Accadde oggi - 10 luglio 1976, quarant'anni fa il disastro di Seveso
Quarant'anni fa, il 10 luglio 1976, nell'azienda ICMESA di Meda, un'avaria causa la fuoriuscita e la dispersione di una nube della diossina TCDD, una sostanza chimica fra le più tossiche. Il veleno investe una vasta area di terreni dei comuni limitrofi della bassa Brianza, particolarmente quello di Seveso.
Il 10 luglio 1976 alle 12.37 del 10 luglio, nel reparto B dello stabilimento Icmesa di Meda, che distilla il triclorofenolo, un reattore si surriscalda, la temperatura va ben oltre il limite dei 175 gradi centigradi, la valvola di sicurezza entra in funzione e impedisce l'esplosione della fabbrica, ma rilascia all'esterno una nuvola bianca. È una nube altamente tossica: contiene due chilogrammi di diossina, la Tcdd, una sostanza chimica tra le più pericolose. Il veleno investe i paesi vicini. Seveso, soprattutto ma anche Meda, Cesano Maderno e Desio.
Le prime avvisaglie sono l'odore acre che invade l'aria, poi alcune pecore morte, infine i primi malesseri per la popolazione: infiammazione agli occhi e dermatite. La notizia però appare sui giornali solo dopo sette giorni.
L'azienda ammette il guasto in grave ritardo. "Era sabato quando avvenne l'incidente perciò non ero lì", racconta Amedeo Argiuolo, 76 anni, ex coordinatore del consiglio di fabbrica di 40 anni fa, "il lunedì, lavorammo tranquillizzati dalla società fino al venerdì successivo, quando decidemmo di bloccare la fabbrica perché volevamo risposte". "Ci fu detto che era tutto a posto, che non era successo niente. Per qualche giorno ci fidammo, poi iniziarono ad uscire i primi articoli di giornale e capimmo che la situazione non era affatto serena", dice.
Quando scatta finalmente l'allarme, nessuno sa bene cosa fare perché l'incidente non ha precedenti. Non c'è modo di misurare l'impatto della diossina sulle persone per cui vengono fatti dei prelievi dal terreno. È il 19 luglio quando finalmente l'azienda ammette che dallo stabilimento è fuoriuscita 'diossina'. Si saprà poi che gli abitanti di Seveso sono stati accidentalmente esposti a dosi di veleno da 10 a mille volte maggiori di quelle usuali.
Circa 240 persone, tra cui molti bambini, vengono colpiti da cloracne, una dermatosi provocata dall'esposizione al cloro e ai suoi derivati, che crea lesioni e cisti sebacee. Le piante muoiono a causa dell'effetto diserbante della diossina e gli animali da cortile devono essere abbattutti. Il territorio di Seveso a ridosso dell'Icmesa viene diviso in tre zone a decrescente livello di contaminazione sulla base delle concentrazioni di TCDD nel suolo: zona A, B, e R. Molte delle abitazioni della zona A, la più colpita, vengono demolite. Gli sfollati, circa 676, vengono alloggiati in due hotel vicino Milano, molti si allontanano spontaneamente per paura. Negli anni successivi, nella zona A, il terreno viene sostituito con terra prelevata da zone non inquinate; nel 1981 gli impianti Icmesa vengono abbattuti e tre anni dopo nella zona nasce un parco urbano.
Uno "choc" ambientale
L'incidente di Seveso è stato il primo choc ambientale in Italia. Secondo una classifica del 2010 della rivista Time l'incidente è all'ottavo posto tra i peggiori disastri ambientali della storia, mentre il sito americano CBS lo ha inserito tra le 12 peggiori catastrofi ambientali di sempre. Ci fu uno strascico giudiziario durato anni sulle richieste di danni e risarcimenti miliardari. Dopo l'incidente sono state approvate nuove e più efficaci norme europee (la più nota è proprio la direttiva 82/501/CEE nota anche come 'direttiva Seveso') che probabilmente hanno impedito altre tragedie e hanno aumentato la sicurezza ambientale. E gli studi dei medici sulla popolazione, iniziati 15 giorni dopo l'incidente, sono continuati per decenni e continuano tutt'oggi. I risultati più recenti evidenziano una correlazione tra diossina e tumori, che era stata già confermata nel 2013 in particolare per linfomi e leucemie ('osservati speciali' i tumori al colon retto e alla mammella), tra i contaminati inoltre è più alta rispetto ad altre zone l'incidenza di diabete e malattie cardiache ed il rischio di morte precoce per queste malattie, oltre a effetti nocivi sulla fertilità.
