Cento anni fa l'assassinio di Rasputin, il demone nero della famiglia imperiale russa
Storia del contadino 'mistico' diventato consigliere privato e molto intimo della famiglia dell’ultimo imperatore russo, lo zar Nicola II
Figlio di un vetturino postale e di una contadina Grigorij Rasputin nacque il 21 gennaio 1869 a Pokrovskoe, un villaggio a 80 km a est di Tjumen' nella Siberia sud-occidentale
L’arrivo alla corte dello Zar
Nel 1905, grazie ai buoni servigi di alcune nobildonne appassionate di misticismo e spiritismo, Rasputin è introdotto alla corte imperiale dei Romanov a San Pietroburgo. Lo zar Nicola II si trova messo all’angolo: dopo la sconfitta militare nella guerra russo-giapponese e i moti rivoluzionari è stato costretto a rinunciare ad alcuni dei suoi poteri da autocrate e concedere delle libertà civili.
Lo zar deve anche affrontare un problema familiare molto serio: l’erede al trono lo zarevich Alexei è malato di emofilia di tipo B con frequenti emorragie contro le quali la medicina tradizionale sembra essere impotente. Il mistico indemoniato invece, a quanto sembra, riusciva a fermare il flusso di sangue grazie alle sue doti ipnotiche. Dopo altre guarigioni ‘miracolose’ attribuitegli, Rasputin diventò ospite gradito nel palazzo imperiale e sgradito alla corte dello zar. Allo scoppio della Grande Guerra Rasputin si dimostrò ostile al coinvolgimento della Russia nel conflitto, dichiarando che avrebbe segnato la fine della dinastia dei Romanov, della monarchia e delle istituzioni.
La morte
Il principe Feliks Jusupov, imparentato con la famiglia imperiale russa, si era guadagnato la fiducia di Grigorij Rasputin (di cui in realtà era un acerrimo nemico) e con un pretesto lo invitò al proprio palazzo a San Pietroburgo. Era la sera tra venerdì 16 e sabato 17 dicembre del 1916 e l’inconsapevole Rasputin stava andando incontro al suo destino, una congiura vera e propria organizzata dal principe. Ad attenderlo trovò il cugino dello zar il granduca Dmitrij Pavlovic, il deputato monarchico della Duma Vladimir Puriškevic e il medico militare Lazovert. In un primo tempo i congiurati tentarono di avvelenarlo con una torta imbottita di cianuro che, pare, non gli fece alcun effetto. A questo punto Feliks Jusupov e il deputato Vladimir Puriškevic lo uccisero a colpi d’arma da fuoco. Il suo cadavere venne gettato nel fiume Neva attraverso un foro nel ghiaccio. Venne ripescato 3 giorni dopo.
La misteriosa vita di Grigorij Rasputin
Nella sua ultima lettera, la cosiddetta “Profezia sulla sorte della terra russa”, Rasputin prevede la sua morte “prima del 1 gennaio prossimo”, affermando che “se sarò ucciso da delinquenti comuni o dai miei confratelli-contadini lo zar russo non avrà da temere per la sorte dei suoi figli che regneranno per molti secoli. Qualora invece dovessi essere assassinato dai nobili, aristocratici che verseranno e si sporcheranno con il mio sangue allora lo Zar e la sua famiglia dovranno abbandonare la Russia. Poi ci sarà l’odio e i russi si uccideranno gli uni con gli altri. Se invece sarà uno dei consanguinei dello Zar ad aver causato la mia morte allora nessuno dei suoi figli gli sopravviverà per più di due anni”.
Insomma il testamento di Rasputin sembrerebbe essersi avverato: fu ucciso da membri della famiglia imperiale dei Romanov e, a distanza di poco più di una anno, la Russia è stata travolta da un feroce Guerra Civile e, a distanza di meno di 2 anni la famiglia imperiale russa, figli compresi, venne trucidata dai rivoluzionari senza processo.
Il patrimonio di Rasputin
Avendo agganci altolocati e accesso libero alla famiglia imperiale Rasputin sfruttò le sue conoscenze per arricchirsi. Secondo alcune testimonianze d’epoca avrebbe accumulato enormi ricchezze per “l’interessamento in favore di numerosi clienti facoltosi che pagavano laute ricompense per ottenere esito favorevole per le loro faccende”. A Rasputin sarebbero stati consegnati soldi e gioielli come ricompensa per i suoi “servigi”. Tuttavia dopo la morte vennero controllate le sue numerose abitazioni e i suoi conti bancari che risultarono… inesistenti.
Il dossier Rasputin
La polizia politica sovietica ereditò dai “colleghi imperiali’ quintali di carte e documenti sul mistico che fino ai tempi recentissimi è rimasto ‘top secret’ e non accessibile ai comuni mortali. Soltanto nel 2015 la biblioteca memoriale intitolata al primo presidente della Russia postcomunista, Boris Eltsin, ha reso pubblici i rapporti degli agenti che pedinavano Rasputin negli anni 1915-16 su ordine del ministro dell’Interno imperiale Vladimir Dzhunkovskij.
