POLITICA
Consulta
Porcellum, le motivazioni della Consulta
La Corte costituzionale ha depositato le motivazioni della sentenza con la quale il 4 dicembre dello scorso ha bocciato il Porcellum, sul premio di maggioranza e sulle liste bloccate
La Corte costituzionale ha depositato le motivazioni della sentenza con la quale il 4 dicembre dello scorso ha bocciato il Porcellum, sul premio di maggioranza e sulle liste bloccate. La sentenza è online sul sito della Consulta.
Sul premio di maggioranza "irragionevole", "alterazione della rappresentanza"
Sulla prima bocciatura, i 15 giudici della Consulta sottolineano: "Tali disposizioni (della legge elettorale, ndr) non subordinando l’attribuzione del premio di maggioranza al raggiungimento di una soglia minima di voti. Quindi, trasformando una maggioranza relativa di voti (potenzialmente anche molto modesta) in una maggioranza assoluta di seggi, determinerebbero irragionevolmente una oggettiva e grave alterazione della rappresentanza democratica". Possibili dunque altri premi di maggioranza, purchè non siano abnormi e prevedano adeguate soglie minime di voti.
La bocciatura delle liste bloccate: voto "né libero, né personale"
Quanto all'impossibilità per l'elettore "di esprimere alcuna preferenza", per la Consulta ciò rende il voto "sostanzialmente indiretto”. Cosa che trasforma il voto stesso "né libero, né personale", come prevede la Costituzione. Ciò trasforma quindi le elezioni "in un procedimento di mera ratifica dell’ordine di lista deciso dagli organi di partito, conferendo a costoro l’esclusivo potere non più di designazione di una serie di nomi da sottoporre singolarmente alla scelta diretta degli elettori, ma di nomina". Bocciate dunque le liste bloccate composte da molti nomi, ma ammesse quelle "corte", che "per effetto delle candidature multiple", permettono comunque al cittadino di sapere per chi vota.
"Prevale continuità organi dello Stato"
Quanto agli effetti della sentenza, per i giudici della Consulta "il principio fondamentale della continuità dello Stato non è un'astrazione. Dunque si realizza in concreto attraverso la continuità in particolare dei suoi organi costituzionali: di tutti gli organi costituzionali, a cominciare dal Parlamento" e tale principio prevale.
Discriminazione del voto su base geografica
I giudici rilevano anche che il premio di maggioranza "varia da Regione a Regione ed è maggiore nelle Regioni più grandi e popolose. Il peso del voto (che dovrebbe essere uguale e contare allo stesso modo ai fini della traduzione in seggi) sarebbe diverso a seconda della collocazione geografica dei cittadini elettori".
Sentenza ha effetti "sul nuovo voto"
Quanto agli effetti della sentenza, la Corte Costituzionale scrive che la sentenza li "produrrà esclusivamente in occasione di una nuova consultazione elettorale". La nuova consultazione si effettuerà "o secondo le regole contenute nella normativa che resta in vigore a seguito della presente decisione", oppure "secondo la nuova normativa elettorale eventualmente adottata dalle Camere".
Parola alla Camera
La decisione della Consulta arriva a due settimane dall'approdo in Parlamento della riforma della legge elettorale. Il testo sarà in Aula il 27 gennaio, dopo un'indagine conoscitiva in Commissione, con al centro le tre proposte avanzate dal leader del Pd, Renzi: modello spagnolo, Mattarellum modificato e legge dei sindaci.
Sul premio di maggioranza "irragionevole", "alterazione della rappresentanza"
Sulla prima bocciatura, i 15 giudici della Consulta sottolineano: "Tali disposizioni (della legge elettorale, ndr) non subordinando l’attribuzione del premio di maggioranza al raggiungimento di una soglia minima di voti. Quindi, trasformando una maggioranza relativa di voti (potenzialmente anche molto modesta) in una maggioranza assoluta di seggi, determinerebbero irragionevolmente una oggettiva e grave alterazione della rappresentanza democratica". Possibili dunque altri premi di maggioranza, purchè non siano abnormi e prevedano adeguate soglie minime di voti.
La bocciatura delle liste bloccate: voto "né libero, né personale"
Quanto all'impossibilità per l'elettore "di esprimere alcuna preferenza", per la Consulta ciò rende il voto "sostanzialmente indiretto”. Cosa che trasforma il voto stesso "né libero, né personale", come prevede la Costituzione. Ciò trasforma quindi le elezioni "in un procedimento di mera ratifica dell’ordine di lista deciso dagli organi di partito, conferendo a costoro l’esclusivo potere non più di designazione di una serie di nomi da sottoporre singolarmente alla scelta diretta degli elettori, ma di nomina". Bocciate dunque le liste bloccate composte da molti nomi, ma ammesse quelle "corte", che "per effetto delle candidature multiple", permettono comunque al cittadino di sapere per chi vota.
"Prevale continuità organi dello Stato"
Quanto agli effetti della sentenza, per i giudici della Consulta "il principio fondamentale della continuità dello Stato non è un'astrazione. Dunque si realizza in concreto attraverso la continuità in particolare dei suoi organi costituzionali: di tutti gli organi costituzionali, a cominciare dal Parlamento" e tale principio prevale.
Discriminazione del voto su base geografica
I giudici rilevano anche che il premio di maggioranza "varia da Regione a Regione ed è maggiore nelle Regioni più grandi e popolose. Il peso del voto (che dovrebbe essere uguale e contare allo stesso modo ai fini della traduzione in seggi) sarebbe diverso a seconda della collocazione geografica dei cittadini elettori".
Sentenza ha effetti "sul nuovo voto"
Quanto agli effetti della sentenza, la Corte Costituzionale scrive che la sentenza li "produrrà esclusivamente in occasione di una nuova consultazione elettorale". La nuova consultazione si effettuerà "o secondo le regole contenute nella normativa che resta in vigore a seguito della presente decisione", oppure "secondo la nuova normativa elettorale eventualmente adottata dalle Camere".
Parola alla Camera
La decisione della Consulta arriva a due settimane dall'approdo in Parlamento della riforma della legge elettorale. Il testo sarà in Aula il 27 gennaio, dopo un'indagine conoscitiva in Commissione, con al centro le tre proposte avanzate dal leader del Pd, Renzi: modello spagnolo, Mattarellum modificato e legge dei sindaci.