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TECH

Esperti a confronto

Social network e minori: l'età è soltanto un numero?

Esistono strumenti tecnici di 'age verification' dei ragazzi al di fuori dei controlli (eludibili) da parte delle piattaforme? Il giornalista Arturo di Corinto si è iscritto al social come 'finto tredicenne'. Il tecnologo Stefano Quintarelli spiega invece come è possibile garantire l'identità senza consegnare (altri) dati sensibili ai colossi tech

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di Celia Guimaraes
La legge prevede che i minori di 16 anni (in Italia i minori di 14 anni) non possano usare direttamente servizi che trattano dati personali in assenza di espressa e comprovata autorizzazione del titolare della responsabilità genitoriale. Vale per tutti i servizi, vale anche per l'iscrizione ai social network. 

I fatti di cronaca hanno riaperto la questione: chi controlla l'adesione di ragazzini e bambini alle piattaforme?  Dopo l'apertura di un'indagine su TikTok, il Garante per la protezione dei dati personali e la privacy ha chiesto anche a Facebook e Instagram precise indicazioni sulle modalità di iscrizione dei minori ai social e le verifiche dell'età. Aggirare i termini del servizio delle piattaforme, però,  non sembra affatto complicato. Il giornalista e saggista Arturo Di Corinto, uno dei massimi esperti su privacy e cybersecurity, ha voluto mettere alla prova i ToS (Terms of Service, le 'regole d'ingaggio') e si è iscritto a un'app fingendosi tredicenne. 




Le piattaforme, tutte, prosegue Di Corinto, vogliono coinvolgere gli utenti con proposte divertenti e utili, secondo gli interessi di ciascuno. Non sono il male assoluto anche se "sanno tutto di noi", anche più delle persone a noi più vicine. Molto spesso sono servite per campagne sociali di grande rilievo (Me Too, Black Lives Matter) e di frequente hanno sostenuto attività economiche con iniziative di formazione per commercianti,  piccoli imprenditori e artigiani, scuola. Hanno anche aiutato molte di queste realtà durante la pandemia, offrendo soluzioni digitali per far fronte al lockdown e al calo del giro d'affari. 


Le regole e le macchine sul marciapiede
"Oggi non c’è alcun controllo. Le applicazioni che nelle loro condizioni contrattuali prevedono che non possano essere utilizzate dai bambini vengono solo classificate negli app store come 'Supervisione dei genitori'. E non tutte", sottolinea Stefano Quintarelli, tecnologo, saggista, ex-parlamentare, esperto per l'Ue e le Nazioni Unite e 'papà' dello Spid, il sistema pubblico di identità digitale. 

Per la verifica dell'età, come si è visto, serve altro. Quintarelli propone di usare lo Spid, la carta d'identità elettronica, la carta d credito, perché richiedono che sia un maggiorenne a garantire per il minore. Proposte già fatte proprie da alcuni esperti e politici. Per iscriversi ai social, l'idea sarebbe quella di usare un token di autenticazione Spid o numero carta di credito, richiesto da un maggiorenne, che si assumerebbe la responsabilità sul consenso e sull'uso dell'app da parte del minore. Quintarelli in questa intervista ci fa il punto sulla 'age verification' e sulle questioni legate al 'rispetto delle regole': "Ci sono leggi che ci impongono di non buttare la spazzatura per strada, così come ci sono leggi che vietano di parcheggiare sui marciapiedi", ricorda.

Quello che conta è l'uso che facciamo delle norme che la società stabilisce per farci tutti vivere meglio. 



"Non è necessario schedare nessuno, 'chiedere la carta di identità a tutti', per verificare il rispetto dei termini contrattuali", ricorda Quintarelli su Agenda Digitale. "In primo luogo bisogna considerare che il contratto telefonico non può essere intestato a dei bambini. I titolari del contratto sono i genitori che danno il telefonino ai figli e, allo stesso modo, sono (dovrebbero essere) i genitori che aprono l’account dello store dove sono scaricabili le app, perché, anche in quel caso, è necessario autorizzare il minore e fornire uno strumento di pagamento valido, solo che in quest’ultimo caso si possono acquistare delle card prepagate che rendono questo vincolo meno efficace".