Afghanistan. Zahra Ahmadi è in salvo. L'arrivo del ponte aereo della Difesa a Fiumicino
In fuga dai talebani. Arrivati a Fiumicino i 203 afghani partiti ieri da Kabul a bordo di due C130 dell'Aeronautica Militare, per poi essere imbarcati tutti insieme su un Boeing KC767 decollato dal Kuwait. Insieme a loro anche Zahra Ahmadi
Tra i 203 afghani che hanno potuto lasciare il Paese con il ponte dell'Aeronautica Militare italiana atterrato all'aeroporto di Fiumicino c'è Zahra Ahmadi, l'imprenditrice 32enne e attivista per i diritti delle donne rimasta bloccata a Kabul. Sabato scorso, lei che aveva partecipato a una manifestazione contro l'avanzata dei talebani, si era nascosta in un appartamento con alcune amiche. Domenica poi la corsa verso l'aeroporto di Kabul. Zahra è giunta a Roma grazie all'appello del fratello Hamed, ristoratore che vive da anni a Venezia e non vede la sorella dal 2014 e che nei giorni scorsi ha suscitato emozione nell'opinione pubblica e fatto partire la macchina politico-diplomatica. Alla fine, anche grazie al grande lavoro di coordinamento in loco del console italiano Tommaso Claudi, si è trovata una soluzione.
La storia di Zahra è analoga a quella di molte connazionali coraggiosamente impegnate da tempo nella difesa dei diritti femminili in Afghanistan, già oggetto di minacce di morte da parte dei talebani. Sabato scorso, l'attivista ha partecipato a una manifestazione contro l'avanzata dei talebani in direzione di Kabul, ma poi, dopo l'ingresso degli estremisti nella capitale, si è dovuta nascondere in un appartamento con alcune amiche. Domenica ha deciso di tentare la fuga, di lasciare il Paese, la casa, i suoi due ristoranti, i suoi affetti e le sue battaglie in difesa dei diritti di ragazze e donne. Come altre migliaia di civili afghani, la donna ha tentato di raggiungere l'aeroporto di Kabul, ma la parte civile, da dove decollavano i soli voli commerciali, mentre quella militare era. e resta circondata da americani, che impediscono a chiunque l'accesso.
Per un momento Zahra, una donna dal carattere molto forte e deciso, è riuscita ad infiltrarsi, ma poco dopo è stata respinta nell'ala civile, dove sono entrati i talebani che hanno cacciato tutti i presenti. La giovane è fuggita e ha trovato riparo grazie all'aiuto di conoscenti. Durante quelle giornate concitate e di grande pericolo è stata in contatto telefonico costante col fratello Hamed, ristoratore che da anni vive a Venezia. Nella sua ultima chiamata, lunedì 16 alle ore 17, diceva piangendo di essere disperata, di non sapere dove andare né cosa fare, costretta a nascondersi e a chiudere il telefono, diventando irraggiungibile. In Italia l'accorato appello lanciato da Hamed per salvare la sorella - che non vede dal 2014 - dai talebani ha suscitato grande emozione nell'opinione pubblica, facendo rapidamente muovere la macchina politico-diplomatica in cerca di una soluzione.
Alla fine le autorità italiane hanno inserito la giovane nella lista delle persone in partenza verso l'Italia con un corridoio umanitario. Dopo il via libera, ieri ha varcato il check point statunitense all'ingresso della zona militare per salire a bordo di uno dei tre C130 dell'Aeronautica Militare diretto a Fiumicino per evacuato in Italia altre 202 persone. Tra loro c'è anche Atefa Ghaafory, avvocatessa, giornalista e attivista, che ha una sorella a Bruxelles. Per le loro battaglie, sia lei che Zahra rischiavano la vita dopo la presa del potere dei talebani. "Lascio con rabbia questo Paese, ma grazie alla possibilità di venire in Italia ho ancora la speranza che non sia tutto finito, di poter aprire altre porte" ha detto ieri prima di lasciare la sua terra.
Il fratello Hamed: 'Grazie Italia ma abbiamo il dovere di aiutare anche altri'
"Da una parte sono felice, dall'altro sono triste perché Zahra è una sola e, così come lei, ci sono 16 milioni di donne. Se poi aggiungiamo anche i bambini, il numero raddoppia". Così Hamed, il fratello dell'attivista afghana Zahra Ahmadi giunto all'aeroporto di Fiumicino per abbracciare "seppur virtualmente", ha detto, la sorella in arrivo al Leonardo da Vinci con il ponte aereo organizzato dalla Difesa.
"C'è una totale disperazione in Afghanistan. Oltre a donne e bambini ci sono tanti altri uomini che soffrono. Questo giorno, che coincide con l'arrivo di mia sorella, dovrebbe essere un giorno speciale per me ma non è così: una parte di me sta ballando, l'altra è in lutto". Così dice il fratello di Zahara Ahmadi non riuscendo a trattenere le lacrime.
