione dell'Alta Corte australiana di accogliere la richiesta di appello presentata dal cardinale George Pell, consapevole che il cardinale ha sempre affermato la propria innocenza". Così il portavoce vaticano, Matteo Bruni. "Nell'occasione, la Santa Sede ribadisce, ancora una volta, la propria vicinanza a quanti hanno sofferto a causa degli abusi da parte dei membri del clero".

L'appello
L'Alta Corte australiana ha deciso di ammettere l'appello del cardinale George Pell contro la condanna a sei anni di reclusione per abusi sessuali su minori comminatagli a marzo scorso dalla Corte d'appello dello stato di Victoria. La corte ha accettato che le ragioni degli avvocati del porporato per un appello e quelle della pubblica accusa vengano esposte davanti ai sette giudici che la compongono. Per i tempi, secondo i giornali australiani, la decisione non avverrà prima del prossimo anno avanzato, sia nel metodo che nel merito di tale appello.

Le ragioni di Pell
Dopo la condanna in primo grado, decisa a dicembre dell'anno scorso, gli avvocati di Pell avevano fatto appello contestando 13 ragioni per le quali gli abusi sessuali sui due chierichetti, che sarebbero avvenuti nel 1996 e nel 1997, quando il porporato era arcivescovo di Melbourne, sarebbero stati "fisicamente impossibili" da compiere, sia per quanto riguarda la cronologia, sia perché la violenza sessuale sarebbe avvenuta in sagrestia a conclusione di una messa affollata, sia per l'impossibilità fisica di compiere tale violenza con addosso i pesanti paramenti sacri della messa.

Favorevole un giudice su tre
Due giudici su tre che componevano il collegio giudicante, Anne Ferguson e Chris Maxwell, hanno respinto l'appello, mentre il giudice Mark Weinberg lo avrebbe accolto. Nel dispositivo di sentenza di oltre 300 pagine, pubblicato lo scorso agosto, si legge che il giudice Weinberg ha trovato che nella testimonianza della vittima ci fossero discrepanze tali da mettere in dubbio la colpevolezza di Pell e che, più in generale, le altre prove portate dalla vittime rendevano il suo racconto "impossibile da accettare". Tuttavia, ha spiegato il giudice Ferguson, "l'appello su base dell'irragionevolezza (dell'accusa, ndr) è stato respinto perché due di noi hanno un diverso punto di vista sui fatti".

Pell resta in carcere
Il cardinale, 78 anni, si trova ora in carcere. La libertà vigilata sarà possibile dopo tre anni e otto mesi, quando avrà 81 anni. Tornato a luglio del 2017 in Australia per difendersi in tribunale, dopo aver consultato il Papa che gli aveva concesso un "congedo", il cardinale, dal 24 febbraio del 2014 prefetto della Segreteria vaticana per l'Economia, è decaduto nel frattempo da quella carica, rimasta sinora vacante, come confermato a febbraio scorso dal Vaticano, allo scadere di un quinquennio, il 24 febbraio 2019.