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MONDO

Il retroscena

Yemen: perchè si parla di guerra per procura tra Arabia Saudita e Iran

La coalizione a guida saudita sta bombardando da due giorni lo Yemen, in particolare la capitale Sanaa e le regioni a nord, roccaforte delle milizie Houthi. Un conflitto che vede scontrrars sul campo yemenita interessi esterni molto forti, per il controllo del Paese e della regione. 

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A lungo strisciante, ora la contrapposizione tra Arabia Saudita e Iran è esplosa sul terreno di uno Yemen in briciole e decapitato, dopo che il presidente Abd Rabbo Mansour Hadi è fuggito, con ogni probabilità proprio a Riyadh. Dati i forti interessi esterni, l'espressione più usata dagli analisti è quella di proxy war, guerra per procura, tra i due colossi dell'area. Nello Yemen di oggi si vede in filigrana lo scontro per il controllo della regione e, a livello ancora più ampio, quello tra sunniti e sciiti.

Gli interessi dell'Arabia Saudita
L'intervento saudita ha come obiettivo, principale e dichiarato, quello di pacificare lo Yemen e di impedire che finisca smembrato nelle mani dei terroristi e nemmeno in quelle degli Houthi, supportati dall'Iran, sostenendo invece il governo legittimo, quello di Hadi, che si troverebbe infatti proprio a Riyadh. Sul lungo periodo il messaggio che manda all'Iran è una prova muscolare per il controllo della regione. Il timore di uno Yemen frammentato è sempre più forte: non c'è solo la divisione nord-sud, ma anche la presenza destabilizzante di gruppi estremisti, a partire da al Qaeda. Domani inizierà il summit della Lega Araba a Sharm al-Sheikh ma il segretario generale Nabil el-Arabi ha dato la sua benedizione all’operazione “Il compito di tale forza sarà un rapido intervento militare per garantire la sicurezza delle nazioni arabe”.

Gli alleati dei sauditi
La coalizione che sta bombardando lo Yemen include cinque membri del Gulf Cooperation Council - oltre all'Arabia Saudita ci sono Kuwait, Emirati, Qatar e Bahrein - e anche, a detta dei sauditi, Pakistan, Marocco, Giordania, Egitto e Sudan. Il che fa sembrare chiaro che Riyadh sia andata a battere cassa dai Paesi cui ha fornito supporto diplomatico e finanziario. Negli anni, ad esempio, Islamabad ha ricevuto ingenti prestiti dai sauditi ma oggi smentisce - "Non abbiamo preso alcuna decisione riguardo alla partecipazione a questa guerra - ha detto il titolare della Difesa Khawaja Asif - non abbiamo fatto nessuna promessa e non abbiamo promesso sostegno militare alla coalizione guidata dai sauditi in Yemen" - e Khartoum, guidata da Omar Bashir - accusato di genocidio e crimini di guerra - che ha recente, come ricorda il Guardian, allentato le relazioni con l'Iran in favore di Riyadh, nella speranza di una possibile riabilitazione internazionale. L'Arabia Saudita ha incassato anche il sostegno esterno dell'Autorità Nazionale Palestinese. 

Gli interessi dell'Iran
Se è ampiamente riconosciuto che l'Iran abbia fornito armi e addestramento agli Houthi - anche se da Teheran è sempre arrivata una secca smentita - oggi non si riesce a definire quale tipo di controllo eserciti sulle forze sciite ed è altamente probabile che mantengano una forte autonomia sia decisionale sia operativa. Impegnato in Iraq in funzione anti-Isis, l'Iran qui punta a rafforzare il controllo sulla regione in un tetris di alleanze e quindi, se gli Usa appoggiassero l'Arabia Saudita  - come hanno paventato - potrebbero finire per scontrarsi sul campo yemenita. 

Le condanna degli alleati iraniani 
L'azione militare nello Yemen, bollata come "un'aggressione che porterà solo altri e morti e un bagno di sangue" dal ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Sharif, è stata condannata anche dagli sciiti di Hezbollah: "Un'avventura senza lungimiranza o giustificazione legale". E dalla sua Siria dilaniata dalla guerra civile si è alzata anche la voce di Bashar al Assad: la famiglia reale saudita, ha detto, non ha organizzato altro che "una sfacciata aggressione allo Yemen". La Russia di Putin, sostenitrice di Damasco nel Consiglio di Sicurezza Onu ha chiesto invece di cessare al più presto le ostilità e "iniziare al più presto un dialogo su scala nazionale". Respinge la mossa saudita anche l'Iraq, dove le forze filo-iraniane sono impegnate nel contrastare l'avanzata dell'Isis.