80 anni fa il disastro del dirigibile Hindenburg
I 40 secondi che segnarono la fine di un'epoca
Dopo una traversata oceanica relativamente tranquilla, il forte vento e i temporali nell'area di New York avevano ritardato l'arrivo dell'Hindenburg nel New Jersey, costringendo a posporre l'atterraggio fino alla fatidica sera del 6 maggio 1937. Il dirigibile all'idrogeno, il più grande mai costruito, era partito da Francoforte tre giorni prima per una serie di viaggi di andata e ritorno da e verso l'America. L'anno precedente lo Zeppelin LZ 129, fiore all'occhiello della flotta di aeronavi rigide del Terzo Reich, aveva attraversato l'Atlantico per ben 34 volte in quello che all'epoca era l'unico trasporto aereo passeggeri possibile da una parte all'altra dell'Oceano.
Quella mattina nella stazione aeronavale di Lakehurst, il personale della American Airlines attendeva i 36 passeggeri dell'Hindenburg per trasferirli a Newark dove si sarebbero imbarcati sulle coincidenze per le rispettive destinazioni continentali. Ma il maltempo aveva indotto il Capitano Pruss a un memorabile fuori programma: nell'attesa che il meteo migliorasse e consentisse l'attracco, il gigantesco dirigibile, lungo quasi quanto il Titanic, sorvolò Manhattan, per lo stupore dei newyorkesi.
Il temporale sul New Jersey si fermò alle 18:22 e alle 19 l'Hindenburg iniziò la fase di atterraggio a Lakehurst. Quello che accadde poi è diventato storia nelle immagini delle cineprese presenti e nella drammatica radiocronaca in diretta di Herb Morrison per la WLS Radio, montate insieme in questo filmato:
In meno di 40 secondi dell'Hindenburg rimase solo uno scheletro fumante sul terreno e, miracolosamente, delle 97 persone a bordo solo 35 morirono (13 dei 36 passeggeri e 22 membri dell'equipaggio). Tra le vittime anche un addetto della stazione a terra.
La risonanza mondiale del disastro decretò immediatamente la fine dell'era del trasporto aeronavale sui dirigibili, mentre il Dipartimento del Commercio Usa al termine di un'inchiesta stabilì l'ovvio e cioè che le fiamme erano scaturite dal contatto dell'idrogeno libero con l'aria. Ma su quali siano state le vere cause dell'incidente non è mai stata fatta piena luce. Smontata rapidamente la tesi del sabotaggio rimasero sul tavolo alcune ipotesi la più accreditata delle quali è che sia stata una combinazione tra l'elettricità statica accumulata dall'aeromobile durante il volo e il particolare rivestimento utilizzato per impermeabilizzare la tela di cotone, un composto di ossido di ferro e acetato butirrato di cellulosa, miscelati con polvere d'alluminio. Secondo un'altra teoria a originare l'innesco dell'esplosione furono le due ultime virate durante l'ultima fase di discesa. Queste manovre avrebbero sganciato un cavo che ondeggiando avrebbero prodotto le scintille fatali e bucato le celle contenenti l'idrogeno.