MONDO
Ban Ki-moon: "Modificate la normativa"
"Scoperti!". Un giornale mette all'indice 200 gay in Uganda
Rischia di degenerare la situazione nel Paese africano. Dopo la legge anti-omosessuali voluta dal presidente Museveni, un giornale pubblica una black list con tanto di nomi e cognomi

I gay sono "disgustosi". In Uganda si è ufficialmente aperta la caccia alle streghe. Le sprezzanti dichiarazioni usate dal presidente Yoweri Museveni, seguite dalla pubblicazione da parte di un giornale di una black list di duecento gay acuiscono il clima di odio e di intolleranza contro gli omosessuali già fortemente discriminati nel Paese africano. Una ferocia e una violenza non solo verbale che arriva all'indomani del varo da parte del presidente di una durissima legge anti-omosessuali che prevede anche l'ergastolo. In un'intervista alla Cnn Museveni non ha usato mezzi termini quando ha affermato che i comportamenti sessuali sono "una questione di scelta e che le persone omosessuali sono 'disgustose'", perché "innaturali".
La preoccupazione delle organizzazioni internazionali
In questo contesto fortemente omofobo si inserisce la scelta di un tabloid, il Red Pepper, di mettere all'indice duecento presunti gay del Paese, tra cui un prete cattolico, un cantante hip-hop e importanti attivisti. Fra questi spicca Pepe Julian Onziema, che da tempo sostiene che la legge anti-gay potrebbe scatenare la violenza. Pochissimi in Uganda fanno "coming out" e la pubblicazione di questo elenco ricorda a molti una lista simile resa nota nel 2011 da un altro tabloid, poi chiuso, che chiedeva l'esecuzione dei gay. Sconcerto è stato espresso dal segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, che si è detto "seriamente preoccupato" per la promulgazione della legge "esortando il governo del Paese africano a proteggere tutte le persone dalla violenza e dalla discriminazione" auspicando che "la legge possa essere modificata o abrogata al più presto". Il segretario di Stato Usa John Kerry ha definito il via libera al provvedimento "un tragico giorno per l'Uganda e per tutti coloro a cui stanno a cuore i diritti umani".
Gli Usa minacciano sanzioni
Kerry ha poi avvertito che gli Usa potrebbero tagliare gli aiuti a Kampala. Critiche anche da Christoph Benn, direttore delle relazioni esterne del Global Fund contro Aids, Tbc e malaria che vede nella nuova normativa non solo una minaccia ai diritti umani ma anche un problema di salute, perché i gruppi discriminati, dove spesso i tassi delle malattie sono più alti, non possono essere raggiunti dagli operatori. Salvo poche eccezioni come il Sudafrica, quasi tutto il continente africano condanna l'omosessualità, e non mancano Paesi come Mauritania, Sudan e Somalia dove è addirittura prevista la pena di morte. In Nigeria, dopo il varo di una legge draconiana, attivisti e ong hanno registrato arresti e casi di torture e di punizioni corporali. Lascia invece ben sperare invece la notizia che giunge dalla Zambia dove Paul Kasonkomona, 38 anni, storico leader degli omosessuali, è stato assolto da un tribunale dall'accusa di "incitare ad atti indecenti".
I precedenti più gravi
L'uomo era stato arrestato nell'aprile del 2013 dopo essere apparso in televisione per chiedere di depenalizzare il reato di omosessualità e di rafforzare la lotta contro l'Aids. Ma la vicenda di Kasonkomona non è l'unico caso giudiziario che desta preoccupazione. Nel maggio dello scorso anno due uomini furono arrestati con l'accusa di sodomia dopo essere stati denunciati. Rischiano fino a quattordici anni di prigione. Il tribunale non si è ancora pronunciato in merito.
La preoccupazione delle organizzazioni internazionali
In questo contesto fortemente omofobo si inserisce la scelta di un tabloid, il Red Pepper, di mettere all'indice duecento presunti gay del Paese, tra cui un prete cattolico, un cantante hip-hop e importanti attivisti. Fra questi spicca Pepe Julian Onziema, che da tempo sostiene che la legge anti-gay potrebbe scatenare la violenza. Pochissimi in Uganda fanno "coming out" e la pubblicazione di questo elenco ricorda a molti una lista simile resa nota nel 2011 da un altro tabloid, poi chiuso, che chiedeva l'esecuzione dei gay. Sconcerto è stato espresso dal segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, che si è detto "seriamente preoccupato" per la promulgazione della legge "esortando il governo del Paese africano a proteggere tutte le persone dalla violenza e dalla discriminazione" auspicando che "la legge possa essere modificata o abrogata al più presto". Il segretario di Stato Usa John Kerry ha definito il via libera al provvedimento "un tragico giorno per l'Uganda e per tutti coloro a cui stanno a cuore i diritti umani".
Gli Usa minacciano sanzioni
Kerry ha poi avvertito che gli Usa potrebbero tagliare gli aiuti a Kampala. Critiche anche da Christoph Benn, direttore delle relazioni esterne del Global Fund contro Aids, Tbc e malaria che vede nella nuova normativa non solo una minaccia ai diritti umani ma anche un problema di salute, perché i gruppi discriminati, dove spesso i tassi delle malattie sono più alti, non possono essere raggiunti dagli operatori. Salvo poche eccezioni come il Sudafrica, quasi tutto il continente africano condanna l'omosessualità, e non mancano Paesi come Mauritania, Sudan e Somalia dove è addirittura prevista la pena di morte. In Nigeria, dopo il varo di una legge draconiana, attivisti e ong hanno registrato arresti e casi di torture e di punizioni corporali. Lascia invece ben sperare invece la notizia che giunge dalla Zambia dove Paul Kasonkomona, 38 anni, storico leader degli omosessuali, è stato assolto da un tribunale dall'accusa di "incitare ad atti indecenti".
I precedenti più gravi
L'uomo era stato arrestato nell'aprile del 2013 dopo essere apparso in televisione per chiedere di depenalizzare il reato di omosessualità e di rafforzare la lotta contro l'Aids. Ma la vicenda di Kasonkomona non è l'unico caso giudiziario che desta preoccupazione. Nel maggio dello scorso anno due uomini furono arrestati con l'accusa di sodomia dopo essere stati denunciati. Rischiano fino a quattordici anni di prigione. Il tribunale non si è ancora pronunciato in merito.