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Coronavirus

La scheda

​Vaccini: usato 54% dosi Astrazeneca, 50% Moderna, 96% Pfizer

A livello nazionale somministrato l'80% dei farmaci consegnati 

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Ad oggi in Italia è stato somministrato il 54% delle dosi di Astrazeneca (2.218.038 su 4.098.800 consegnate), secondo il database del Ministero della Salute, mentre per Moderna la percentuale scende al 50% (658.403 su 1.328.200 consegnate).

Pfizer ha invece una percentuale di somministrazione del 96%, (8.375.625 di dosi su 8.709.480 consegnate). In totale in italia su 14.136.480 dosi dei tre vaccini arrivate ne sono state somministrate 11.252.066, l'80%.  

Sulla base di questi dati ci sarebbero in frigorifero ancora da utilizzare oltre 2,8 milioni di dosi in tutto il Paese. Erano 1,3 milioni meno di una settimana fa, il 31 marzo, prima che ne arrivassero proprio 2,8 milioni dalle tre aziende a completare le consegne del primo trimestre. Sempre al 31 marzo risultavano somministrate 1.913.706 dosi di Astrazeneca, secondo il Ministero della Salute, su 2.752.400 consegnate, quasi il 70%. In seguito ne sono arrivate altri 1,3 milioni del prodotto anglo-svedese. Fino al 31 marzo erano state somministrate oltre 7,5 milioni di dosi di Pfizer, quasi tutte quelle consegnate. In seguito ne è arrivato un altro milione. 

Nello stesso giorno risultavano somministrate 527.102 dosi di Moderna, oltre il 65%% di quelle consegnate, prima di una nuova consegna di 500 mila dosi. Sulle percentuali di utilizzo pesa però il problema dei dati, con discrepanze notevoli tra quelli regionali e quelli ministeriali, probabilmente per ritardi nelle comunicazioni dei primi o negli aggiornamenti dei secondi.

Al 25 marzo, ad esempio nel Lazio, secondo i dati del Governo erano state consegnate 307 mila dosi di Astrazeneca, secondo la regione invece solo 255 mila. Quando nei giorni successivi il Lazio ha denunciato una carenza di dosi, secondo i numeri del ministero la regione avrebbe dovuto avere in frigo, il 1 aprile, ancora 63 mila dosi di Astrazeneca da somministrare. 

Moderna
Le nuove tecnologie alla base del vaccino anti Covid-19 dell'azienda Moderna sono pronte ad allearsi con la ricerca sui vaccini contro il virus Hiv responsabile dell'Aids, in una collaborazione virtuosa. Un anno fa la tecnologia dell'Rna messaggero utilizzata nei vaccini anti Covid di Moderna e Pfizer-Biontech aveva innescato una corsa senza precedenti e adesso potrebbe far accelerare anche la ricerca sul vaccino contro l'Aids, in corso ormai da decenni. L'ipotesi della collaborazione è scattata dopo la comunicazione dei risultati promettenti della sperimentazione di fase 1 del vaccino anti-hiv nato dalla collaborazione fra l'iniziativa internazionale per il vaccino anti-aids e l'Istituto californiano Scripps. 

Presentati nella conferenza virtuale della società per la prevenzione dell'Aids dall'immunologo William Schief, dell'istituto Scripps, i risultati sono così incoraggianti che la seconda fase della ricerca su questo vaccino anti Aids potrebbe utilizzare, in collaborazione con Moderna, la tecnologia basata sull'Rna messaggero e subire in questo modo una notevole spinta in avanti.

Al momento la sperimentazione di fase 1 del vaccino è riuscita a stimolare il sistema immunitario, generando anticorpi anti hiv nel 97% dei 48 volontari sani. Il vaccino ha dimostrato di essere in grado di attivare le cosiddette cellule del tipo b "naive", ossia cellule immunitarie che non sono mai state esposte a un antigene e che, dopo il primo contatto, conservano la memoria di quell'incontro. 

Un risultato inseguito da anni, al punto da essere considerato una sorta di Sacro Graal della lotta al virus Hiv. L'azione del vaccino viene inoltre potenziata da un adiuvante messo a punto dall'azienda Glaxosmithkline. "Per ottenere la giusta risposta anticorpale dobbiamo prima innescare le cellule B giuste. I dati di questo studio affermano la capacità dell'immunogeno del vaccino di farlo", osserva Schief, che è anche direttore esecutivo del centro per gli anticorpi neutralizzanti della Iavi.

La ricerca, ha aggiunto, è una "prova di principio per un nuovo concetto di vaccino anti hiv e che potrebbe essere applicato anche ad altri patogeni", come quelli responsabili di influenza, dengue. Zika, epatite C e malaria. Anche per Dennis Burton, direttore del Dipartimento di immunologia e microbiologia dello Scripps e direttore scientifico del centro per gli anticorpi neutralizzanti della Iavi, "questo studio clinico ha dimostrato che possiamo guidare le risposte immunitarie in modi prevedibili per creare nuovi e migliori vaccini, e non solo contro l'hiv. Riteniamo che questo tipo di ingegneria dei vaccini possa essere applicato in modo più ampio, aprendo una nuova pagina della ricerca in questo ambito".