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POLITICA

Il Cavaliere: esito non cancella necessità di una riforma

Referendum. Berlusconi: stop a primarie, ma 'no' rottura con Salvini

 "Il Pd ha un'ampia maggioranza in Parlamento" - spiega il Cavaliere - e quindi spetta al partito democratico "formare un governo per mettere in sicurezza la manovra e varare la legge elettorale"

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Silvio Berlusconi non ci mette alcun carico sulla sconfitta di Renzi al referendum. In una nota sottolinea come si sia scongiurato il pericolo di "un uomo solo al comando" ma non fa alcun accenno alle sorti del premier. Dice però che "il Pd ha un'ampia maggioranza in Parlamento" e quindi spetta al partito democratico "formare un governo per mettere in sicurezza la manovra e varare la legge elettorale". 

Il Cavaliere resta ad Arcore, oggi a pranzo vedrà i vertici del partito e forse tornerà nel pomeriggio a Roma, anche per prepararsi alle consultazioni al Colle: sarà lui a guidare la delegazione, "abbiamo fiducia nel ruolo di garante del Capo dello Stato", osserva, "vigilerà certamente su questa fase delicata con equilibrio e imparzialità e individuerà la soluzione più corretta per assicurare agli italiani in tempi brevi la possibilità di votare". Berlusconi vuole capire chi sarà a guidare la transizione e come si evolverà il confronto nel Pd. Il Cavaliere punta dritto sulla legge elettorale e ribadisce di essere disponibile ad un tavolo, anche con il segretario dem, sul proporzionale. Con la legge proporzionale saremo più liberi e decisivi, potremmo dettare condizioni, ha ribadito ai suoi. L'obiettivo è tornare al centro del ring ma con Salvini si è definito un percorso comune che arriva perlomeno al pronunciamento della Consulta sull'Italicum. Fino ad allora il premier e il segretario del Carroccio non si divideranno: ovvero resta il no ad un governo di scopo. Non appoggeremo alcun esecutivo tecnico, ha sottolineato oggi con i 'big' del Pd.

In realtà tra i dirigenti azzurri c'è il timore che l'ex premier possa agire da solo e intavolare un accordo con il Pd sul sistema di voto senza tener conto degli orientamenti dei gruppi. Non per altro questa mattina si sono visti alla Camera Toti, Brunetta e gli esponenti dell'ala 'barricadera' del partito. La consapevolezza tra i cosiddetti 'trumpisti' del centrodestra è che il Cavaliere possa giocare a logorare gli altri 'competitor' della coalizione e intestarsi una partita in proprio. Oggi Salvini riunirà i gruppi parlamentari e la vecchia guardia gli chiederà di cercare un accordo con FI sulla legge elettorale per andare poi al voto, così come invoca sia il segretario del partito di via Bellerio che Giorgia Meloni. I due leader di Lega e Fdi intendono accelerare sulle primarie. L'iniziativa di Salvini al Politeama di Palermo il 17 dicembre viene interpretata come il 'battesimo' della cosiddetta 'Lega Italia' e il primo rilancio sul tema della competizione interna per la futura leaderhip.

Contemporaneamente Fitto terrà un'iniziativa anche a Roma, ma il Cavaliere ha impartito un diktat al partito: nessuno parli di primarie, chi lo fa si mette fuori dal perimetro di Forza Italia. Il ragionamento è sempre lo stesso: se si andasse sulla proporzionale è inutile puntare sulle primarie, ma non è escluso che nel dialogo in corso tra Berlusconi e Salvini (si sono sentiti anche oggi) possano avvicinarsi le posizioni anche su questo tema, perlomeno sui tempi.

Il Cavaliere: esito non cancella necessità di una riforma
"L'esito referendario naturalmente non cancella anzi rafforza la necessità della quale abbiamo parlato tante volte nelle scorse settimane, di una diversa riforma costituzionale, una riforma condivisa e non lacerante per gli italiani" sostiene inoltre il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi.

"La riforma - aggiunge - della quale l'Italia ha bisogno davvero, deve comprendere alcuni principi che consideriamo fondamentali: 1) Un limite costituzionale alla pressione fiscale, che nessun governo possa superare. 2) Il vincolo di mandato ai parlamentari. Non è consentito tradire il mandato degli elettori: chi non se la sente di stare nel partito in cui è stato eletto deve dimettersi. 3) Diminuzione vera del numero dei parlamentari che devono essere ridotti di più della metà: 300 deputati invece degli attuali 630 e 150 Senatori invece degli attuali 315. 4) Elezione diretta del capo dello Stato: il massimo vertice delle istituzioni deve essere scelto dai cittadini, non dai partiti".