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MONDO

Parla il ministro delle Finanze

L'Ungheria evoca uscita dall'Ue quando dovrà contribuire a budget

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Nella battaglia a distanza tra Budapest e Bruxelles, l'Ungheria ora evoca anche la possibilità di riconsiderare la sua adesione all'Ue. Ne ha parlato il ministro delle Finanze, Mihaly Varga, alla tv ungherese Atv.  "La questione - ha dichiarato Varga - potrebbe assumere una nuova prospettiva nel momento in cui prevediamo di diventare contributori netti dell'Unione", stimato entro il 2030,rientrando così tra i Paesi che versano al bilancio Ue più soldi di quanti ne ricevano. Un'ipotesi ancor più plausibile "se gli attacchi di Bruxelles proseguiranno su scelte di valori", ha detto il ministro. 

All'intervistatrice che gli ha  chiesto come voterebbe se ci fosse un referendum ora sull'adesione all'Ue, Varga ha risposto, secondo lo sbobinato dell'intervista  pubblicato ieri sul sito dell'emittente, in ungherese (tradotto in  inglese con Google Translate - specifica AdnKronos): "Se ci fosse un quesito del genere ora, nel 2021, sarei tra coloro che votano sì. Ma entro la fine del  decennio, quando calcoliamo che saremo già contributori netti dell'Ue, la questione potrebbe avere un'altra prospettiva. Specialmente se gli  attacchi a Bruxelles continuano, a causa di scelte sui valori.  Torniamoci sopra tra qualche anno".

L'Ungheria ha presentato un piano di ripresa e di resilienza che non è stato ancora approvato dalla Commissione, al pari di quello della  Polonia. Il piano del governo di Budapest, che avrebbe dovuto essere  approvato entro il 12 luglio, verrà esaminato entro fine settembre: il problema, secondo quanto ha spiegato la Commissione, sono le  insufficienti tutele della spesa prevista dalla corruzione, assai  diffusa in Ungheria.

La Commissione ha annunciato la decisione di prolungare  l'esame del piano dopo l'approvazione da parte del Parlamento  ungherese di leggi che inibiscono l'accesso ai minori a qualsiasi  contenuto che faccia cenno a tematiche Lgbt. Contro questa legge, che  Ursula von der Leyen ha definito una "vergogna", la Commissione ha  lanciato una procedura d'infrazione.

Anche se formalmente il Pnrr e la legge sui contenuti Lgbt sono due tematiche separate e i portavoce  della Commissione non si stancano di ripetere che trattasi di questioni indipendenti l'una dall'altra, di certo la mossa di Budapest non ha migliorato il clima a Bruxelles nei confronti del governo di  Viktor Orban. Tanto più che la Commissione ha il fiato del Parlamento Europeo sul collo sulla questione della tutela del bilancio Ue dalle  violazioni dello Stato di diritto: l'Aula ha già minacciato di  trascinare l'esecutivo Ue in Corte di Giustizia, se non darà immediata attuazione al regolamento che tutela il bilancio comunitario dalle  violazioni dello Stato di diritto.

E proprio sul piano dei "valori" e su quello dello stato di diritto che si inasprisce la battaglia a distanza tra Budapest e Bruxelles. L'Ungheria "è stata attaccata su una  scala senza precedenti, solo perché la protezione dei bambini e delle  famiglie resta la nostra priorità: non vogliamo lasciare che la lobby Lgbtq entri nelle nostre scuole e nei nostri asili". Lo scrive via  social la ministra ungherese della Giustizia Judit Varga. "Il governo  ungherese - aggiunge - ha risposto a questi attacchi indecenti, come  pure al rapporto della Commissione sullo Stato di diritto, con una  decisione del governo".

Nell'atto, pubblicato dalla Varga, si legge tra l'altro che il  rapporto sullo Stato di diritto della Commissione "rappresenta le sue  richieste politiche, che ricadono al di fuori delle competenze  dell'Ue, come requisiti generali per lo Stato di diritto. Questo  discredita l'istituzione del rapporto sullo Stato di diritto" Budapest accusa inoltre la Commissione di fondarsi su fonti "unilaterali e  politicamente partigiane". 

In particolare, poi, le preoccupazioni che la Commissione nutre sulla  corruzione in Ungheria, che sono quelle che bloccano l'approvazione  del Pnrr di Budapest da parte dell'esecutivo Ue, sarebbero "infondate  e politicamente motivate", secondo il governo ungherese.