MONDO
Yasser Arafat
Niente polonio, ma le indagini vanno avanti
Dopo i francesi anche gli esperti russi che hanno analizzato i resti del leader palestinese escludono l'ipotesi dell'avvelenamento: "La morte fu dovuta a cause naturali e non a radiazioni". L'Anp fa sapere che andrà comunque avanti con le indagini

Yasser Arafat non morì per avvelenamento da polonio, ma per cause naturali. E’ la conclusione a cui sono arrivati gli esperti russi che hanno esaminato i resti dello storico leader palestinese. I russi confermano, dunque, il parere già fornito dai loro colleghi francesi e al quale ora si sono accodati, facendo marcia indietro, anche gli svizzeri. L’Autorità Nazionale Palestinese, per bocca dell’ambasciatore a Mosca, ha comunque fatto sapere “che intende continuare ad indagare”.
"La morte fu dovuta a cause naturali e non a radiazioni", ha dichiarato in una conferenza stampa a Mosca Vladimir Uiba, capo dell'Agenzia federale medico-biologica russa, spiegando di non aver ricevuto richieste da parte palestinese per una ripetizione degli esami. "Abbiamo completato la valutazione e tutti concordano con noi, gli svizzeri hanno ritirato la loro esagerata dichiarazione iniziale e i francesi hanno confermato le nostre conclusioni", ha aggiunto.
Un equipe svizzera che aveva esaminato i resti di Arafat, aveva, infatti, inizialmente rilevato tracce di polonio 210, facendo ipotizzare un avvelenamento. Ipotesi che era circolata già all’indomani della morte del leader palestinese e che vedeva come principale sospettato dell’avvelenamento Israele.
I resti di Arafat, deceduto nel 2004, sono stati riesumati l'anno scorso e 60 campioni sono stati spediti ad esperti di Russia e Svizzera, oltre che a un team francese assoldato dalla vedova Suha, convinta che il marito sia stato ucciso. A inizio dicembre l'equipe francese aveva escluso l'avvelenamento.
L'Autorità nazionale palestinese non intende però arrendersi. "Posso solo dire che c'è già una decisione di proseguire nelle indagini", ha fatto sapere l'ambasciatore palestinese a Mosca, Faed Mustafa, "rispettiamo il parere degli esperti russi e giudichiamo prezioso il loro lavoro ma intendiamo continuare a indagare".
"La morte fu dovuta a cause naturali e non a radiazioni", ha dichiarato in una conferenza stampa a Mosca Vladimir Uiba, capo dell'Agenzia federale medico-biologica russa, spiegando di non aver ricevuto richieste da parte palestinese per una ripetizione degli esami. "Abbiamo completato la valutazione e tutti concordano con noi, gli svizzeri hanno ritirato la loro esagerata dichiarazione iniziale e i francesi hanno confermato le nostre conclusioni", ha aggiunto.
Un equipe svizzera che aveva esaminato i resti di Arafat, aveva, infatti, inizialmente rilevato tracce di polonio 210, facendo ipotizzare un avvelenamento. Ipotesi che era circolata già all’indomani della morte del leader palestinese e che vedeva come principale sospettato dell’avvelenamento Israele.
I resti di Arafat, deceduto nel 2004, sono stati riesumati l'anno scorso e 60 campioni sono stati spediti ad esperti di Russia e Svizzera, oltre che a un team francese assoldato dalla vedova Suha, convinta che il marito sia stato ucciso. A inizio dicembre l'equipe francese aveva escluso l'avvelenamento.
L'Autorità nazionale palestinese non intende però arrendersi. "Posso solo dire che c'è già una decisione di proseguire nelle indagini", ha fatto sapere l'ambasciatore palestinese a Mosca, Faed Mustafa, "rispettiamo il parere degli esperti russi e giudichiamo prezioso il loro lavoro ma intendiamo continuare a indagare".