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ITALIA

Dopo la sentenza della Cassazione che dispone un nuovo appello a Torino

Thyssen, il procuratore Guariniello: "Chiederemo pene più severe". Un manager: io l'ottava vittima

La suprema corte chiede di rideterminare le pene, per il rogo del dicembre 2007 in cui persero la vita nello stabilimento torinese, sette dipendenti del colosso dell'acciaio tedesco. Un manager del gruppo: "Tutta una montatura, sono io l'ottava vittima"

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Roma
A dicembre 2007 un rogo nello stabilimento torinese del gruppo Thyssen Krupp: persero la vita sette operai dell'acciaieria. Dopo la lunga trafila giudiziaria, la Cassazione ha disposto la celebrazione di un nuovo processo di appello a Torino, per rideterminare le pene inflitte per omicidio colposo aggravato da colpa cosciente nei confronti di sei dirigenti della società tedesca. A sostenere l'accusa nel nuovo appello, sarà ancora la Procura guidata da Raffaele Guariniello che oggi replica: "chiederemo un aumento della pena per gli imputati".

La tragedia
Nella notte tra il 5 e il 6 dicembre 2007 scoppia un incendio all'interno dello stabilimento. Gli operai vengono avvolti dalle fiamme e dopo ore di agonia in ospedale morirono per le ustioni riportate. Sette vittime, solo un superstite, Antonio Boccuzzi, oggi parlamentare del Pd. 

Le tesi della Procura generale della Cassazione e la sentenza
l pg Carlo Destro ha respinto la tesi del pm di Torino, Raffaele Guariniello, che ha ipotizzato, in capo agli imputati, la colpa per omicidio volontario."I manager e i dirigenti chiamati a vario titolo a rispondere della morte dei sette operai nello stabilimento Thyssenkrupp di Torino facevano affidamento sulla capacità dei lavoratori di bloccare gli incendi che quasi quotidianamente si verificavano: chi agisce nella speranza di evitare un evento evidentemente, se l'evento si verifica, non può averlo voluto" da detto nella requisitoriadi fronte alle Sezioni Unite penali chiedendo la conferma pressoché integrale del verdetto d'appello. In secondo grado la Corte d'Assise d'appello di Torino ha ridotto le pene ai sei imputati, escludendo il dolo riconosciuto in primo grado per l'ex amministratore delegato Harald Espehnhan bensì quello colposo aggravato dalla colpa cosciente. 

Rabbia dei familiari delle vittime
Dopo un lungo presidio, a seguito della pronuncia della sentenza, hanno sfogato la loro rabbia, gridando e piangendo, alcuni familiari delle vittime. "Sono codardi - ha urlato una signora, madre di uno degli operai morti, di fronte all'aula magna della Suprema Corte - non hanno avuto il coraggio di emettere una sentenza, dire qual è la verità".

Lo sfogo di un dirigente: "Sono io l'ottava vittima"
"È tutta una montatura, io sono l'ottava vittima di questa storia" questo il commento di Raffaele Salerno, che guidava lo stabilimento Thyssen al momento della tragedia del 2007, alla decisione della Cassazione di annullare la sentenza della Corte d'appello di Torino.  In un'intervista a La Stampa il dirigente si dice "disgustato" per come questa storia "è stata gestita dai tribunali; sono stato consegnato in mano ai parenti di quelle persone morte e sono stato giudicato da loro. Ed è inevitabile che sia finita così, con questa condanna che mi porterà dritto in galera''. Non ho nessuna reponsabilità, sostiene, ma una colpa, spiega, ''ce l'ho. Quella di avere sempre lavorato dall'età dei 17 anni. E di essere rimasto in azienda nonostante potessi andare in pensione''.

Il processo
 La Corte d'Assise in primo grado ha condannato l'amministratore delegato, Harald Espehnhan, a sedici anni e sei mesi di reclusione per omicidio volontario con dolo eventuale.  Al banco degli imputati, oltre all'amministratore delegato, c'erano anche Cosimo Cafueri, responsabile della sicurezza, Giuseppe Salerno, responsabile dello stabilimento torinese, Gerald Priegnitz, membro del comitato esecutivo dell'azienda, assieme a Marco Pucci, e un altro dirigente Daniele Moroni, accusati a vario titolo di omicidio e incendio colposi (con colpa cosciente) oltre che di omissione delle cautele antinfortunistiche. Per Gerald Priegnitz, Marco Pucci, Raffaele Salerno e Cosimo Cafueri, erano state confermate le richieste dell'accusa: erano stati condannati a 13 anni e 6 mesi. Solo per Daniele Moroni la Corte aveva aumentato la pena a 10 anni e 10 mesi, i pm avevano infatti chiesto 9 anni. Era la prima volta che in un processo per morti sul lavoro gli imputati erano stati condannati a pene così alte. La società ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni Spa, chiamata in causa come responsabile civile, era stata inoltre condannata al pagamento della sanzione di 1 milione di euro, all'esclusione da agevolazioni e sussidi pubblici per 6 mesi, al divieto di pubblicizzare i suoi prodotti per sei mesi, alla confisca di 800mila euro.

Sentenza ribaltata
Da omicidio volontario a colposo. In secondo grado viene ribaltata la sentenza e vengono ridotte le pene per gli imputati. I parenti delle vittime, dopo la pronuncia della sentenza, per protesta occupano la maxiaula uno del Palagiustizia di Torino per alcune ore. La procura presenta ricorso in Cassazione. Secondo il pool dell'accusa Guariniello, Longo e Traverso, la tragedia fu la conseguenza della scarsa preoccupazione nei confronti della sicurezza degli operai da parte della dirigenza. La fabbrica di Torino - così era stata deciso - avrebbe chiuso pochi mesi dopo. Per questo i vertici avrebbero deciso che non conveniva investire sulla formazione, sulla pulizia e sul miglioramento dei sistemi di sicurezza dell'impianto.