"C'è una totale disperazione in Afghanistan. Oltre a donne e bambini ci sono tanti altri uomini che soffrono. Questo giorno, che coincide con l'arrivo di mia sorella, dovrebbe essere un giorno speciale per me ma non è così: una parte di me sta ballando, l'altra è in lutto". La voce a tratti rotta dall'emozione, gli occhiali da sole che cercano di coprire gli occhi lucidi, Hamed, fratello di Zahra Ahmadi, attorniato dalle troupe televisive presenti all'aeroporto di Fiumicino per l'arrivo del volo dell'Aeronautica Militare con a bordo 202 evacuati dall'Afghanistan, tra cui collaboratori e loro familiari ma anche i componenti della Fondazione Veronesi. "Sono molto felice - aggiunge l'uomo - di quello che ha fatto il Governo italiano per me. Ringrazio il ministro Guerini e tutto lo staff italiano lì a Kabul dove la situazione è grave. È stato fatto tutto il possibile - ha aggiunto - ma non c'è solo Zahra. Abbiamo il dovere di aiutare anche gli altri".
La partenza di Zahra ieri da Kabul
"Mi sento molto felice, sto salendo sull'aereo che alle 11.30 di domani mi porterà a Fiumicino. Sono persino riuscita a dormire oggi dopo quattro giorni". Lo aveva detto ieri alla partenza Zahra. A riferire le sue testuali parole era stato il fratello, che abita a Venezia. "Vedo quello che sta accadendo e non posso che essere triste per quello che mi lascio alle spalle e per tutte le donne che restano lì. Le speranze che avevo per il futuro del mio Paese sono andate in fumo". "Appena arrivata - aveva concluso - inizierò una nuova missione: dare voce a chi è rimasto".
Per tutti, così come già accaduto in occasione degli altri voli giunti tra lunedì e mercoledì al Leonardo da Vinci da Kabul nell'ambito del ponte aereo organizzato dalla Difesa, verrà attivata la profilassi sanitaria anti Covid che si svolgerà all'interno del Terminal 5 decentrato rispetto alle altre aerostazioni. Dopo di che, gli afghani lasceranno lo scalo romano a bordo di pullman dell'Esercito, peraltro già parcheggiati sul piazzale antistante l'ingresso del Terminal, per essere trasferiti in apposite strutture individuate a loro dedicate.
Il console italiano a Kabul: "Obiettivo primario la protezione dei civili"
"Abbiamo purtroppo dovuto assistere a scene drammatiche" ma "siamo riusciti in condizioni di assoluta emergenza a riportare a casa i nostri connazionali e alcuni dei nostri collaboratori afghani". A raccontare le ore più difficili all'aeroporto di Kabul era stato ieri Tommaso Claudi, console italiano, rimasto nella capitale afghana per mantenere un collegamento operativo con la Farnesina e gestire tutte le operazioni di rientro in loco. "Stiamo assistendo ad una grande tragedia umanitaria e tutti stiamo dando il massimo mettendoci tutto il cuore e la professionalità di cui siamo capaci".
Le immagini che arrivano da Kabul raccontano il dramma dell'aeroporto. Nello scalo, grazie a carabinieri e paracadutisti della folgore in cogestione con gli americani sul fronte delle garanzie di sicurezza, "Siamo riusciti a far entrare la fondazione veronesi al completo, Zahra Ahmadi con i familiari, una parte del personale interinale dell'ambasciata e un consistente numero di ex collaboratori della difesa in afghanistan". In linea con le priorità delineate dal ministro Di Maio, l'attenzione ora è rivolta alla protezione dei civili, "in particolare degli afghani che hanno collaborato a vario titolo con la comunità internazionale e delle personalità che si sono esposte a favore dei diritti umani e civili". Le operazioni di evacuazione proseguiranno. C'è poi "l'impegno al rispetto dei diritti individuali e delle libertà civili, per preservare le conquiste di questi due decenni, in particolare, i diritti delle donne". Sul fronte dell'impatto migratorio, secondo il diplomatico "sarà necessario che l'Ue metta a punto una risposta comune per gestire l'aumento della domanda di accoglienza di rifugiati e di migranti dall'Afghanistan".
La socia di del fratello: I talebani non cambiano mai
Cinque porte sprangate per difendersi contro i talebani che controllano ogni zona di Kabul alla ricerca di chi meriti di vivere e chi no. Convivere con la paura costante che possano entrare da un momento all'altro, nella speranza che poi si venga lasciati liberi. Nonostante le prospettive non siano delle più rosee, perché "loro (i talebani) non cambiano mai, vogliono far apparire un messaggio diverso, di finta bontà.
Ma io ho vissuto lì, so che non sono come appaiono": lo afferma Maria Khurasani, la socia afghana di Hamed Ahmadi, il fratello di Zhara. La donna, che cinque anni fa è andata via dal suo Paese per trovare una nuova vita nella città lagunare, convive quotidianamente con i timori che qualcuno possa fare del male ai suoi cari, arrivando a spegnerne le vite o, nel caso delle giovani nipoti, deportarle per "farne schiave". La veneziana d'adozione è in perenne contatto con la famiglia a Kabul, i timori sono quelli di chi è distante dai cari e non sa a chi appigliarsi per domandare aiuto. Le uniche speranze sono riposte nelle lettere inviate al ministero e ad alcune associazioni che si occupano di corridoi umanitari. Lettere morte, ad oggi. E così i suoi familiari sono in balìa di sé stessi, a sperare nella clemenza di un nemico visibile e poco distante, che verifica chi esca dai condomini e per quale motivo, schedando e riportando indietro la memoria nel tempo.