MONDO
1400 abitazioni in Cisgiordania e a Gerusalemme Est
Israele annuncia nuove case coloni
Lo ha reso noto la radio dei coloni. Il provvedimento era stato preannunciato dalla stampa all'inizio del mese: ma il premier Benyamin Netanyahu aveva poi ordinato un breve rinvio per non intralciare la spola di pace del segretario di Stato Usa John Kerry, allora in corso

Un altro colpo alle traballanti trattative di pace tra israeliani e palestinesi. Ad infliggerlo é la decisione di Israele, già annunciata da tempo, di pubblicare i bandi di appalto per 1400 nuove case in insediamenti: 600 a Gerusalemme est e 800 in Cisgiordania.
Dura reazione dei palestinesi
Una mossa che ha subito suscitato la dura reazione dei palestinesi: Saeb Erekat, capo negoziatore dell'Olp nei colloqui, l'ha definita un "messaggio" al segretario di Stato Usa John Kerry, una forma di sabotaggio contro i "suoi sforzi per la pace". "Il progetto di nuove costruzioni - ha denunciato Erekat - é un messaggio del premier Netanyahu a Kerry a non tornare nella regione per proseguire i suoi sforzi nei negoziati tra Israele e palestinesi".
Le proteste dell'Olp
Ma non é solo l'Autorità nazionale palestinese (Anp) a protestare. Anche il leader centrista di 'Yesh Atid' e ministro delle finanze israeliano Yair Lapid, perno della coalizione che sorregge Netanyahu, ha alzato la voce prendendo le distanze dalla decisione del ministero dell'edilizia. "Gli appalti pubblicati - ha sibilato - sono solo dichiarazioni di intenti, sono privi di contenuto. Una idea cattiva". Poi ha annunciato che il suo partito farà "il possibile" affinché questo progetto "non venga realizzato".
Nuova mina per il processo di pace
Comunque sia, l'annuncio appare una nuova mina contro il lavorio diplomatico di Kerry - alimentato da un incessante andirivieni nella regione - che a fine gennaio dovrebbe presentare in forma ufficiale alle parti la bozza di un accordo quadro su un ipotetico accordo.
Ostacolo Gerusalemme
Quella delle nuove case non sembra però l'unico ostacolo in campo: c'è anche Gerusalemme. Secondo alte fonti israeliane citate Haaretz, Netanyahu avrebbe detto chiaro e tondo ai ministri del Likud (il suo partito, cardine della destra tradizionale nel Paese) che non accetterà alcun compromesso su Gerusalemme che il governo israeliano considera "capitale eterna, unica e indivisibile" dello Stato ebraico. Il premier avrebbe insistito di non essere disposto a un'intesa che menzioni, anche in modo generale, la creazione di una capitale palestinese in qualsiasi area di Gerusalemme. Anche a costo - avrebbe aggiunto - di vanificare i colloqui stessi.
Irritazione all'Onu
Da New York, il segretario generale dell'Onu non ha nascosto l'allarme e l'irritazione per questi sviluppi: la politica del governo Netanyahu sugli insediamenti in Cisgiordania e su Gerusalemme est - ha ammonito - "non è solo illegale, ma rappresenta anche un ostacolo alla pace". I segnali negativi che trapelano dalle trattative - sulle quali Kerry ha imposto alle parti uno stretto riserbo - sembrano intanto riflettersi sulle aspettative degli israeliani: scettici - al pari dei palestinesi - su un eventuale esito positivo.
Scettici sia israeliani che palestinesi
Sondaggi condotti dai quotidiani Maariv e Israel ha-Yom indicano che otto israeliani su 10 sono persuasi che Kerry non riuscira' a definire un accordo. Sette su 10, inoltre, si oppongono a un ritiro di Israele dalla valle del Giordano, altro nodo dei colloqui e condizione irrinunciabile per i palestinesi. Mentre lo stesso Kerry, tentando di apparire equidistante, non risulta gradito a molti israeliani: stando a Israel ha-Yom, fortemente schierato a destra, per il 53,4% del campione il segretario di Stato di Barack Obama non sarebbe "un mediatore onesto". In controtendenza - e a sorpresa secondo i media di Israele - fa tuttavia capolino l'opinione del ministero degli esteri ultranazionalista Avigdor Lieberman, da poco tornato alla guida della diplomazia israeliana e da sempre considerato un 'falco': in un'intervista al Daily Telegraph, Lieberman ha provato questa volta a sfumare i toni. Quella di Kerry - ha tagliato corto - "è la migliore proposta possibile e noi apprezziamo veramente i suoi sforzi". Vedremo se basteranno.
