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ITALIA

Il boss di Cosa Nostra è grave in carcere

Riina, le reazioni alla sentenza della Cassazione

Alcuni commenti favorevoli, ma sono più numerosi i no alla scarcerazione del "capo dei capi"

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Molti personaggi politici e rappresentanti di associazioni  hanno commentato in vari modi la sentenza della Cassazione su Riina.

Vizzini: scarcerare Riina sarebbe scacco allo Stato

"Tutti gli uomini hanno diritto a morire con dignità ma credo che sarebbe un errore grave la scarcerazione dello storico grande capo della mafia Totò Riina. La scarcerazione sarebbe l'ultimo scacco allo Stato da parte di una mafia che vive anche di questi segnali e dunque un pericolo". Così Carlo Vizzini, presidente del partito socialista italiano. "Il mantenimento al regime carcerario - ha aggiunto - lo dobbiamo anche a quelle famiglie che ancora oggi piangono per gli infami delitti consumati da Riina".
 
Gasparri: Riina sta male? Carceri attrezzate ci sono
"Riina sta male? Ci sono carceri attrezzate per l'assistenza medica necessaria". Così su Twitter il vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri, commentando la sentenza della Cassazione che apre alla possibilità  di differimento della pena per il boss mafioso Totò Riina.
 
Antigone: Stato democratico non fa morire nessuno in carcere
"Uno Stato forte e democratico non fa mai morire nessuno in carcere deliberatamente". Lo dichiara in una nota Patrizio Gonnella, presidente di Antigone. "In attesa di leggere le motivazioni della pronuncia della Cassazione, quella riguardante Riina è una sentenza molto importante - sottolinea Gonnella – poiché pone il tema della dignità umana e di come essa vada preservata anche per chi ha compiuto i reati più gravi e, di conseguenza, come la pena carceraria non possa e non debba mai trasformarsi in una sofferenza atroce e irreversibile. Ancora oggi - ricorda Gonnella - ci sono detenuti che da circa 25 anni sono continuativamente sottoposti al regime duro di vita penitenziaria disciplinato dall'art 41 bis 2° comma dell'ordinamento penitenziario. Alcuni di loro versano in condizioni di salute gravissime tali da non poter costituire mai un pericolo all'esterno".
 
“Dal punto di vista del principio espresso dai giudici della Cassazione non possiamo che essere totalmente d'accordo. Se non fosse così vorrebbe dire che per noi la pena è pura vendetta. Rispetto invece alle preoccupazioni di tipo criminale - conclude Gonnella - qualora mai un detenuto come Riina avesse l'opportunità di essere curato fuori dal carcere sarà comunque cura degli organi investigativi e delle forze dell'ordine fare in modo che ciò possa avvenire senza che questo costituisca un rischio relativamente alla commissione di nuovi reati".
 
Partito Radicale: non lasciamo morire altri 41bis
"La sentenza della corte di Cassazione sul caso Riina è ineccepibile sotto il profilo giuridico, ed è un raro esempio di indipendenza del giudizio di una suprema corte da considerazioni di tipo moralistico, populistico o, peggio, politico". Lo rende noto il partito Radicale, secondo il quale "principi e norme come 'umanità della pena', 'diritto a morire dignitosamente', 'attualità della pericolosità sociale', sono raramente rispettati da un giudice quando si tratta di persona che per il suo passato criminale ha rappresentato l'emblema della mostruosità che non può mai svanire, che va alimentato per tutta la vita".
 
"Tuttavia - viene sottolineato - la forza di uno Stato non risiede nella sua 'terribilità’, come diceva Leonardo Sciascia, ma nel diritto, cioè nel limite insuperabile che lo Stato pone a se stesso proprio nel momento in cui deve affrontare il male assoluto. Se quel limite viene superato a morire non è solo Totò Riina, così come è stato lasciato morire Bernardo Provenzano, come rischiano di morire alcuni ultra novantenni ancora in 41 bis nel carcere di Parma o come Vincenzo Stranieri ancora in misura di sicurezza in regime di 41 bis nonostante abbia scontato la sua pena e sia gravemente malato. A morire è lo stato di diritto", conclude la nota del partito Radicale.
 
Sonia Alfano: "Anche sue vittime avevano diritto a morte dignitosa"
"Verrebbe da chiedersi se i giudici della corte di Cassazione considerino Riina un detenuto diverso dagli altri alla luce di quanto da loro affermato". Lo afferma in una nota Sonia Alfano di Articolo 1-Mdp. "Tanti altri detenuti sono morti nelle carceri italiane durante il loro periodo di detenzione - aggiunge -, eppure i togati di Cassazione non si sono pronunciati in alcun modo a loro difesa, e di sicuro non avevano sulle spalle un numero infinito di efferati e tragici delitti compiuti ed ordinati come quelli a carico di Riina. Vorrei peraltro ricordare agli stessi giudici che uomini e donne, servitori di questo paese, sono stati fatti trucidare da questa belva che non hai mai accennato ad alcun segnale di pentimento. Eppure, cari giudici, anche loro avevano diritto ad una morte dignitosa, e magari anche ad invecchiare con i loro affetti. Invece grazie a stragisti del calibro di Riina tante famiglie come la mia continuano a piangere i loro cari e a vivere nel loro ricordo e nella speranza che lo Stato italiano non infligga ancora una volta l'ennesimo oltraggio alla loro memoria, soprattutto alla luce della richiesta di verifica inoltrata dalla stessa corte di Cassazione al giudice che deve verificare e motivare 'se lo stato di detenzione carceraria comporti una sofferenza ed un'afflizione di tale intensità’ da andare oltre la 'legittima esecuzione di una pena'. Chissà se i giudici si riferiscono 'alla stessa morte dignitosa' inflitta alle sue vittime", conclude Sonia Alfano.
 
