100 anni fa il primo volo transatlantico: la storica impresa tra guasti, gelo e gatti portafortuna
John Alcock e Arthur Whitten Brown da Terranova all'Irlanda in meno di sedici ore. E non fu una passeggiata
Nell'aprile 1913 il quotidiano londinese Daily Mail mise in palio un premio di 10.000 sterline per "l'aviatore che per primo attraverserà l'Atlantico in aereo da qualsiasi punto degli Stati Uniti d'America, del Canada o di Terranova in qualsiasi punto della Gran Bretagna o dell'Irlanda in meno di 72 ore con un volo senza scali." Il concorso fu sospeso allo scoppio della Prima Guerra Mondiale e ripreso poi nel 1918 dopo la firma dell'Armistizio.
John Alcock, nato nel 1892 vicino a Manchester e affascinato fin da bambino dai primi aeroplani tanto da ottenere già nel 1912 ad appena 20 anni il brevetto di volo, partecipò come pilota alla guerra e fu fatto prigioniero in Turchia dopo che i motori del suo bombardiere andarono in panne sopra le acque del Golfo di Xeros. Fu proprio durante la prigionia che Alcock maturò l'idea intraprendere la sfida del volo sopra l'Atlantico e una volta tornato in patria a guerra finita si rivolse alla Vickers di Weybridge, un'azienda di ingegneria e di aviazione che stava considerando la possibilità di iscrivere il proprio bombardiere bicilindrico Vickers Vimy IV alla competizione del Daily Mail, ma non aveva ancora trovato un pilota. Alcock fu ingaggiato e il velivolo, alimentato da due motori Rolls-Royce Eagle da 360 cavalli ciascuno, fu riadattato alla bisogna collocando altri serbatoi di carburante in quelli che erano stati gli alloggi delle bombe. Mancava un navigatore esperto e, poco dopo, si fece avanti Arthur Whitten Brown che fu scelto per la sua conoscenza della navigazione sulle lunghe distanze.
L'aereo di Alcock e Brown decollò alle 13:45 del 14 giugno 1919 da Lester's Field a St. John's, Terranova. Il volo fu assai tribolato fin dall'inizio. Sovraccarico di carburante riuscì a malapena a staccarsi dal suolo anche a causa del terreno accidentato e poco ci mancò che non finisse precocemente per schiantarsi sugli alberi a fine pista. Alle 17 dovettero affrontare il primo serio pericolo: un fitto banco di nebbia che impediva a Brown di utilizzare il sestante per la rotta. Alle 17:20 un guasto mise fuori uso il generatore elettrico ad alimentazione eolica a bordo. Addio contatto radio e riscaldamento. Poco dopo, lo scoppio di uno dei tubi di scappamento li lasciò per tutto il resto del viaggio in un rumore assordante che, complice anche il guasto dell'intercom, rese impossibile ogni comunicazione tra di loro. Più volte Alcock perse il controllo dell'aereo fino a sfiorare l'impatto con l'oceano. Poco dopo mezzanotte Brown, guardando le stelle e riuscì ad usare di nuovo il suo sestante e scoprì con sollievo che erano rimasti in rotta. Con le tute termiche elettriche fuori uso e la cabina aperta il gelo era insopportabile e in queste condizioni, alle 3:00 di notte attraversarono una tempesta di neve. Con il ghiaccio che rischiava di formarsi sugli strumenti e sui carburatori la leggenda vuole che Brown si sia arrampicato sulle ali per pulire i motori.
Alle 8 e 40 del 15 giugno 1919, dopo aver percorso 3040 Km in 15 ore e 57 minuti volando ad una altitudine variabile tra il livello del mare e i 3700 metri, l'aereo fece un atterraggio tutt'altro che morbido su quello che dall'alto sembrava un prato ma che si rivelò essere un accidentato terreno paludoso vicino a Clifden nella contea di Galway, in Irlanda. Illesi e celebrati come eroi nazionali Alcock e Brown poterono ringraziare "Lucky Jim" e "Twinkletoes" i gattini di pezza che si erano portati a bordo come mascotte portafortuna.