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ITALIA

Le parole dalla casa di reclusione di Opera

Intercettazioni dal carcere, Riina: "A Dalla Chiesa diamogli il benvenuto"

Continuano le rivelazioni nelle conversazioni depositate. Nei dialoghi con Alberto Lorusso, il Capo dei Capi ironizza sulle tesi che vedono dietro al delitto il coinvolgimento di soggetti estranei a Cosa nostra. Intanto la Cassazione conferma l'ergastolo a Riina junior

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Totò Riina
Milano
Nuove questioni emergono dalle intercettazioni tra il boss mafioso Totò Riina e quello della Sacra Corona Unita, Alberto Lorusso. Due giorni fa si era appreso, grazie alle conversazioni depositate, delle intenzioni del boss di Corleone nei confronti del pm antimafia Antonino Di Matteo, che rappresenta l'accusa nel processo per la trattativa tra Stato e mafia, che vede tra gli imputati proprio il boss corleonese.

Il generale Dalla Chiesa
"Il benvenuto gli dobbiamo dare al generale Dalla Chiesa". Così il boss Totò Riina parlava dell'arrivo del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, nel 1982 a Palermo, dove è rimasto appena cento giorni, prima di essere ucciso nella strage di via Isidoro Carini, con la moglie e l'agente di scorta.
ll boss mafioso racconta quei giorni al suo vicino di cella, Alberto Lorusso, nel corso dell'ora d'aria, registrata dagli investigatori della Dia nel carcere Opera di Milano. "Prepariamoci ho detto - racconta Riina parlando dell'arrivo dell'ufficiale in Sicilia - Prepariamoci, mettiamo tutti i ferramenti a posto, tutte le cose pronte, per fargliela... il benvenuto gli dobbiamo dare". E ancora: "Lui gli sembrava che veniva qui a trovare i terroristi. Gli ho detto: qua il culo glialo facciamo a cappello di prete, la vita arrivò, corre... minchia, così gli ho detto. Quante soverchierie gli ho fatto a questo poveretto. Un generale di ferro, dice che era". E il suo interlocutore, Alberto Lorusso: "si è visto come era di ferro...".

"Ha avuto la punizione di un uomo che non ne nasceranno più"
Poi Riina ricorda gli appostamenti fatti per organizzare l'attentato a Dalla Chiesa: "sta uscendo, deve andare a mangiare e va bene ... ta ta ta ten (indica i colpi esplosi nell'agguato)". "Devi cercarlo - spiega - devi andare pure dentro la caserma". Il boss corleonese ricorda poi il disappunto di uno dei killer del commando, Pino Greco, detto Scarpuzzedda, che si lamentò per essere arrivato tardi e non avere potuto sparare per primo. "Lui era un ritardatario  - dice - e non si dava pace".
Riina ironizza sulle tesi che vedono dietro al delitto Dalla Chiesa il coinvolgimento di soggetti estranei a Cosa nostra: "Loro sono convinti che a uccidere il padre fu lo Stato", dice alludendo ai figli del generale. "Ma c'è solo un uomo e basta", conclude alludendo a se stesso. "Ha avuto la punizione di un uomo che non ne nasceranno più".

"Se Falcone non avesse guidato si sarebbe salvato"
"Meno male che lui si è voluto mettere là, al posto dell'autista, se no si salvava, disgraziato. Una trovata migliore l'ha potuta trovare lui solo". Riina parla dell'attentato al giudice Giovanni Falcone che, il 23 maggio 1992, tornando da Roma, decise di guidare l'auto blindata, fatta saltare in aria col tritolo, e prendere il posto dell'autista. Il magistrato morì mentre l'autista, seduto dietro, è sopravvissuto.

La Cassazione ha confermato l'ergastolo a Riina jr.
La Cassazione ha rigettato il ricorso presentato dal legale del figlio del boss corleonese, Giovanni, di 37 anni, confermando la pena definitiva all'ergastolo per Riina junior. Il ricorso era contro la sentenza della Corte d'assise di Palermo che, il 24 gennaio 2011, aveva detto 'no' alla sostituzione dell'ergastolo con una condanna a 30 anni di reclusione. Riina jr, Giovanni, il secondo dei quattro figli di Toto', è stato condannato per quattro omicidi avvenuti nel 1995.