L’arrivo alla corte dello Zar
Nel 1905, grazie ai buoni servigi di alcune nobildonne appassionate di misticismo e spiritismo, Rasputin è introdotto alla corte imperiale dei Romanov a San Pietroburgo. Lo zar Nicola II si trova messo all’angolo: dopo la sconfitta militare nella guerra russo-giapponese e i moti rivoluzionari è stato costretto a rinunciare ad alcuni dei suoi poteri da autocrate e concedere delle libertà civili.
Lo zar deve anche affrontare un problema familiare molto serio: l’erede al trono lo zarevich Alexei è malato di emofilia di tipo B con frequenti emorragie contro le quali la medicina tradizionale sembra essere impotente. Il mistico indemoniato invece, a quanto sembra, riusciva a fermare il flusso di sangue grazie alle sue doti ipnotiche. Dopo altre guarigioni ‘miracolose’ attribuitegli, Rasputin diventò ospite gradito nel palazzo imperiale e sgradito alla corte dello zar. Allo scoppio della Grande Guerra Rasputin si dimostrò ostile al coinvolgimento della Russia nel conflitto, dichiarando che avrebbe segnato la fine della dinastia dei Romanov, della monarchia e delle istituzioni.
La morte
Il principe Feliks Jusupov, imparentato con la famiglia imperiale russa, si era guadagnato la fiducia di Grigorij Rasputin (di cui in realtà era un acerrimo nemico) e con un pretesto lo invitò al proprio palazzo a San Pietroburgo. Era la sera tra venerdì 16 e sabato 17 dicembre del 1916 e l’inconsapevole Rasputin stava andando incontro al suo destino, una congiura vera e propria organizzata dal principe. Ad attenderlo trovò il cugino dello zar il granduca Dmitrij Pavlovic, il deputato monarchico della Duma Vladimir Puriškevic e il medico militare Lazovert. In un primo tempo i congiurati tentarono di avvelenarlo con una torta imbottita di cianuro che, pare, non gli fece alcun effetto. A questo punto Feliks Jusupov e il deputato Vladimir Puriškevic lo uccisero a colpi d’arma da fuoco. Il suo cadavere venne gettato nel fiume Neva attraverso un foro nel ghiaccio. Venne ripescato 3 giorni dopo.
La misteriosa vita di Grigorij Rasputin
Nella sua ultima lettera, la cosiddetta “Profezia sulla sorte della terra russa”, Rasputin prevede la sua morte “prima del 1 gennaio prossimo”, affermando che “se sarò ucciso da delinquenti comuni o dai miei confratelli-contadini lo zar russo non avrà da temere per la sorte dei suoi figli che regneranno per molti secoli. Qualora invece dovessi essere assassinato dai nobili, aristocratici che verseranno e si sporcheranno con il mio sangue allora lo Zar e la sua famiglia dovranno abbandonare la Russia. Poi ci sarà l’odio e i russi si uccideranno gli uni con gli altri. Se invece sarà uno dei consanguinei dello Zar ad aver causato la mia morte allora nessuno dei suoi figli gli sopravviverà per più di due anni”.
Insomma il testamento di Rasputin sembrerebbe essersi avverato: fu ucciso da membri della famiglia imperiale dei Romanov e, a distanza di poco più di una anno, la Russia è stata travolta da un feroce Guerra Civile e, a distanza di meno di 2 anni la famiglia imperiale russa, figli compresi, venne trucidata dai rivoluzionari senza processo.
Il patrimonio di Rasputin
Avendo agganci altolocati e accesso libero alla famiglia imperiale Rasputin sfruttò le sue conoscenze per arricchirsi. Secondo alcune testimonianze d’epoca avrebbe accumulato enormi ricchezze per “l’interessamento in favore di numerosi clienti facoltosi che pagavano laute ricompense per ottenere esito favorevole per le loro faccende”. A Rasputin sarebbero stati consegnati soldi e gioielli come ricompensa per i suoi “servigi”. Tuttavia dopo la morte vennero controllate le sue numerose abitazioni e i suoi conti bancari che risultarono… inesistenti.
Il dossier Rasputin
La polizia politica sovietica ereditò dai “colleghi imperiali’ quintali di carte e documenti sul mistico che fino ai tempi recentissimi è rimasto ‘top secret’ e non accessibile ai comuni mortali. Soltanto nel 2015 la biblioteca memoriale intitolata al primo presidente della Russia postcomunista, Boris Eltsin, ha reso pubblici i rapporti degli agenti che pedinavano Rasputin negli anni 1915-16 su ordine del ministro dell’Interno imperiale Vladimir Dzhunkovskij.