25 anni senza Kurt Cobain, voce dei Nirvana e delle inquietudini di una generazione
Il leader dei Nirvana oggi avrebbe 52 anni, la sua musica ha rivoluzionato il rock
"Welcome to Aberdeen. Come as you are". Un cartello stradale all'ingresso della città dà il benvenuto ai visitatori di Aberdeen, meno di 17 mila abitanti, a 60 km da Portland. Qui il 20 febbraio 1967 nacque Kurt Cobain, fondatore, chitarrista e frontman dei Nirvana. Sua è la frase Come as you are, titolo del secondo singolo più venduto dalla band dopo Smells like teen Spirit. L'album era Nevermind, 1991, uno dei più importanti degli anni novanta e della storia del rock in generale. Cobain si è ucciso il cinque aprile del 1994, venticinque anni fa, sparandosi un colpo di fucile alla testa.
Una storia misteriosa a suo modo - il corpo fu trovato tre giorni dopo da un elettricista, arrivato per installare un sistema d'allarme - tanto che la moglie Courtney Love assoldò l'investigatore privato Tom Grant per stabilire se invece si fosse trattato di omicidio. L'ennesima teoria del complotto, forse, sostenuta però solo da indagini compiute troppo in fretta. Finora non è emerso alcun elemento certo che possa davvero convincere oltre ogni ragionevole dubbio che non si tratti di un suicidio.
Resta la leggenda del "club dei 27", quel gruppo di rockstar morte proprio a questa età: Jimi Hendrix, Jim Morrison, Janis Joplin, Amy Winehouse. Una lista lunga, troppo lunga, in cui appare anche Andrew Wood, il carismatico leader dei Mother Love Bone, fondatore del movimento Grunge, compagno di stanza di Chris Cornell e suo amico del cuore, stroncato a 24 anni da una devastante dipendenza dall'eroina. E poi Layne Staley, cantante degli Alice in Chains, Scott Weiland, voce degli Stone Temple Pilots e poi dei Velvet Revolver, Mike Starr, bassista degli Alice in Chains. Una catena di morti chiusa dal suicidio di Chris Cornell del maggio di due anni fa.
La morte del leader dei Nirvana segnò la fine del gruppo e lasciò sgomenta un'intera generazione impegnata da allora a trasmettere il mito di un artista che aveva cambiato le regole della musica. Basta vedere "Cobain - Montage of Heck", il documentario, il primo autorizzato, prodotto dalla figlia, Frances Bean, e diretto nel 2015 da Brett Morgen, per averne l'assoluta certezza. È l'archivio personale di Cobain e della sua famiglia, con materiale inedito video, fumetti, fotografie, interviste. Un fiume in piena di creatività, un groviglio di arte in procinto di esplodere.
E poi ci sono i dischi, i tre album in studio, Bleach, Nevermind, In Utero, usciti in rapida sequenza, che segnarono l'apoteosi del Grunge trasformandolo non solo nel codice musicale degli anni '90 ma in una sorta di empirica filosofia di vita, oltre che uno stile, nella voce di una generazione, la Generazione X che urlava il suo disagio, e che fecero della noiosa Seattle, conosciuta solo per il quartier generale della Boeing e per la tomba di Jimi Hendrix, la capitale del nuovo rock.
Simbolicamente "Nevermind" arrivò al primo posto della classifica Usa scalzando "Dangerous" di Michael Jackson. Un clamoroso successo partito dal basso: la Geffen, la major che aveva messo sotto contratto la band puntava a vendere 250 mila copie, considerandolo un prodotto di nicchia. Nel suo cammino verso il primo posto vendeva 300 mila copie al giorno. Smells Like Teen Spirit è uno dei brani più ascoltati di sempre su Spotify, Come as You are è stato riprodotto più di 30 milioni di volte.
Kurt Cobain era riuscito a intercettare lo spirito del tempo, era un personaggio "contro" e si trovò a essere un mito, imprigionato in un ruolo di star, di immagine da t-shirt, di personaggio da copertina. Se è vero che la rabbia e il dolore post punk dei Nirvana sono diventati la voce di una generazione, quella generazione non ha smesso di gridare e Kurt Cobain è sempre lì nelle vetrine dei negozi, nei titoli di nuove canzoni, nei remix, nelle camicie a quadri e nei jeans sdruciti. Nessuno lo ha dimenticato perché la buona musica non muore mai.
