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Coronavirus

L'analisi

Vaccinare o no gli adolescenti contro il Covid? Che cosa fanno gli Stati, che cosa dice la scienza

Lo scorso 23 giugno l’ente americano per la prevenzione della malattie infettive, CDC, ha emanato un report su un evento avverso già notato in Israele, in alcuni under 30 soprattutto maschi, vaccinati con Pfizer e Moderna, farmaci basati su RNA messaggero: un aumento, rispetto ai casi attesi, di miocarditi e pericarditi, l’ infiammazione del tessuto del muscolo cardiaco.
Quanti sono stati questi casi, e quali le conseguenze?

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di Gerardo D'Amico
Stiamo parlando di 1226 casi su 300 milioni di dosi, in sei mesi di somministrazioni.
Lo 0,00000408667 sul totale.
Ovviamente la percentuale è più alta restringendo il gruppo dei vaccinati a chi abbia meno di 30 anni, ma sempre di numeri con lo zero virgola stiamo parlando.
In Israele erano stati 275 su 5 milioni di immunizzazioni. 

L’Agenzia Europea dei Medicinali ricorda che ogni anno, a prescindere dai vaccini, miocarditi e pericarditi si verificano in un range tra 1 e 10 ogni 100mila persone.
Ma la cosa più importante, e per cui il CDC americano assieme alla FDA raccomandarono di continuare la vaccinazione anche sui minori, è che la maggior parte di questi casi si sono risolti spontaneamente, o con l’uso di semplici antinfiammatori: nessuno dei 1226 ha avuto conseguenze permanenti ed ovviamente nessuno è morto.

La questione della vaccinazione dei minori è sul tavolo della scienza, della politica, e purtroppo nella propaganda novax. Che approfitta di queste evidenze per mettere in discussione la sicurezza dei vaccini, esasperando il ragionamento: se i più giovani sono praticamente immuni dal Covid19, nel senso che si infettano ma non subiscono le conseguenze della malattia, che senso ha vaccinarli?
Il solito discorso fintamente ragionevole che fanno col morbillo, la varicella, le altre malattie “che tutti abbiamo avuto da bambini senza conseguenze”.

Questa gente, e tra loro purtroppo vi sono anche dei medici, si scorda che anche per il morbillo, proprio come accade per il Covid19, un certo numero di bambini muore o viene colpito da polmonite morbillosa o encefaliti, portandone le conseguenze per tutta la vita. 

Il sars cov2 ha fatto 28 morti tra i bambini, nel nostro Paese, e sono migliaia quelli che hanno perso gusto ed olfatto, e combattono coi sintomi del long COVID: stanchezza cronica, dolori alle ossa, problemi cognitivi.

Ma oltre al danno personale, ci sono due altri aspetti delle mancate vaccinazioni ai più giovani: la trasmissione del virus ad anziani non vaccinati o non responders ai vaccini, i loro genitori, i loro nonni, mettendo a rischio la loro vita perché loro invece le conseguenze drammatiche della malattia hanno alta possibilità di svilupparle.

E quello che è ancora più grave, il mantenimento di una sorta di serbatoio virale, in cui sars cov-2 continua a incubare, circolare, mutare: col rischio molto concreto che si sviluppi una variante capace di aggirare i vaccini che fino ad ora abbiamo fatto, rendendoli inutili.
Per questo la Società Italiana di Pediatria, quella di virologia e in generale la parte seria della comunità scientifica chiede a gran voce che anche i più piccoli vengano vaccinati.
Ma non è un “sacrificio” che si chiede ai ragazzi, nessuno vorrebbe mettere a rischio la loro vita: ovviamente nessun farmaco e neppure quelli più controllati come i vaccini è senza effetti collaterali o eventi avversi anche gravi, in una minima parte della popolazione.

Il solo sospetto, perché certezza ancora non esiste, che i vaccini a vettore virale possano essere implicati nell’insorgere delle rare forme di trombocitopenia che si sono registrate con Astra Zeneca e Johnson ha indotto le autorità regolatorie ad escludere dalla loro somministrazione chi abbia meno di 60 anni.

Nessuno deve essere messo inutilmente a rischio, seppur ipotetico.
La possibilità di sviluppare in una piccolissima fetta di popolazione giovanile una pericardite o miocardite- ribadendo che gli effetti sono rari e transitori- non deve farci scordare che in forme ben più gravi è proprio quello che fa il virus sul cuore ed i vasi nei bambini che sono colpiti da MIS-C, sindrome infiammatoria multisistemica pediatrica.
A causa della quale decine di bambini anche piccolissimi hanno passato mesi in ospedale.
Mentre nessun effetto collaterale grave si è registrato tra i 6.750 bambini dai 6 mesi agli 11 anni che negli Usa e in Canada hanno preso parte a un trial clinico di fase 2-3 sul vaccino a mRna già sviluppato contro il coronavirus da Moderna, studio che ha dato risultati eccezionali: sui più piccoli quel vaccino sviluppa una immunità che sfiora il 100%, non comune nei vaccini.

Sempre negli Stati Uniti è partita la sperimentazione dai 6 mesi di età anche per il vaccino della Pfizer.
Al momento l’indicazione della FDA americana è di vaccinare contro il sars cov-2 dai 12 anni in su, stessa linea di Ema e della nostra Aifa: ma quando saranno terminate le vaccinazioni dei soggetti più a rischio, se vogliamo voltare pagina archiviando la pandemia la scelta di introdurre anche quella contro il Covid19 tra le vaccinazioni pediatriche sarà inevitabile.