Le note rimaste nell'aria
L'ultimo concerto nell'anno più nero della musica dal vivo
Mai mi è sembrata così vera una scritta come quella apparsa sul lungomare di Livorno: "Mi manchi come un concerto"

Milano 12 febbraio 2020. In programma (da mesi) i Dream Theater. Il primo concerto dell’anno e il primo di una lunga serie. Vado con gli amici di sempre, un gruppo, che si scompone e si ricompone a seconda delle date, delle band, un puzzle fatto di chat, sottochat, orari di lavoro, giorni di ferie. Tutto organizzato mesi prima. Perché si sa i biglietti dei concerti si comprano con grande anticipo e non poche palpitazioni. “Ce ne saranno ancora?”, “Ho una riunione a quell’ora, qualcuno può prendere il mio?”. Viviamo in città diverse ormai e le occasioni per vedersi sono sempre di meno. Ma c’è questo “filo” della musica che si snoda da Roma, Firenze, Grosseto, Parma, Milano, Londra verso destinazioni decise a tavolino che comportano, appunto, treni, aerei, giorni di ferie o salti mortali tra lavoro, famiglia, concerto.
Parto da Roma. Destinazione Milano. Gli altri arriveranno da varie parti d’Italia alla spicciolata. In treno qualcuno tossisce, mi copro il viso con una sciarpa. Nella mia carrozza c’è una compagnia teatrale diretta a Reggio Emilia. Wuhan è in lockdown, è tanto lontana. Nessuno qui usa la mascherina, anche se l’amuchina non si trova più. Ho tempo e giro per la città. L’aria è diversa. Calda, sembra primavera. Il sole illumina i Navigli e molti mangiano all’aperto, le giacche posate sulle sedie. La Basilica di Sant’Ambrogio è quasi deserta, ma in fondo è un giorno feriale.
Al Forum di Assago, la fila scorre ordinata, i biglietti sono nominali e controllano i documenti. Poi le borse e le tasche. Normale routine. Guardo il tavolo dove si lasciano gli oggetti che non possono essere portati dentro. Ci sono (poche) bottiglie di birra non finite, qualche mezzo litro di minerale e tanti flaconi di disinfettante per le mani di varie dimensioni. Ecco dov’erano finiti. Col senno di poi, una foto avrei potuto scattarla.
Il concerto è bellissimo. Due ore e mezzo di musica, luci, canzoni cantate in coro e poi gli abbracci. I miei amici li rivedrò presto. Abbiamo in programma Eric Clapton, Joe Satriani, Judas Priest, Vasco Rossi, Guns N’ Roses, ovviamente i Red Hot Chili Peppers e chiudiamo con Pearl Jam e Iron . E invece, quello dei Dream Theater è stato il nostro Ultimo Concerto. Gli ultimi abbracci. Mai mi è sembrata così vera una scritta come quella apparsa sul lungomare di Livorno.
“Mi manchi come un concerto”. Poche parole su un cartellone che nascondono, il grido di aiuto dei lavoratori dello spettacolo fermati dalla pandemia. Numeri che spaventano e che toccano grandi e piccoli club.
Il sapore amaro delle cose perdute
Secondo Siae, il primo semestre del 2020 segna un calo della spesa del 79,2%. A soffrire di più sono proprio i concerti e la musica dal vivo. Nel confronto fra primo semestre 2020 e primi sei mesi del 2019, considerando i soli biglietti, l’attività concertistica ha perso 188 milioni. E anche in termini percentuali: -86,7% la spesa del pubblico e -86,4% la spesa al botteghino.
Numeri che raccontano l’anno più buio del settore, tra i primi a chiudere a causa della pandemia e che comprende cinema, teatro, musica, mostre, ballo e sport. E pensare che nel 2019 tutti gli indicatori dell'attività di spettacolo erano positivi rispetto al 2018: più eventi proposti (+ 1,10%), oltre 246 milioni di biglietti o abbonamenti acquistati dagli spettatori (+ 5,82%) una spesa al botteghino che aveva sfiorato i 2,8 miliardi di euro (+5,49%). Quasi 5 miliardi di euro (+ 2,91%) se si aggiungono i servizi accessori offerti agli spettatori dagli organizzatori in connessione o durante gli eventi.
"Raccontare oggi, cosa è stato il 2019 per il mondo dello spettacolo e dell'intrattenimento ha un po' il sapore amaro delle cose perdute”, ha detto il presidente SIAE Giulio Rapetti Mogol. “Tuttavia, volgendo lo sguardo al periodo pre-Covid, i dati ci confortano e ci danno fiducia – ha continuato - testimoniano come il pubblico ritenga parte integrante della propria cultura e delle proprie capacità emozionali la partecipazione agli eventi di spettacolo. Partendo da qui dovremo, perciò, proseguire nel nostro impegno, anche inventando nuove forme di partecipazione”.
"I tempi duri passano"
La musica c’è sempre stata in questo anno difficile anche durante il lockdown, da quella cantata dai balconi nei giorni del motto “Andrà tutto bene” ai concerti su Zoom delle scuole di musica o delle grandi orchestre simbolo di unione, infuso di coraggio.
E allora bisogna farla suonare ancora per non trovarsi nel mondo, non più così tanto distopico, profeticamente cantato dai Rolling Stones, nel loro brano uscito proprio durante la pandemia. “Una volta questo posto era animato/Risuonavano i tamburelli/Vibravano i cembali (…)/
Sono un fantasma/che vive in una città fantasma”
Anche per questo i cantautori, i musicisti, gli interpreti con le loro squadre hanno deciso di tornare sul palco. Lo faranno il 27 febbraio 2021, non un giorno qualunque, ma quello in cui un anno fa si procedeva alle prime chiusure dovute alla situazione di emergenza sanitaria. Un anno dopo, i palchi che hanno fatto la storia della musica dal vivo in Italia torneranno a illuminarsi contemporaneamente nella stessa serata. I concerti saranno trasmessi in streaming gratuito, alle ore 21, sul sito www.ultimoconcerto.it
Subsonica, Manuel Agnelli, lo Stato Sociale, Cosmo, tra gli altri. Sono tanti gli artisti che hanno aderito per dimostrare la loro solidarietà verso questi spazi, anello di congiunzione tra le prime esperienze dal vivo e i grandi tour nei palazzetti.
Cantava Erriquez della Bandabardò, da poco scomparso: “Lo vedi si può volare. E non smetter di pensare. Animo, i tempi duri passano”.
Forse è questa la chiave che, in fondo, non è tanto diversa da quell’”andrà tutto bene” che sventolava dai balconi. I tempi duri passano e bisogna farsi trovare pronti. I biglietti dei concerti a cui non sono andata restano nel cassetto. Fiduciosa, aspetto.