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ITALIA

Maxiprocesso a Rebibbia

Mafia Capitale, quarta udienza nell'aula bunker di Rebibbia

E' ripresa alle 14, nell'aula bunker di Rebibbia, a Roma, la quarta udienza del processo Mafia Capitale, iniziata alle 9,30 con la discussione delle eccezioni preliminari. 
Presenti in aula alcuni dei 46 imputati. Per motivi di sicurezza, si sono collegati in videoconferenza Carminati, Buzzi, Brugia e Testa. 

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E' iniziato alle 9.30 nell'aula bunker di Rebibbia il maxi processo a 'Mafia capitale'. Presenti in aula, davanti alla decima sezione penale del Tribunale presieduta da Rosanna Ianniello, alcuni dei 46 imputati. Collegati in videoconferenza Massimo
Carminati, il 'ras' delle cooperative Salvatore Buzzi, l'ex Nar Roberto Brugia e Fabrizio Franco Testa. Un provvedimento preso per motivi di sicurezza: Carminati in collegamento dal carcere di Parma dove è detenuto al regime del 41bis, Buzzi da quello di Tolmezzo, Brugia da Terni e Testa dal carcere di Secondigliano. Dopo una pausa il maxiprocesso è ricominciato alle 14.

Dirigente resta ai domiciliari
Il Tribunale del riesame ha confermato gli arresti domiciliari per la 50enne Clelia Logorelli, dirigente di Eur Spa, ora sospesa, finita in manette il 30 ottobre scorso per corruzione nell'ambito di uno dei capitoli di indagine legati a 'Mafia Capitale'.

Secondo la Procura, la donna, nella veste di dirigente preposto al Settore verde di Eur spa, responsabile del Servizio Parchi, avrebbe compiuto, tra il 2013 e il 2014, "atti contrari ai doveri di ufficio" ricevendo in cambio 2500 euro di stipendio mensile.
Il denaro sarebbe stato consegnato dal presidente della cooperativa '29 giugno' Salvatore Buzzi, tramite un suo stretto collaboratore.

Nel bocciare l'istanza di revoca della misura cautelare avanzata dalla difesa, il tribunale del riesame ha spiegato che la Logorelli "ha dimostrato di avere una particolare propensione a delinquere rinunciando totalmente all'utilizzo delle propria discrezionalità nell'interesse della collettività ponendola a servizio dei privati dei quali era a libro paga" e ricevendo di fatto "per un lungo periodo di tempo, un vero e proprio stipendio 'parallelo' a quello corrisposto dall'amministrazione" e non può tornare in libertà perché "la determinazione delinquenziale dimostrata rende particolarmente attuale il pericolo che possa continuare a svolgere la propria infedele opera professionale anche se non in servizio". 

Continua il maxipreocesso
Il 18 novembre, nel corso dell'udienza nell'aula bunker del carcere romano di Rebibbia si è discusso sull'ammissione delle parti civili - 54 in tutto per circa 150 soggetti. Tra questi anche quelle dei 37 rom del campo di Castel Romano venuti fini a Rebibbia per perorare la loro causa. Alla fine i giudici ne hanno ammesso solo alcune, tra le altre comune di Roma, Regione Lazio, ministero degli Interni e ancora Ama, Pd Lazio e Libera. Rigettate invece le richieste di M5s, Confindustria, Legambiente, Codacons e anche quella dei 37 rom di Castel Romano.  

Sistema gelatinoso
Il sistema di Mafia Capitale è "un sistema gelatinoso" dove il tradizionale rapporto fra corrotto e corruttore "è completamente saltato", in una logica "in cui i soggetti venivano pagati a prescindere dagli atti", e quindi "è interessante per capire come funziona oggi la corruzione", ha detto Raffaele Cantone, presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione, nel corso di un convegno all'Università di Firenze.
   
"In quella indagine - ha detto Cantone - ci sono cose devastanti, consiglieri comunali allevati come polli da batteria, vengono fatti eleggere e si fa far loro carriera, partecipano spesso alle primarie di un partito e le vincono pure, tutto grazie a un sistema organizzato in cui c'è un meccanismo di disponibilità rispetto al sistema che assomiglia a quello dei mafiosi".