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EUROPA

Europa, qualcosa si muove

​Un'altra nottata di trattative a Bruxelles sul Recovery Fund e il bilancio pluriennale della Ue. Si incrina il fronte dei paesi 'frugali', verso un accordo su 375 miliardi di aiuti. Michel ai leader: "Non presentiamo volto di una europa debole". Conte: "Recovery non sia strumento battaglie ideologica"

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Tre giorni e tre notti di negoziati e ancora i capi di stato e di governo dell'Unione Europea non sono riusciti a vincere la resistenza di Mark Rutte sulle dimensioni del Recovery plan. Ieri, al termine di una lunga giornata di bilaterali, riunioni ristrette e mini-summit, i 27 si sono seduti al tavolo della plenaria intorno alle 19,30. Poche ore dopo il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha sospeso i lavori per una pausa che doveva durare 45 minuti, ma che è ripresa solo dopo le 4 del mattino.

Nel corso della riunione plenaria serale Michel ha lanciato al gruppo dei frugali - Olanda, Austria, Danimarca, Svezia  Finlandia - un accorato appello affinché si arrivi a un'intesa che dimostri l'unità e la forza dell'unione nell'affrontare una crisi così difficile. "Oggi sono stati superati 600 mila morti nel mondo" a causa della pandemia, "siamo di fronte a una crisi senza precedenti. La domanda mia domanda è questa: i 27 leader sono in grado di costruire unità e fiducia nell'Europa? O presenteremo il volto di un'Europa debole e indebolita dalla sfiducia?". Così il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. 

Il presidente del Consiglio europeo ha presentato ai leader una nuova proposta negoziale che prevede che il Recovery fund mantenga la cifra complessiva di 750 miliardi di euro, aggiustando però la composizione dei finanziamenti tra prestiti e sovvenzioni per venire incontro alle proposte dei frugali. Secondo la proposta Michel, 400 miliardi sarebbero erogati come sovvenzioni e 350 miliardi sotto forma di prestiti. 

Ma i frugali si sono mostrati fermi sulle loro posizioni chiedendo che gli aiuti scendano ancora a 350 miliardi, così come i prestiti. Richieste che sarebbero state giudicate inaccettabili da tutti gli altri 22 partner. Olanda, Austria, Danimarca e Svezia hanno inoltre chiesto che i loro rimborsi vengano portati a 25 miliardi.

Sono giorni che si continua a trattare al ribasso, "intervenendo a ridurre l'ammontare, a compromettere l'efficacia, a frapporre vari ostacoli operativi" inizia a venire il sospetto che "non si voglia rendere effettivo uno strumento che è nell'interesse di tutti che funzioni". Cosi il presidente del Consiglio Giuseppe Conte nel suo intervento alla cena. "Questa negoziazione volta ad abbassare il livello di efficacia della reazione europea non ha senso", ha proseguito. "I grants sono necessari a una pronta ripresa per rafforzare la resilienza dei Paesi che hanno più difficoltà nella crescita economica". "Il Recovery Plan non può diventare uno strumento per condurre battaglie ideologiche" ha concluso.

Ma in tarda serata si è aperta una crepa anche nel fronte dei rigoristi. Fonti europee hanno fatto sapere che mentre Austria e Olanda restano ferme sulla loro posizione, Danimarca e Svezia sarebbero pronte ad avvicinarsi alla proposta Michel. Proposta sostenuta da tutti gli altri 22 leader europei, a cominciare da Angela Merkel e Emmanuel Macron, oltre che da Italia e Spagna. Si ragiona su una cifra di compromesso di 375 miliardi di euro di sovvenzioni, ma al momento, spiegano fonti italiane, la richiesta della maggioranza dei paesi membri è quella di di attribuire al Fondo per la ripresa 400 miliardi di sovvenzioni. 

Secondo fonti europee se si arrivasse all'accordo sul volume e la composizione del fondo sarebbe possibile arrivare all'accordo anche sulla questione della governance dei piani nazionali di riforma, (ci sarebbe l'accordo sul fatto che i piani nazionali vengano esaminati e votati dall'Ecofin a maggioranza e non all'unanimità come chiedono i frugali), anche se resta ancora da decidere come gestire il successivo passaggio dei piani nazionali al Consiglio europeo. 

Ieri è intervenuta anche la presidente della Bce Christine Lagarde sottolineando quanto, secondo lei, sia "meglio un accordo ambizioso che rapido". Un segnale lanciato anche ai mercati per calmierare possibili tensioni che potrebbero essere innescate dall'assenza di un'intesa stanotte al Consiglio europeo.