Gay e compagna originaria dello Sri Lanka. Chi è Alice Weidel, la leader dell'estrema destra tedesca
L'outing della co-leader dell'AfD mescola xenofobia e diritti dei gay: la più grande minaccia per gli omosessuali viene dai migranti musulmani. Teoria del gender? Questioni private che non devono essere insegnate a scuola
Il partito di estrema destra Alternative für Deutschland (AfD) nell'opulenta Germania catalizza il malcontento degli esclusi e di chi si sente minacciato da stranieri e migranti cavalcando sentimenti xenofobi. L'AfD, che da debole partito euroscettico e' diventata la terza forza del Paese con una deriva xenofoba che si e' rafforzata con la crisi dei migranti scoppiata nel 2015 e le politiche di accoglienza del governo della Merkel, promette ora di "cambiare il Paese". "Un'opposizione ragionevole ma per la Germania ed i tedeschi prima di tutto e stando attenti a cosa fara' Angela Merkel", ha commentato la leader Alice Weidel, con al fianco il collega Alexander Gauland.
La strana coppia
A guidare l'AfD alle elezioni una strana coppia composta dall'ex CDU Alexander Gauland, un 76enne le cui posizioni marcatamente euroscettiche non fecero breccia nel partito di Merkel e Alice Weidel. E' su questa giovane leader e la sua storia eccentrica rispetto agli stereotipi della destra che sono puntati i riflettori dei media in questi giorni. Trentotto anni, una laurea in economia all'Università di Bayreuth, la Weidel ha lavorato per colossi finanziari come Goldman Sachs, Allianz e Bank of China. Da tempo vive con Sarah Bossard, una produttrice cinematografica originaria dello Sri Lanka, hanno una seconda residenza in Svizzera a Biel dove allevano due figli adottivi.
L'outing di Alice
Per la prima volta, la settimana scorsa in un evento della campagna elettorale in Baviera la candidata dell'AfD ha sollevato la questione della sua omosessualità davanti a iscritti e simpatizzanti: "Non sono qui, nonostante la mia omosessualità, ma anche per la mia omosessualità" ha detto Weidel, ribadendo un concetto già espresso in un'intervista pubblicata mercoledì sul blog "Philosophia Perennis", l'AfD è "l'unica protezione reale per i gay e le lesbiche in Germania". Secondo la sua visione la più grande minaccia per gli omosessuali tedeschi deriva in questo momento dai migranti musulmani ostili per motivi religiosi alle rerlazioni gay.
Un outing reso necessario, per mettere a tacere i pettegolezzi e le continue domande dei giornalisti durante le conferenze stampa sulla sua vita privata e sulla compatibilità della sua preferenza sessuale con la militanza in un partito di estrema destra che nel suo programma elettorale si lamenta del declino delle famiglie tradizionali e critica l'insegnamento scolastico in cui troppa enfasi verrebbe data alla omosessualità, alla transessualità e in generale alla diversità sessuale. A questa apparente contraddizione Weidel risponde che: "A scuola i bambini devono studiare tedesco, matematica e scienze. La questione del genere e il vocabolario LGBT non sono adatti alle mura scolastiche ma a quelle di casa."
Nell'Aprile scorso la Weidel era rimasta coinvolta anche in una polemica sul "politicamente corretto" da lei definito "il cumulo di immondizia della Storia". Un conduttore radiofonico ne aveva approfittato per scagliarsi contro di lei durante il suo programma in modo sarcastico: "Ma sì, finiamola con il politicamente corretto, viva il politicamente scorretto, quella 'sgualdrina Nazi' deve avere ragione." La Weider lo aveva denunciato cercando inutilmente di vietare la replica del programma.
Alternativa per la Germania è stata fondata nel 2013 da euroscettici fuoriusciti dalle file di conservatori e liberali. Nelle elezioni di quattro anni fa però il discorso anti-europeista non riuscì a sfondare e l'AfD restò fuori dal Parlamento essendosi attestato poco al di sotto del 5%. Con lo scoppio della crisi migratoria del 2015 e l'irruzione sulla scena del movimento islamofobo Pegida, l'AfD ha virato decisamente verso l'aperta xenofobia lasciando in secondo piano l'euroscetticismo. La formazione si nutre del voto di protesta in un Paese che, dal 2015, ha accolto circa 1,3 milioni di rifugiati.