Seveso oggi
A quarant'anni di distanza a Seveso, il comune più colpito dalla nube tossica di diossina rilasciata dall'impianto industriale, sorge un bosco. La città e i suoi residenti hanno lottato per anni per ottenere giustizia e verità, per trasformare la tragedia in qualcosa di positivo. Il sindaco di Seveso, Paolo Butti, nel 1976 aveva undici anni. Quel sabato maledetto era al mare, in campeggio con la sua famiglia "seppi di quanto accaduto da una telefonata a mio padre, ma non avemmo immediata contezza della gravità della situazione - racconta - mi ricordo un vicino di tenda, era svizzero. Ci fu molto vicino, si sentiva responsabile perché la proprietà dell'azienda era svizzera, mentre quando la notizia si diffuse intorno a me si fece il vuoto, quando seppero che ero di Seveso". Rientrato a casa per le vacanze Butti iniziò a frequentare la prima media nella sua città. "Iniziammo le lezioni, ricordo tanti dei miei compagni di scuola arrivare in bus da Milano - prosegue il sindaco - erano sfollati. Dopo solo dieci giorni però, le nostre famiglie decisero che restare lì non era sicuro, così ci fecero andare a scuola nei comuni vicini". Oggi però, da primo cittadino Butti ha accompagnato la sua città verso un difficile anniversario. "Si è costituita una città resiliente" dice, "improntata alla tutela
dell'ambiente". Sull'area più contaminata sorge il "Bosco delle Querce", dove la memoria è diventata rinascita. Qui si organizzano eventi per il benessere della persona, yoga, meditazione al thai chi. Per il 40 anniversario sono in programma numerose iniziative: "tre giorni di 'contaminazione', dall'8 al 10 luglio, chiamati provocatoriamente così per ricordare ma anche per far capire che la contaminazione a cui puntiamo oggi è positiva".
Il disastro di Seveso, Rai Storia (da YouTube)
Le prime avvisaglie sono l'odore acre che invade l'aria, poi alcune pecore morte, infine i primi malesseri per la popolazione: infiammazione agli occhi e dermatite. La notizia però appare sui giornali solo dopo sette giorni.
L'azienda ammette il guasto in grave ritardo. "Era sabato quando avvenne l'incidente perciò non ero lì", racconta Amedeo Argiuolo, 76 anni, ex coordinatore del consiglio di fabbrica di 40 anni fa, "il lunedì, lavorammo tranquillizzati dalla società fino al venerdì successivo, quando decidemmo di bloccare la fabbrica perché volevamo risposte". "Ci fu detto che era tutto a posto, che non era successo niente. Per qualche giorno ci fidammo, poi iniziarono ad uscire i primi articoli di giornale e capimmo che la situazione non era affatto serena", dice.
Quando scatta finalmente l'allarme, nessuno sa bene cosa fare perché l'incidente non ha precedenti. Non c'è modo di misurare l'impatto della diossina sulle persone per cui vengono fatti dei prelievi dal terreno. È il 19 luglio quando finalmente l'azienda ammette che dallo stabilimento è fuoriuscita 'diossina'. Si saprà poi che gli abitanti di Seveso sono stati accidentalmente esposti a dosi di veleno da 10 a mille volte maggiori di quelle usuali.