Lumia: Riina carnefice spietato e ancora pericoloso
"Sul caso Riina bisogna evitare di dare messaggi sbagliati. È chiaro a tutti che il diritto alle cure mediche non può essere negato a nessuno, Riina compreso, ma da qui a tirar fuori un profilo quasi pietoso del boss ce ne passa. Il sistema carcerario italiano è in grado di garantire le cure necessarie ai detenuti. Riina è un carnefice spietato e ancora pericoloso. Per cui è necessario non dare segni di debolezza che potremmo pagare amaramente". Così il senatore del Pd e componente della commissione Parlamentare antimafia Giuseppe Lumia. "Non scordiamoci - aggiunge Lumia - quanto fino a poco tempo fa egli sosteneva nei dialoghi intercettati in carcere dalla procura antimafia. Dialoghi agghiaccianti nei quali il capo dei capi parlava di piani mafiosi e omicidi da compiere".
 
Salvini: Riina resti in galera, pronti a dar battaglia
"Secondo la corte di cassazione il signor Totò Riina, mafioso assassino condannato a decine di ergastoli, avrebbe diritto a morire dignitosamente e quindi a uscire di galera. Non ho parole". Così Matteo Salvini, segretario della Lega. "Anche le decine di morti ammazzati che pesano sulla sua coscienza, comprese donne e bambini, avrebbero avuto diritto di vivere dignitosamente. Fine pena mai, per Riina e per quelli come lui! La lega è pronta a dare battaglia, in ogni sede".
 
Don Ciotti: non dimenticare logica giustizia
"Il diritto a morire dignitosamente vale per ogni persona detenuta – dice il presidente di Libera - in accordo a quella più ampia umanizzazione della pena che contrassegna la civiltà di un paese, come ci ricorda la Costituzione". Secondo don Ciotti "non fa eccezione Totò Riina, al quale è giusto assicurare tutte le cure necessarie in carcere e, se occorre, in ospedale, affinché la detenzione non aggravi le sue condizioni di salute". "Sull'ipotesi, avanzata dalla Cassazione, di una mutazione della pena detentiva in arresti domiciliari, sono certo che il tribunale di Bologna valuterà con saggezza e piena cognizione di causa, tenendo conto di tutti i fattori in gioco". Poi, tornando sui familiari delle vittime, il sacerdote aggiunge: "molti di loro ho avuto la fortuna di conoscerli, e di apprezzarne il coraggio e la fermezza d'animo, la ricerca di verità e la speranza incrollabile nella giustizia, il rispetto per le istituzioni e la volontà di trasformare il dolore in impegno, in contributo alla costruzione di una società più giusta".

Nando Dalla Chiesa: servono fior di perizie
"Se si tratta di prendere uno e portarlo a casa perché sta morendo, va bene, ma siccome ci sono malati che improvvisamente si riprendono, ciechi che improvvisamente ci vedono, moribondi che danno ordini...". Con queste parole esprime tutto il proprio sconcerto all'Adnkronos Nando dalla Chiesa, figlio del generale Carlo Alberto, assassinato il 3 settembre del 1982 a Palermo, sulla vicenda odierna dell'apertura della Cassazione a una possibile scarcerazione di Totò Riina per ragioni di salute. I toni sono misurati ma la perplessità è inevitabile. "Non sono per il no di principio -prosegue il docente di Sociologia della Criminalità Organizzata all'Università degli Studi di Milano, dove dirige anche l'Osservatorio sulla criminalità organizzata - Ma occorrono fior di perizie per decidere se effettivamente qualcuno stia davvero morendo e, di conseguenza, mandarlo a casa".  "Purtroppo - conclude dalla Chiesa - l'esperienza del passato ha lasciato il segno: ne abbiamo avute troppe di perizie di comodo per non sapere come si riesca a restare anni e anni agli arresti domiciliari. Anche la Cassazione, però, poteva inserire una parentesi possibilista sul genere di 'se davvero queste sono le condizioni del detenuto'. Come se non fossimo stati presi in giro più volte".

Rita Dalla Chiesa: mio padre non ebbe una morte dignitosa
Commenta la sentenza anche Rita Dalla Chiesa, figlia del generale dei Carabinieri ucciso a Palermo nel 1982 e sorella di Nando: ''Penso che mio padre una morte dignitosa non l'ha avuta, l'hanno ammazzato lasciando lui, la moglie e Domenico Russo in macchina senza neanche un lenzuolo per coprirli. Quindi di dignitoso, purtroppo, nella morte di mio padre non c'è stato niente''. 

Fiano: no a scarcerazione Riina
"Con il rispetto che sempre mi ha contraddistinto nei confronti della magistratura ritengo che siamo tenuti anche a dimostrare rispetto nei confronti dei tanti, troppi, morti che abbiamo contato e che contiamo nel nostro Paese per mano della mafia. Ritengo sarebbe un'offesa e un errore liberare Riina. Non si cercano vendette ma di assicurare giustizia e ritengo che noi si abbia anche un dovere morale di fronte alle vittime e alle famiglie di quanti sono caduti nella guerra mossa dalla mafia allo Stato e al Paese. Credo quindi si debba dire no ad una simile decisione: Riina non deve essere scarcerato". Lo dice Emanuele Fiano, del Partito democratico.