In trappola negli abissi: 15 anni fa la tragedia del sottomarino Kursk
Il K-141 Kursk era un sottomarino russo a propulsione nucleare della Flotta del Nord appartenente alla classe Oscar II. Il 12 agosto 2000, cinque anni appena dopo il varo, l'unità era impegnata nel mare di Barents in un'esercitazione navale nella quale avrebbe dovuto lanciare dei siluri di nuova fabbricazione contro l'incrociatore di classe Kirov Pietro il Grande. Secondo l'inchiesta ufficiale, alle 11:28 locali
(circa le 09:28 in Italia) qualcosa andò storto: uno dei siluri esplose dando il via a una serie di deflagrazioni a catena che aprirono uno squarcio nella prua.
Il sottomarino si adagiò sul fondo del mare a 108 metri di profondità a circa 135 km dalla base di Severomorsk.
Le vittime del Kursk
A bordo si trovavano 118 marinai (ma la cifra esatta non è mai stata chiarita del tutto). La maggior parte morì sul colpo, in 23 si rifugiarono nella coda del Kursk come si scoprì da una serie di biglietti trovati dopo il recupero del mezzo. In uno si legge: "Qui è troppo buio per scrivere, ma ci proverò a tentoni. A quanto pare non ci sono possibilità di salvarsi. Forse solo dal 10 al 20 per cento. Speriamo che almeno qualcuno leggerà queste parole. Qui ci sono gli elenchi degli effettivi che adesso si trovano nella nona sezione e tenteranno di uscire. Saluto tutti, non dovete disperarvi". Non sopravvisse nessuno. Tutti i tentativi di soccorrerli, tardivi vista la segretezza dell'unità, fallirono. Inizialmente le autorità russe rifiutarono gli aiuti offerti da Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e Norvegia.
Il Cremlino nella bufera
Cinque giorni dopo la tragedia, la Russia si arrese all'evidenza e per la prima volta il premier Kasyanov parlò di catastrofe. Fu accettato l'aiuto di Gran Bretagna e Norvegia, ma per le vite da salvare era ormai troppo tardi. Il Cremlino finì nella bufera. Putin, eletto da sei mesi, rientrò dalla sua dacia a Sochi per seguire le operazioni di soccorso anglo-norvegesi. I familiari dell'equipaggio furono avvertiti delle possibilità pressochè nulle di ritrovare superstiti.
Quando i sub del minisommergibile britannico di soccorso LR5 raggiunsero il Kursk lo trovarono completamente allagato. La prima versione russa sull'incidente parlava di collisione con un altro natante, forse un sottomarino straniero allontanatosi dopo lo scontro. Putin proclamò il lutto nazionale: "Sento su di me tutta la responsabilità e la colpa per la tragedia del Kursk", disse.
Il recupero del Kursk
Più di un anno dopo la tragedia, agganciato alla nave piattaforma Giant-4, il Kursk tornò alla base di Roslyakovo dove iniziò il recupero dei cadaveri, poi otto navi lo trascinarono fino a Snezhnogorsk per smontare siluri e reattore. I resti del sottomarino finirono in una discarica di Murmansk dove fu realizzato con pezzi del relitto un monumento alla memoria dei marinai morti.
La versione definitiva
Solo nel 2002 le autorità russe ammisero che fu l'esplosione di un siluro difettoso a causare l'affondamento del Kursk, ma ad oggi le ragioni del disastro non sono ancora completamente definite e rimane il mistero anche su quanto a lungo le persone al suo interno rimasero vive. Nonchè ovviamente sull'origine della tragedia. E dove c'è mistero ci sono anche teorie alternative come quelle che gettano il sospetto sulla presenza di sommergibili Usa nell'area, come osservatori delle esercitazioni russe. Queste teorie si basano anche sulle immagini del relitto del Kursk che quando venne recuperato avrebbe presentato un foro circolare, rivolto verso l'interno.