Chissà che cosa avrebbe fatto e scritto oggi che avrebbe 52 anni. Viene da pensare che riempirebbe ancora gli stadi e i palazzetti come Dave Grohl che è stato il batterista dei Nirvana. Con i Foo Fighters è una delle realtà più in vista e più positive del rock attuale. Perché in fondo quello che deve fare una rockstar è, come diceva Cobain, "fare dono della musica".
Una storia misteriosa a suo modo - il corpo fu trovato tre giorni dopo da un elettricista, arrivato per installare un sistema d'allarme - tanto che la moglie Courtney Love assoldò l'investigatore privato Tom Grant per stabilire se invece si fosse trattato di omicidio. L'ennesima teoria del complotto, forse, sostenuta però solo da indagini compiute troppo in fretta. Finora non è emerso alcun elemento certo che possa davvero convincere oltre ogni ragionevole dubbio che non si tratti di un suicidio.
Resta la leggenda del "club dei 27", quel gruppo di rockstar morte proprio a questa età: Jimi Hendrix, Jim Morrison, Janis Joplin, Amy Winehouse. Una lista lunga, troppo lunga, in cui appare anche Andrew Wood, il carismatico leader dei Mother Love Bone, fondatore del movimento Grunge, compagno di stanza di Chris Cornell e suo amico del cuore, stroncato a 24 anni da una devastante dipendenza dall'eroina. E poi Layne Staley, cantante degli Alice in Chains, Scott Weiland, voce degli Stone Temple Pilots e poi dei Velvet Revolver, Mike Starr, bassista degli Alice in Chains. Una catena di morti chiusa dal suicidio di Chris Cornell del maggio di due anni fa.
La morte del leader dei Nirvana segnò la fine del gruppo e lasciò sgomenta un'intera generazione impegnata da allora a trasmettere il mito di un artista che aveva cambiato le regole della musica. Basta vedere "Cobain - Montage of Heck", il documentario, il primo autorizzato, prodotto dalla figlia, Frances Bean, e diretto nel 2015 da Brett Morgen, per averne l'assoluta certezza. È l'archivio personale di Cobain e della sua famiglia, con materiale inedito video, fumetti, fotografie, interviste. Un fiume in piena di creatività, un groviglio di arte in procinto di esplodere.
E poi ci sono i dischi, i tre album in studio, Bleach, Nevermind, In Utero, usciti in rapida sequenza, che segnarono l'apoteosi del Grunge trasformandolo non solo nel codice musicale degli anni '90 ma in una sorta di empirica filosofia di vita, oltre che uno stile, nella voce di una generazione, la Generazione X che urlava il suo disagio, e che fecero della noiosa Seattle, conosciuta solo per il quartier generale della Boeing e per la tomba di Jimi Hendrix, la capitale del nuovo rock.
Simbolicamente "Nevermind" arrivò al primo posto della classifica Usa scalzando "Dangerous" di Michael Jackson. Un clamoroso successo partito dal basso: la Geffen, la major che aveva messo sotto contratto la band puntava a vendere 250 mila copie, considerandolo un prodotto di nicchia. Nel suo cammino verso il primo posto vendeva 300 mila copie al giorno. Smells Like Teen Spirit è uno dei brani più ascoltati di sempre su Spotify, Come as You are è stato riprodotto più di 30 milioni di volte.
Kurt Cobain era riuscito a intercettare lo spirito del tempo, era un personaggio "contro" e si trovò a essere un mito, imprigionato in un ruolo di star, di immagine da t-shirt, di personaggio da copertina. Se è vero che la rabbia e il dolore post punk dei Nirvana sono diventati la voce di una generazione, quella generazione non ha smesso di gridare e Kurt Cobain è sempre lì nelle vetrine dei negozi, nei titoli di nuove canzoni, nei remix, nelle camicie a quadri e nei jeans sdruciti. Nessuno lo ha dimenticato perché la buona musica non muore mai.
Chissà che cosa avrebbe fatto e scritto oggi che avrebbe 52 anni. Viene da pensare che riempirebbe ancora gli stadi e i palazzetti come Dave Grohl che è stato il batterista dei Nirvana. Con i Foo Fighters è una delle realtà più in vista e più positive del rock attuale. Perché in fondo quello che deve fare una rockstar è, come diceva Cobain, "fare dono della musica".