Dura reazione dei palestinesi
Una mossa che ha subito suscitato la dura reazione dei palestinesi: Saeb Erekat, capo negoziatore dell'Olp nei colloqui, l'ha definita un "messaggio" al segretario di Stato Usa John Kerry, una forma di sabotaggio contro i "suoi sforzi per la pace". "Il progetto di nuove costruzioni - ha denunciato Erekat - é un messaggio del premier Netanyahu a Kerry a non tornare nella regione per proseguire i suoi sforzi nei negoziati tra Israele e palestinesi".
Le proteste dell'Olp
Ma non é solo l'Autorità nazionale palestinese (Anp) a protestare. Anche il leader centrista di 'Yesh Atid' e ministro delle finanze israeliano Yair Lapid, perno della coalizione che sorregge Netanyahu, ha alzato la voce prendendo le distanze dalla decisione del ministero dell'edilizia. "Gli appalti pubblicati - ha sibilato - sono solo dichiarazioni di intenti, sono privi di contenuto. Una idea cattiva". Poi ha annunciato che il suo partito farà "il possibile" affinché questo progetto "non venga realizzato".
Nuova mina per il processo di pace
Comunque sia, l'annuncio appare una nuova mina contro il lavorio diplomatico di Kerry - alimentato da un incessante andirivieni nella regione - che a fine gennaio dovrebbe presentare in forma ufficiale alle parti la bozza di un accordo quadro su un ipotetico accordo.
Ostacolo Gerusalemme
Quella delle nuove case non sembra però l'unico ostacolo in campo: c'è anche Gerusalemme. Secondo alte fonti israeliane citate Haaretz, Netanyahu avrebbe detto chiaro e tondo ai ministri del Likud (il suo partito, cardine della destra tradizionale nel Paese) che non accetterà alcun compromesso su Gerusalemme che il governo israeliano considera "capitale eterna, unica e indivisibile" dello Stato ebraico. Il premier avrebbe insistito di non essere disposto a un'intesa che menzioni, anche in modo generale, la creazione di una capitale palestinese in qualsiasi area di Gerusalemme. Anche a costo - avrebbe aggiunto - di vanificare i colloqui stessi.
Irritazione all'Onu
Da New York, il segretario generale dell'Onu non ha nascosto l'allarme e l'irritazione per questi sviluppi: la politica del governo Netanyahu sugli insediamenti in Cisgiordania e su Gerusalemme est - ha ammonito - "non è solo illegale, ma rappresenta anche un ostacolo alla pace". I segnali negativi che trapelano dalle trattative - sulle quali Kerry ha imposto alle parti uno stretto riserbo - sembrano intanto riflettersi sulle aspettative degli israeliani: scettici - al pari dei palestinesi - su un eventuale esito positivo.
Scettici sia israeliani che palestinesi
Sondaggi condotti dai quotidiani Maariv e Israel ha-Yom indicano che otto israeliani su 10 sono persuasi che Kerry non riuscira' a definire un accordo. Sette su 10, inoltre, si oppongono a un ritiro di Israele dalla valle del Giordano, altro nodo dei colloqui e condizione irrinunciabile per i palestinesi. Mentre lo stesso Kerry, tentando di apparire equidistante, non risulta gradito a molti israeliani: stando a Israel ha-Yom, fortemente schierato a destra, per il 53,4% del campione il segretario di Stato di Barack Obama non sarebbe "un mediatore onesto". In controtendenza - e a sorpresa secondo i media di Israele - fa tuttavia capolino l'opinione del ministero degli esteri ultranazionalista Avigdor Lieberman, da poco tornato alla guida della diplomazia israeliana e da sempre considerato un 'falco': in un'intervista al Daily Telegraph, Lieberman ha provato questa volta a sfumare i toni. Quella di Kerry - ha tagliato corto - "è la migliore proposta possibile e noi apprezziamo veramente i suoi sforzi". Vedremo se basteranno.