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ECONOMIA

Pensioni, l'avvertimento di Boeri: la flessibilità potrebbe costare fino a 8,5 miliardi all'anno

Il presidente dell'Inps boccia anche l'ipotesi della 'quota 100': "È un ripristino del sistema di anzianità"

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Il meccanismo di flessibilità per le pensioni del disegno di legge Damiano e Baretta rischia di costare allo Stato fino a 8,5 miliardi di euro all'anno. A lanciare l'allarme è il presidente dell'Inps Tito Boeri. 

L'intervento del presidente suona come una condanna per l'ipotesi, contenuta nel ddl, di consentire il pensionamento a quei lavoratori che, a partire da 62 anni, abbiano alle spalle almeno 35 anni di contributi e una pensione 1,5 volte superiore all'assegno sociale, in cambio di una riduzione del 2% dell'importo per ogni anno di anticipo rispetto all'età normale di pensionamento.

Secondo Boeri il sistema pensionistico non potrebbe sopportare una norma di questo tipo perché il ddl prevede riduzioni "al di sotto di quelle che sarebbero necessarie per fare in modo che non gravino sul bilancio intertemporale del nostro sistema". In altre parole, non porterebbero benefici economici sufficienti per coprire i costi sostenuti nel periodo di applicazione della riforma. "Non sono costi neutri - ha affermato Boeri -. I disavanzi più ampi oggi non verranno compensati da costi più bassi in futuro".

Sotto la mannaia della critica del presidente dell'Inps è finito anche la cosiddetta "quota 100", cioè quella proposta che stabilisce che per andare in pensione senza riduzione si debba raggiungere la quota di 100 o 101 (a seconda che si sia lavoratori dipendenti o autonomi) nella somma degli anni dell'età anagrafica e dei contributi. Un meccanismo, dice Boeri, che "assomiglia al ripristino del sistema di anzianità, ma senza finestre" e che nel 2019  arriverebbe, se applicato, a costare 10,6 miliardi di euro.

Non si salvano nemmeno le proposte avanzate per ripristinare l'opzione donna e per estenderla anche agli uomini. Per quanto condivisibili, tali proposte, che stabiliscono l'accesso alla pensione dopo 35 anni di contributi e un minimo di 57 anni di età a fronte del calcolo della pensione effettuato per intero con il metodo contributivo, devono far fronte al pericolo di implicare criteri troppo selettivi. Per Boeri, infatti, il requisito di 35 anni nel caso delle carriere femminili è molto stringente e produrrebbe l'effetto di limitare troppo la platea dei possibili beneficiari.