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ITALIA

Rigopiano, la lettera del generale suicida: "Quelle vittime mi pesano come un macigno"

Conti aveva 58 anni e poche settimane fa era andato in pensione. Recentemente si era legato ad una multinazionale che opera nel settore petrolifero in Val d'Agri, in Basilicata. Come comandante provinciale della guardia forestale a Pescara aveva legato il suo nome all'inchiesta sulla mega discarica dei veleni di Bussi 

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"Da quando è accaduta la tragedia di Rigopiano la mia vita è cambiata. Quelle vittime mi pesano come un macigno. Perchè tra i tanti atti, ci sono anche prescrizioni a mia firma".  E' questo il contenuto della lettera, anticipato dall'Adnkronos, che il generale dei Carabinieri forestali in congedo scrive alla famiglia.  Conti entra poi nel merito, specificando: "Non per  l'albergo, di cui non so nulla, ma per l'edificazione del centro benessere, dove solo poi appresi non esserci state vittime. Ma ciò non leniva il mio dolore. Pur sapendo e realizzando che il mio scritto era ininfluente ai fini della pratica autorizzativa mi sono sempre postio la domanda: Potevo fare di più?". Conti conclude il drammatico testo indirizzandosi alla famiglia con espressioni di fortissimo affetto.

Si  ucciso con un colpo alla tempia destra esploso con una pistola calibro 9 a poca distanza dall'auto con cui era arrivato alle pendici del monte Morrone. Ormai  è certo che l'ex generale dei Carabinieri forestali Guido Conti, trovato morto a Sulmona, si è suicidato. Sono tanti i particolari raccolti dagli investigatori, i Carabinieri dell'Aquila, sia sul luogo della tragedia che dalle testimonianze rese da familiari e amici. Anche la decisione di oscurare il profilo social, già da ieri, era parso un chiaro segnale premonitore.  Proprio sul suo profilo Facebook era tra l'altro pubblicata una missiva, risalente al novembre 2016 e indirizzata all'ex premier Matteo Renzi, in cui il generale difendeva il Corpo forestale contro l'accorpamento nell'Arma deciso dal Governo. Un intervento contro "lo scioglimento di una istituzione benemerita bisecolare e carica solo di dignità, abnegazione ed efficienza", rispetto al quale - scriveva Conti - "mio Padre (pure lui un forestale, ndr)  è morto due volte. Ed insieme a lui decine di migliaia di uomini che nella nostra Missione, perché tale è lo spirito che ci anima, hanno creduto e credono. E questo non posso permetterlo. Senza battermi fino in fondo".    

Guido Conti, che a quanto si  è potuto apprendere si era dimesso dalla multinazionale del petrolio della Val d'Agri in Basilicata,  è uscito di casa, in via Battisti, venerdì mattina verso le 9.30, dicendo alla moglie che sarebbe rientrato ad ora di pranzo. Salito sulla Smart utilizzata dalle figlie si è recato ad una tabaccheria in via De Nino, dove ha acquistato tre fogli e buste da lettera ed un francobollo, per poi risalire in macchina e fermarsi in qualche posto dove ha scritto i suoi ultimi messaggi. Al momento sono state trovate una lettera alla famiglia e una alla sorella.  Mancherebbe infatti la terza lettera affrancata e spedita ad una destinazione che per il momento  sconosciuta. Conti è poi risalito in auto, dirigendosi sulla strada verso il Morrone. Una scelta anche questa non casuale. Da sempre il generale amava fare lunghe passeggiate lungo la provinciale che da Sulmona sale verso Pacentro, chiusa da due anni e mezzo, in seguito ad una frana del marzo 2015. Percorsi cinque tornanti Conti ha parcheggiato l'auto in una piazzola che costeggia la provinciale è sceso  e si è ucciso.  Il caso ha voluto che a trovarlo siano stati due forestali, che avevano lavorato con Conti a Sulmona. Subito  è scattato il protocollo previsto in questi casi: l'area  è stata circoscritta e sul posto sono intervenuti i Carabinieri e poco dopo il sostituto procuratore Aura Scarsella. L'auto  è stata posta sotto sequestro, così come la pistola e le lettere indirizzate ai familiari. 

Conti aveva 58 anni e poche settimane fa era andato in pensione.  Recentemente si era legato ad una multinazionale che opera nel settore petrolifero in Val d'Agri, in Basilicata. Come comandante provinciale della guardia forestale a Pescara aveva legato il suo nome all'inchiesta sulla mega discarica dei veleni di Bussi (Pescara) culminata nel processo che ha poi condannato ex dirigenti della Montedison per reati ambientali. Dopo questa importante inchiesta aveva guidato per anni il corpo forestale in Umbria, dove aveva raggiunto il grado di generale.