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Coronavirus

Le proposte per la stretta

Cabina di regia favorevole al super green pass anche in zona bianca

Prima la Cabina di regia, poi il confronto con le regioni, infine la decisione del governo nel Consiglio dei ministri. Le verifiche alle frontiere per chi arriva dai paesi più in difficoltà scatterebbero solo in seguito a una decisione dell'Ue. Ridotta a 5 mesi la durata dell'intervallo tra seconda e terza dose

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Al via, come da previsioni, la cabina di regia, poi l'incontro con le Regioni e, nel pomeriggio, il Consiglio dei ministri sulle misure anti-Covid da mettere in campo per contrastare la quarta ondata. La Cabina di regia, secondo alcune fonti, sarebbe favorevole al cosiddetto "super green pass", ovvero all'applicazione di eventuali misure restrittive solo ai non vaccinati anche in zona bianca.

La nuova stretta
Al provvedimento stanno lavorando i tecnici di palazzo Chigi e dei ministeri interessati, con diverse misure e livelli d'intervento. La posizione delle regioni è che, in caso di un peggioramento della situazione con l'aumento dei contagi e dei ricoveri, non bisogna chiudere di nuovo il paese e non va punito chi si è vaccinato.

Per dare certezze alle categorie produttive e all'economia, andrebbe introdotto un doppio binario per il green pass: un certificato che consentirebbe a chi si è immunizzato di continuare a usufruire di ogni attività sociale e ricreativa e un altro per chi ha scelto di non vaccinarsi, che permetterebbe solo l'accesso ai luoghi di lavoro e ai servizi essenziali.

Su quali siano le condizioni in cui scatta il "super green pass" la posizione dei presidenti non è però unanime. Alcuni di loro hanno chiesto che le limitazioni per i non vaccinati, con il divieto di entrare in ristoranti, cinema, teatri, palestre, piscine, stadi, siano operative già in zona bianca. Altri invece spingono affinché le misure scattino dalla zona gialla o arancione, dove sono previste alcune limitazioni.

I presidenti delle regioni più esposte, dalla Liguria al Friuli Venezia Giulia, fino al Veneto, hanno chiesto al governo anche il ripristino dei controlli alle frontiere, con i tamponi agli aeroporti e le verifiche su chi arriva dai paesi più in difficoltà, per arginare l'ondata di contagi che arriva soprattutto dall'Est Europa. Fonti ministeriali hanno sostenuto però che un'eventuale intervento in questo senso scatterebbe solo in seguito a una decisione dell'Ue.

Una scelta è invece già stata fatta dal governo ed è la riduzione da 6 a 5 mesi dell'intervallo tra la conclusione del ciclo vaccinale e la terza dose. La circolare che stabilisce l'anticipo è stata firmata oggi, martedì, dal direttore della prevenzione del ministero della Salute, Gianni Rezza: "L'intervallo minimo previsto per la somministrazione della dose booster (di richiamo) con vaccino a m-rna alle categorie per cui è già raccomandata (inclusi tutti i soggetti vaccinati con unica dose di vaccino Janssen) e nei dosaggi autorizzati - si legge - è aggiornato a cinque mesi (150 giorni) dal completamento del ciclo primario di vaccinazione, indipendentemente dal vaccino precedentemente utilizzato".

Tra i provvedimenti annunciati e dati per certi, c'è anche la riduzione della durata del green pass, che passerà da 12 a 9 mesi, anche se alcuni nella comunità scientifica spingono per una durata di 6 mesi. Su questo il comitato tecnico scientifico dovrebbe esprimere un parere, ma già ad agosto, quando aveva portato la durata ad un anno, gli esperti avevano sottolineato che "la valutazione...potrà essere in futuro, eventualmente, rivista qualora emergano nuovi dati o siano pubblicati studi scientifici che orientino verso diversa conclusione".

Altra misura che non dovrebbe trovare ostacoli è l'obbligo della terza dose per i sanitari e il personale delle Rsa. Tra gli esperti si discute anche della possibilità che l'obbligo sia esteso ad altre categorie, in particolare quelle più esposte al contatto con il pubblico: forze di polizia, dipendenti della pubblica amministrazione, professori.

Dibattito aperto anche sulla validità della durata dei tamponi. Tra la comunità scientifica c'è chi sostiene che debba essere ridotta poiché i risultati non garantiscono il 100% di attendibilità: da 48 a 24 ore per i test antigenici e da 72 a 48 ore per quelli molecolari.