Circa 240 persone, tra cui molti bambini, vengono colpiti da cloracne, una dermatosi provocata dall'esposizione al cloro e ai suoi derivati, che crea lesioni e cisti sebacee. Le piante muoiono a causa dell'effetto diserbante della diossina e gli animali da cortile devono essere abbattutti. Il territorio di Seveso a ridosso dell'Icmesa viene diviso in tre zone a decrescente livello di contaminazione sulla base delle concentrazioni di TCDD nel suolo: zona A, B, e R. Molte delle abitazioni della zona A, la più colpita, vengono demolite. Gli sfollati, circa 676, vengono alloggiati in due hotel vicino Milano, molti si allontanano spontaneamente per paura. Negli anni successivi, nella zona A, il terreno viene sostituito con terra prelevata da zone non inquinate; nel 1981 gli impianti Icmesa vengono abbattuti e tre anni dopo nella zona nasce un parco urbano.
Uno "choc" ambientale
L'incidente di Seveso è stato il primo choc ambientale in Italia. Secondo una classifica del 2010 della rivista Time l'incidente è all'ottavo posto tra i peggiori disastri ambientali della storia, mentre il sito americano CBS lo ha inserito tra le 12 peggiori catastrofi ambientali di sempre. Ci fu uno strascico giudiziario durato anni sulle richieste di danni e risarcimenti miliardari. Dopo l'incidente sono state approvate nuove e più efficaci norme europee (la più nota è proprio la direttiva 82/501/CEE nota anche come 'direttiva Seveso') che probabilmente hanno impedito altre tragedie e hanno aumentato la sicurezza ambientale. E gli studi dei medici sulla popolazione, iniziati 15 giorni dopo l'incidente, sono continuati per decenni e continuano tutt'oggi. I risultati più recenti evidenziano una correlazione tra diossina e tumori, che era stata già confermata nel 2013 in particolare per linfomi e leucemie ('osservati speciali' i tumori al colon retto e alla mammella), tra i contaminati inoltre è più alta rispetto ad altre zone l'incidenza di diabete e malattie cardiache ed il rischio di morte precoce per queste malattie, oltre a effetti nocivi sulla fertilità.
Seveso oggi
A quarant'anni di distanza a Seveso, il comune più colpito dalla nube tossica di diossina rilasciata dall'impianto industriale, sorge un bosco. La città e i suoi residenti hanno lottato per anni per ottenere giustizia e verità, per trasformare la tragedia in qualcosa di positivo. Il sindaco di Seveso, Paolo Butti, nel 1976 aveva undici anni. Quel sabato maledetto era al mare, in campeggio con la sua famiglia "seppi di quanto accaduto da una telefonata a mio padre, ma non avemmo immediata contezza della gravità della situazione - racconta - mi ricordo un vicino di tenda, era svizzero. Ci fu molto vicino, si sentiva responsabile perché la proprietà dell'azienda era svizzera, mentre quando la notizia si diffuse intorno a me si fece il vuoto, quando seppero che ero di Seveso". Rientrato a casa per le vacanze Butti iniziò a frequentare la prima media nella sua città. "Iniziammo le lezioni, ricordo tanti dei miei compagni di scuola arrivare in bus da Milano - prosegue il sindaco - erano sfollati. Dopo solo dieci giorni però, le nostre famiglie decisero che restare lì non era sicuro, così ci fecero andare a scuola nei comuni vicini". Oggi però, da primo cittadino Butti ha accompagnato la sua città verso un difficile anniversario. "Si è costituita una città resiliente" dice, "improntata alla tutela
dell'ambiente". Sull'area più contaminata sorge il "Bosco delle Querce", dove la memoria è diventata rinascita. Qui si organizzano eventi per il benessere della persona, yoga, meditazione al thai chi. Per il 40 anniversario sono in programma numerose iniziative: "tre giorni di 'contaminazione', dall'8 al 10 luglio, chiamati provocatoriamente così per ricordare ma anche per far capire che la contaminazione a cui puntiamo oggi è positiva".
Il disastro di Seveso, Rai Storia (da YouTube)